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Bollettino ADAPT 8 giugno 2020, n. 23
L’emergenza COVID-19 ha messo in evidenza importanti criticità legate all’accesso ai contributi pubblici per il finanziamento della formazione a distanza di lavoratori e disoccupati, limiti che per anni sono stati anche tecnologici, ma che oggi, grazie agli strumenti ormai disponibili da tempo, sono di natura prettamente normativa e, in qualche caso, culturale, vista la scarsa conoscenza che gli stessi operatori (pubblici e privati) del settore hanno del tema. Al fine di evidenziare le criticità dell’attuale quadro regolatorio giova un breve premessa su alcuni aspetti metodologici della formazione a distanza sincrona e asincrona che hanno effetti diretti sulle regole e procedure di finanziamento della formazione continua.
Per FAD sincrona si intendono tutte quelle attività svolte dal docente (con la presenza o meno di tutor) in tempo reale, in connessione almeno audio (ma quasi sempre video) diretta con gli allievi, i quali assistono alla lezione “in diretta” dalle loro postazioni (a casa o in ufficio). Non si può quindi parlare in questo caso di e-Learning, inteso letteralmente come “imparare tramite strumenti elettronici”, in quanto il vero strumento di trasferimento della conoscenza resta sempre e comunque il docente.
Nell’e-Learning asincrono il docente viene invece sostituito da un sistema didattico programmato a prescindere dalle caratteristiche del momento e dell’allievo. Questo strumento è caratterizzato dalla flessibilità nella fruizione del percorso didattico dell’allievo svincolata non solo dalle problematiche della presenza fisica, ma anche delle quantità di tempo e collocazione oraria dei periodi di fruizione. Un sistema di e-Learning “deve” (per essere tale) quindi tracciare i percorsi, i tempi ed i risultati dell’apprendimento in maniera oggettiva e codificata per ciascun utente, purché correttamente identificato durante tutto il processo di interazione con il sistema. E questo non serve solamente per fini amministrativi e rendicontativi, ma per documentare a tutti gli attori del processo, docente, discente, soggetto finanziatore pubblico o privato, quali esiti ha avuto la progettazione / erogazione della didattica (a fini docimologici) ed anche (a fini economici) l’investimento di tempo e denaro. Estremo sviluppo di questa metodologia sono i MOOC, sistemi aperti, il cui accesso non richiede il pagamento di una tassa di iscrizione, e permette di usufruire dei materiali da essi distribuiti, ma molte grandi imprese se ne sono già dotate in forma più o meno “chiusa” rivolta solamente ai propri dipendenti.
L’importanza di una adeguata diffusione della FAD (specialmente tramite e-Learning) nell’ambito della formazione continua è stata sottolineata anche dall’OCSE (“Adult Learning in Italy: what role for training funds?”, 11/3/2019). Secondo l’ultimo rapporto disponibile sulla formazione continua in Italia (ANPAL, XVIII Rapporto sulla Formazione Continua – Annualità 2016-2017), tuttavia, nel 2017 i Fondi Interprofessionali hanno finanziato il c.d. “autoapprendimento mediante FAD” per un 11,8% del totale del monte ore, presumibilmente (il dato non è specificato nel rapporto) FAD sincrona, che negli Avvisi e nei Regolamenti dei Fondi è equiparata alla formazione frontale d’aula.
Questa è certamente la scelta per cui i FPI hanno optato nel periodo dell’emergenza COVID-19, mentre la FAD asincrona, spesso assieme alla sincrona, è ammessa quasi sempre per i pochi strumenti di finanziamento per la formazione individuale, tipici dei Fondi per i Dirigenti.
Non poche criticità sono emerse con il passaggio dalle attività in presenza alla FAD, che hanno riguardato in particolare: il tracciamento delle attività; l’identificazione formale degli utenti e la quantificazione del monte ore allievi/ore corso ed il calcolo dei relativi costi (con riferimento anche a componenti specifiche quali il c.d. “mancato reddito”).
Sulle prime due problematiche è intervenuta, con non pochi limiti, ANPAL, con la nota del 10 aprile 2020 in cui ha specificato “la necessità di attenersi a quanto normativamente previsto dalle Regioni e Province Autonome per l’utilizzo della citata modalità. Nel ribadire in tal senso la possibilità per ogni Fondo di adottare misure e comportamenti idonei, ANPAL (omissis) pone l’attenzione sulla necessità di prevedere opportune modalità di tracciabilità della formazione erogata, al fine di permettere alla scrivente di verificare l’effettivo e il corretto svolgimento delle attività formative.” (ANPAL, Nota del 10/3/2020 prot. 0003617 “Attività formative finanziate dai Fondi interprofessionali: comunicazioni importanti sull’emergenza Coronavirus COVID-19”).
Rispetto a tale indicazione e nel tentativo di elaborare regole applicabili a livello nazionale, i FPI si sono mossi in maniera tutto sommato omogenea: un riferimento è rappresentato dal regolamento adottato da Fondimpresa, che rappresenta all’incirca il 50% dei lavoratori per i quali viene versato il contributo INPS per la formazione continua, ed al quale tutti i FPI si sono ispirati per elaborare le proprie raccomandazioni sulla “teleformazione”, termine comparso in quasi tutte le circolari, e che prevede: l’obbligo per gli Enti attuatori di dotarsi di una piattaforma tecnologica che consenta un’agevole tracciatura; che le attività formative gestibili in teleformazione si svolgano in modalità sincrona; che la formazione sia erogata nelle date e negli orari inseriti nelle varie piattaforme di monitoraggio messe a disposizione da parte dei Fondi agli Enti attuatori perché possano svolgersi regolari controlli sia pure a distanza; che la piattaforma tecnologica individuata garantisca la produzione di specifici report contenenti elementi informativi minimi. É previsto poi che, in mancanza di una piattaforma telematica che effettui il tracciamento delle attività svolte secondo le suddette specifiche, a comprova dei collegamenti avvenuti i partecipanti autocertifichino, con un apposito modello di dichiarazione sostitutiva, le attività di formazione a distanza svolte, allegando copia del proprio documento di identità. In ogni caso è richiesta la compilazione in forma disgiunta del registro didattico e delle presenze da parte del docente e dei fogli firma individuali dal singolo partecipante. Tale documentazione, comprensiva della comprova dei collegamenti avvenuti, prodotta per ogni singola azione dovrà essere inoltrata al Fondo nella fase di rendicontazione.
Come è evidente, la scelta fatta in questo periodo è di tipo conservativo, cercando di sostanziare la FAD tramite registri firmati ed autocertificazioni. Certamente, volendosi confrontare con le metodologie più innovative, i vincoli burocratici attualmente esistenti nella formazione finanziata sono di grande ostacolo. Ciò non solo con riferimento alle modalità di verifica del regolare svolgimento delle attività, basate più sul controllo puntuale dello svolgimento di un dato progetto formativo (in tempi, modi e luoghi) che sulla misurazione dell’apprendimento. Per esempio, in fase di presentazione di una domanda di contributo per un Piano formativo, è richiesta l’indicazione del numero dei partecipanti al piano stesso.
Questo sembrerebbe escludere in partenza metodologie più innovative quali ad esempio i MOOC, in cui esiste una difficoltà nell’identificazione preventiva dei partecipanti al corso, proprio perché l’accesso ai contenuti è libero e non predeterminato, poiché si tratta di strutture articolate in cui il lavoratore che accede ha a disposizione diversi corsi strutturati, contenuti, riferimenti di lettura. Anche il ruolo dei progettisti e gestori della formazione nel caso dei MOOC va ripensato, ma quello che spaventa gli addetti al settore di questo tipo di apprendimento è soprattutto la mancanza di predeterminazione del percorso didattico e l’impossibilità di individuare in anticipo l’utenza e i relativi fabbisogni. Si tratta infatti di una risorsa aperta a chi la vuole / deve fruire e quindi “i conti” si possono fare solo durante o dopo l’intervento, non prima e probabilmente sul risultato e non sulle ore di apprendimento.
Le stesse problematiche si presentano tuttavia in tutti i casi (definibili di “vero e-Learning” che oggi diventa facilmente mobile-Learning visti i nuovi strumenti di fruizione portatili) in cui sia prevista l’interazione asincrona degli allievi con la piattaforma, basata su accessi individuali: in questi casi ci si trova a dover computare tempi molto diversi da allievo ad allievo tracciati dalla piattaforma con il rischio di allontanarsi significativamente (in più o in meno) dal monte ore effettivamente registrato rispetto a quello progettuale. Su questo tema da tempo anche la Pubblica Amministrazione ha elaborato varie metodologie di calcolo di equivalenza delle ore di fruizione in e-learning rispetto alla formazione in presenza: ad esempio la Regione Lombardia per il Sistema ECM (Educazione Continua in Medicina) ha adottato il criterio della lunghezza dei documenti consultati in modalità asincrona: un documento di 4000 caratteri corrisponde a 16 minuti di formazione. Questo metodo ha il vantaggio di essere molto semplice e pratico, ma non considera le differenze che esistono tra le tipologie di risorse didattiche (documenti, filmati, interazioni); il Progetto TRIO finanziato dalla regione Toscana utilizza come parametro di base il tempo per la lettura veloce dei testi (misurato in PAM – parole al minuto), adattando il risultato a seconda della tipologia di risorsa didattica misurata (testo, multimedia, interazioni e altro). Alle interazioni invece vengono assegnati diversi valori standard, in base alla tipologia di interazione: esplorazione, scenario ramificato, test di valutazione. Tuttavia anche queste soluzioni non rispondono pienamente ad altre problematiche amministrative tipiche dei corsi finanziati, quali ad esempio il calcolo del cd. “mancato reddito”, ovvero il costo dell’allievo che non produce mentre studia in orario di lavoro.
Va detto inoltre che, per quanto riguarda i dati di tracciamento, quelli provenienti dalle varie Piattaforme LMS non sono garantiti da possibili manipolazioni, specie da chi potrebbe avere interessa a dimostrare attività non completate. Per questo motivo oggi vengono richieste, come abbiamo visto, una serie di declaratorie firmate che restino agli atti per garantire almeno una assunzione di responsabilità da parte di allievi, docenti e legali rappresentanti degli Enti Attuatori. Un sistema integrato (tipo block-chain) tra Enti Attuatori ed Enti Finanziatori potrebbe garantire la “blindatura” dei dati dalla piattaforma e-Learning (purché ovviamente compatibile con tali standard) e la piattaforma di controllo dell’Ente Finanziatore. E solo questo, in un ambito di formalizzazione dei percorsi a fini rendicontativi, porterebbe all’eliminazione dei registri cartacei e delle relative declaratorie scritte.
Per quanto concerne invece la corretta identificazione degli utenti (allievi, ma anche docenti, tutor, etc.) durante tutte le interazioni con la piattaforma, questa può avvenire per esempio con dispositivi di identificazione in remoto (es. webcam) o, tramite l’identificazione diretta (anche in presenza ad esempio presso Training Centers accreditati) del soggetto che sostiene le prove intermedie e finali. Sempre di più però ci si sta orientando verso sistemi di firma digitale o di identificazione tramite dati antropometrici quali il riconoscimento facciale, già ampiamente utilizzato in Dogana ad esempio, ed i cui costi sono in notevole diminuzione.
Una soluzione molto più semplice, specie per la questione del calcolo delle ore, sarebbe l’acquisizione “a corpo” del corso per ogni allievo, specie in presenza di un attestato di competenza finale. Qui avremmo il vantaggio di calcolare un Voucher per il contributo richiesto e derivarne eventualmente, se richiesto, un cofinanziamento forfettario. Resta il problema dell’attestato di “competenza” (e non di “presenza”). Infatti per superare il modello del “conteggio delle ore” l’unica strada che si può percorrere è valorizzare il risultato dell’apprendimento (secondo il modello “you pass = we pay”). Risultato che va tuttavia misurato rispetto a uno standard e adeguatamente certificato: la scarsa diffusione dei processi di certificazione delle singole competenze su standard di riferimento riconosciuti a livello nazionale penalizza moltissimo l’ampliamento di questo metodo al di fuori di settori che hanno una lunga tradizione in materia di riconoscimento delle competenze in esito ai percorsi formativi, come l’ECM (Educazione Continua in Medicina), o l’area delle competenze informatiche di base (si pensi alla “patente” ECDL).
Ad oggi la prassi adottata da molti enti di formazione è l’emissione di un documento (anche digitale) nel quale l’Ente erogatore (magari già accreditato presso una Regione per le materie oggetto del corso) sotto la propria responsabilità attesta, ove previsto, o comunque nei confronti dell’ente finanziatore, che il lavoratore ha acquisito determinate competenze riconducibili a qualifiche contenute nei quadri di riferimento regionale o nazionale. Alcuni Fondi Interprofessionali hanno provato ad ovviare a questa mancanza, coinvolgendo soggetti pubblici nella certificazione, attraverso specifiche previsioni inserite negli avvisi e relative alla necessità di ottenere una valutazione dei risultati di apprendimento presso enti in possesso di requisiti specifici. Si tratta evidentemente di soluzioni complesse da attuare e difficili tra trasformare in prassi consolidate.
Il tentativo di commutare direttamente in FAD i corsi programmati in presenza previsti per il periodo critico dell’emergenza COVID-19 ha evidenziato criticità più generali, a partire dalla disomogenea diffusione della banda larga e dalla carenza di competenze digitali nel nostro Paese. Nel riprodurre modelli didattici frontali in formazione a distanza si deve tenere conto del fatto che la fruizione di sistemi di didattica e comunicazione a distanza è molto più impegnativa perché costringe la nostra mente a lavorare su una gamma di stimoli estremamente ridotta e filtrata, mancando la visione completa dell’interlocutore e molti altri stimoli della comunicazione in presenza. Al contempo ci sono meno distrazioni e ci si mantiene più concentrati, ottenendo quindi in meno tempo, ma con più sforzo, risultati normalmente legati a tempistiche più lunghe. Sono d’altra parte sotto gli occhi di tutti i vantaggi di queste tecnologie: riduzione dei costi e dell’impatto ambientale, oltre a una maggiore efficacia della didattica a distanza in determinati casi e con particolare riferimento alla formazione degli adulti, perché lascia all’allievo il tempo ed il modo di apprendere con i suoi schemi personali, purché gli si garantisca il corretto tutoraggio.
In vista di una maggiore valorizzazione della componente della formazione a distanza nei percorsi finanziati, anche oltre l’emergenza, sarà tuttavia necessario intervenire non tanto sul piano tecnologico quanto su quello normativo, in particolare attraverso la formalizzazione dei profili di competenza a livello nazionale e l’utilizzo dei voucher come strumento principale per una formazione continua incentrata sulle competenze formalizzate. La formazione progettata ad hoc su specifici gruppi di allievi dovrebbe essere destinata solo a progetti di particolare interesse sul piano della innovazione e della competitività e non dovrebbe rappresentare un metodo generalizzato per l’accesso alle risorse come è stato nel modello di finanziamento del Fondo Sociale Europeo e, più recentemente, anche nel sistema dei Fondi Interprofessionali. L’obbligo di progettare formalmente ogni intervento da zero, anche quando i fabbisogni sono ricorrenti e consolidati, ha condotto a distorsioni, come ad esempio la reiterazione continua degli stessi contenuti per salvaguardare il calcolo del contributo, proporzionale al numero di ore erogate.
Giovanni Galvan
Esperto Politiche Attive del Lavoro