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Bollettino ADAPT 8 gennaio 2019, n. 1
Nei diversi Paesi europei al termine “apprenticeship” corrispondono percorsi anche molto diversi tra di loro. Lo studio CEDEFOP “Apprenticeship schemes around Europe. A cross-nation overwiev”[1] mostra come a livello europeo non sussista una definizione univoca di “apprendistato”: si assiste infatti ad una spiccata frammentazione linguistica e concettuale. Proponendo una definizione in grado di “tenere assieme” le diverse dimensioni che compongono l’apprendistato, il CEDEFOP lo descrive in questi termini: “Systematic, long-term training alternating periods at the workplace and in an educational institution or training centre, which leads to a qualification. An apprentice is contractually linked to the employer and receives remuneration (wage). An employer assumes responsibility for the company-based part of the programme.”[2]. Già a partire da questa definizione, in Italia l’apprendistato di secondo livello, o professionalizzante, potrebbe non essere riconosciuto come un “vero” apprendistato, essendo la componente di formazione esterna molto debole e slegata da percorsi formativi appartenenti al sistema d’istruzione italiano.
Considerando solo i Paesi in cui è presente una chiara definizione dell’apprendistato, secondo lo studio in Europa sono presenti (dati del 2016) 30 diversi programmi che ricadono sotto questo termine, ognuno diverso dall’altro. La maggior parte di questi percorsi sono inseriti nel contesto della VET (Vocational education and training), la formazione professionale: diciotto su trenta appartengono a questa tipologia, intendendo l’apprendistato, piuttosto che come un percorso a sé stante, come una metodologia pedagogica e formativa con cui svolgere un percorso d’apprendimento. In Italia, corrispondo a questa tipologia l’apprendistato di primo e terzo livello. Otto su trenta sono invece strutturati come alternativi alla formazione professionale e più simili a percorsi scolastici veri e propri; i restanti quattro sono invece una forma ibrida tra le due precedenti tipologie. Come già sottolineato, in Italia merita un discorso a sé l’apprendistato di secondo livello, o professionalizzante, che non rientra nei trenta programmi analizzati dal CEDEFOP. Con questi percorsi non si ottiene una certificazione formale pubblicamente riconosciuta, come invece accade nell’apprendistato di primo e terzo livello, ma solamente una qualificazione valida ai fini contrattuali, scelta dal datore di lavoro con il quale il contratto viene stipulato a partire dalla classificazione dei lavoratori fornita dalla contrattazione collettiva di settore.
Lo studio CEDEFOP evidenzia una grande eterogeneità tra le diverse regolamentazioni, anche all’interno delle singole tipologie. Ciò non è, di per sé, necessariamente un male: la possibilità di declinare l’apprendistato diversamente, in base alle particolarità locali dei diversi Paesi, è più un’opportunità che un rischio. La stessa Unione Europea nel 2013, nel lanciare l’EAfA (European Alliance for Apprenticeships), ha mantenuto il termine al plurale, auspicando non tanto un processo di unificazione definitoria, quanto piuttosto la difesa di determinati standard qualitativi e la promozione di questo strumento come efficace vettore di placement per i giovani e di formazione di professionalità dotate di competenze innovative e maturate grazie ad una didattica work-based.
Senza quindi proporre una definizione univoca, ma ribadendo gli elementi che contraddistinguono “il buon apprendistato”, la Commissione Europea ha approvato, lo scorso marzo, una raccomandazione dedicata all’apprendistato “di qualità” – mantenendo il termine “apprenticeships”, al plurale[3]. La strategia europea ricorda quella del poeta inglese E. Hausman che, chiamato a definire la poesia, diceva: “Io non so cosa sia la poesia, ma la riconosco quando la sento”. Non c’è, quindi, una definizione univoca di apprendistato a livello europeo, ma criteri condivisi che ci permettono di riconoscerlo. La logica dietro questa scelta sta nel riconoscere che per la progettazione di percorsi d’apprendistato di qualità è necessaria una partecipazione locale tra diversi attori: centri di formazione, scuole, istituzioni pubbliche e private, aziende. È grazie a queste reti territoriali tra diverse soggetti che è possibile rendere l’apprendistato un efficace strumento di incontro tra domanda e offerta di lavoro, uno strumento la cui regolamentazione non può quindi essere demandata ad un livello centralistico, o imposta dall’alto, ma deve invece nascere dalle specifiche qualità e caratteristiche (sociali, economiche, culturali) dei diversi territori, pur rispettando alcuni criteri qualitativi condivisi.
Considerando invece il nostro Paese, un altro tema è come tradurre in inglese i tre diversi livelli su cui si struttura il contratto d’apprendistato. Queste ultimi sono particolarmente complessi da rendere, proprio per i motivi esposti in precedenza:
– Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
La complessità in questo caso risiede nella resa in inglese di termini relativi al sistema di istruzione e formazione professionale. Sono pochissimi i testi ufficiali prodotti in lingua inglese che tengano conto delle recenti modifiche alla normativa nazionale in materia di apprendistato. Lo stesso dicasi della dottrina, che, nei pochi casi riscontrati sembra optare per una resa generica, es. apprenticeship according to profile, diploma and professional specialisation[4]. Volendo optare per una traduzione letterale, una ipotesi potrebbe essere quella che segue, anche se resta la difficoltà di utilizzare una perifrasi piuttosto verbosa: Apprenticeship to pursue a vocational qualification and a degree, an upper secondary-school diploma or a certificate for advanced technical specialisation
– Apprendistato professionalizzante
Quanto al secondo livello, una opzione può essere quella di rendere il concetto con vocational apprenticeship, espressione tra l’altro spesso rinvenibile in alcuni documenti ufficiali[5]. Tuttavia, il limite di suddetta traduzione sta nel fatto che questa potrebbe essere ambigua per un lettore straniero, essendo quest’ultimo abituato ad associare il termine vocational con percorsi di formazione professionale (in inglese Vocational and Educational Training). Proprio per tale ragione, forse il ricorso all’aggettivo professional potrebbe rendere più giustizia all’espressione originale.
– Apprendistato di alta formazione e ricerca
Una opzione per rendere Il terzo livello di apprendistato cosi come regolamentato in Italia può essere higher education and research apprenticeship. Anche questa formulazione è ricorrente nei testi ufficiali in lingua inglese. Al fine di evitare ambiguità interpretative, bisognerebbe evitare di fare uso della formulazione higher o degree apprenticeships per tradurre il concetto di apprendistato di alta formazione e ricerca, in quanto la prima nel Regno Unito identifica livelli e qualifiche diverse rispetto agli istituti italiani.
Anche a livello istituzionale sussiste una certa divergenza sulla terminologia da utilizzare tradurre i tre livelli di apprendistato.
Nel documento della CEDEFOP citato in precedenza, l’apprendistato di primo livello viene reso con Apprenticeship for a vocational qualification and diploma (Type 1), quello di secondo livello come Occupation-oriented apprenticeship (Type 2), quello di terzo livello come Apprenticeship for higher education and research (Type 3).
Invece, la ricerca EUROFOUND Adaptation of national apprenticeship systems to advanced manufacturing[6] li traduce così: Level I apprenticeship or apprenticeship for acquiring a vocational qualification or diploma (apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore); Level II apprenticeship or professional apprenticeship (apprendistato professionalizzante); Level III apprenticeship or higher education and research apprenticeship (apprendistato di alta formazione e ricerca).
Per concludere, può essere interessante comprendere come rendere in inglese la terminologia relativa all’implementazione pratica dell’apprendistato. il contratto di apprendistato (in inglese chiamato apprenticeship contract) viene concluso tra il datore di lavoro (employer) e l’apprendista (nei Paesi anglofoni definito apprentice) e deve essere integrato da un piano formativo individuale (an individual training plan), all’interno del quale vengono specificate le modalità di erogazione della formazione interna (on-the-job training) ed esterna (off-the-job training). Al fine di monitorare le attività svolte dall’apprendista, a quest’ultimo sarà assegnato un tutor aziendale (concetto che potrebbe essere reso con company o workplace tutor) e un tutor formativo che opera presso l’istituzione formativa (ossia a tutor operating at the training institution). Proprio l’istituzione formativa è tenuta a registrare la formazione erogata all’apprendista nel libretto formativo del cittadino (che in inglese andrebbe reso letteralmente con la perifrasi the citizen’s training booklet), secondo quanto stabilito dal d.lgs. no. 13/2013.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
ADAPT Senior Research Fellow
[1] CEDEFOP, Apprenticeship schemes in European countries, 2018.
[2] CEDEFOP, Glossary. Quality in education and training, 2011.
[3] EUROPEAN COUNCIL, Recommendation on a European Framework for Quality and Effective Apprenticeships, 2018.
[4] F. Carinci, Labour Law and Industrial Relations in Italy: Update to the Jobs Act, IPSOA, Wolters Kluwer, 2015.
[5] Si veda, tra gli altri, Italia Lavoro, PON (National Operative Plan.) Project: “Support for Transnationality” – Transnational actions regarding quality of active youth employment policies “The apprenticeship system in Italy” Fact-sheet, 2013
[6] EUROFOUND, Adaptation of national apprenticeship systems to advanced manufacturing, 2018.