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Bollettino ADAPT 3 giugno 2019, n. 21
Mentre in Italia si sta ancora discutendo di competenza tra Stato e Regioni nella gestione delle politiche attive del lavoro e degli ormai noti “Navigator”, ovvero degli orientatori/tutor che dovranno accompagnare nel mercato del lavori gli utenti dei Centri per l’impiego (non solo i destinatari del Reddito di Cittadinanza), in tutto il resto d’Europa è in corso la digitalizzazione dei servizi pubblici per l’impiego (PES) attraverso piattaforme dedicate e social media.
Fonte: Elaborazioni da Anpal Servizi, 2019, I servizi pubblici per l’impiego europei nel sistema dei social network
In alcuni contesti come l’Olanda, i PES hanno digitalizzato completamente i propri servizi: questo avviene ormai da un decennio (principalmente per motivi di riduzione dei costi e di personale) e, stando a quanto raccontano gli operatori, i casi di digital divide sono completamente assenti anche nei confronti dei soggetti più emarginati e svantaggiati. Sempre nei Paesi Bassi, Messenger è uno dei canali più utilizzati per confrontarsi con gli operatori (si riceve risposta entro poche ore), oppure vi sono paesi come l’Estonia che, disponendo di risorse limitate, hanno utilizzato le tecnologie per garantire comunque un servizio efficiente ai propri utenti, sviluppando “bilanci di competenza” tramite questionari online e colloqui via skype, per assistere l’utente da remoto con personale specializzato.
In Francia gli investimenti verso i social media sono imponenti, così come la creazione di APP: difatti, esistono applicazioni per trovare le Fiere del lavoro in prossimità della propria residenza (Evénements), oppure per trovare percorsi formativi adeguati (Ma Formation). Addirittura esiste un App su come utilizzare i social media per la ricerca del lavoro (MonParcoursInfo). Inoltre, in tutti i paesi qui presi in esame, è presente su piattaforme quali Facebook, Twitter e LinkedIN, il profilo dell’istituto o agenzia nazionale del lavoro.
In Italia la piattaforma di Anpal offre servizi analoghi ed è presente sui social, ma il suo enorme limite è che si tratta di una struttura non ancora collaudata e al momento non molto diffuso tra i cittadini italiani. Rimediare a questo limite è il principale obiettivo del Prof. Mimmo Parisi, attuale Presidente di Anpal, che precedentemente è stato direttore del NSPARC e che ha collaborato alla realizzazione del Mississippi Works, una piattaforma che offre una serie di servizi per il mercato del lavoro, favorendo in particolare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Al momento, il portale pubblico di ricerca del lavoro Mississippi Works rappresenta per l’Italia una vera e propria utopia, visto i precedenti e fallimentari tentativi di Borsa lavoro e Click-lavoro.
Il portale Mississippi Work è stato rinominato dagli addetti il “Tinder del lavoro”, poiché mette in contatto diretto imprese e lavoratori senza l’intervento degli operatori, analogamente a quanto avviene in altri paesi europei (Werk in Olanda, Find a Job in UK) o per il portale Eures della Commissione europea pochissimi offrono infatti servizi di pre-selezione, estremamente onerosi da parte dell’attore pubblico).
Data l’importanza di questa nuova era digitale, a livello internazionale si discute su come raggiungere il più alto numero di utenti, in che modo predisporre la dashboard del portale (ad esempio per renderla più accessibile anche ai soggetti più svantaggiati) o come implementare i servizi all’interno dei social media; mentre di Assegno di ricollocazione (perché pagare operatori che utilizzano per reclutare sempre di più strumenti social e sempre meno sportelli) o come migliorare l’organizzazione dei Centri per l’impiego (di cui la stragrande maggioranza delle attività può essere digitalizzata, compresa la formazione) se ne parla solo in Italia. Alla luce di tali considerazioni, è fondamentale potenziare i Centri per l’impiego in competenze di Digital Reputation e Social Recruiting, dato che al momento tali competenze sono presenti solo in casi spontanei e senza un costante aggiornamento.
E’ bene segnalare che qualsiasi portale del lavoro “non crea lavoro” (al massimo migliora la ricerca di opportunità di lavoro disponibili sul web): non è tramite questo strumento che una parte consistente dei destinatari del Reddito di cittadinanza potranno trovare un impiego, difatti si tratta di un “mezzo” e non un “fine”, che rimanda invece all’implementazione di politiche di sviluppo economico.
Qualcuno ribatterà che in Italia si cerca ancora lavoro tramite “amici e parenti”. Questo è vero soprattutto per le generazioni più anziane e per le piccolissime imprese del tessuto italiano, ma è necessario tener presente che i legami relazionali tra amici, conoscenti e colleghi sono sempre più online, sfruttano sempre di più le condivisioni su Facebook Instagram o/e Linkedin. Sulla scorta di quanto è avvenuto in Olanda, anche il rischio di digital divide è poco credibile, in quanto oltre 50 milioni di italiani utilizzano uno smartphone (ovvero 85% sulla popolazione complessiva) e nel 2019 i social saranno utilizzati da 3 italiani su 5 (quota che ovviamente sale se consideriamo la sola popolazione attiva).
Regole d’oro perché Italy Works possa funzionare
Una volta che la nuova piattaforma (Italy Works) sarà pronta, è fondamentale che raggiunga il prima possibile una “massa critica” di utenti in grado di indirizzarne altri in modo spontaneo. Sara necessaria una notevole campagna social e un’attività di back office per gestire il traffico della rete, controllare le vacancy caricate e rispondere alle richieste provenienti dagli utenti (in modo da evitare quanto visto nella fase di lancio del Reddito di Cittadinanza). Inoltre sarà fondamentale attivare una convenzione con il Miur per far caricare i curriculum dei neo-diplomati e neo-laureati sul portale. Tale azione rappresenta (più che gli incentivi economici) la vera miniera d’oro che può favorire il caricamento delle vacancy da parte delle aziende (ovvero garantire di poter far vedere il proprio annuncio a tutta la potenziale platea di giovani risorse).
Qualcuno si chiederà: e i destinatari del Reddito di Cittadinanza? Se l’intenzione è creare un sistema per matching solo per “svantaggiati”, il fallimento è già annunciato. Solo un portale aperto incentiva il caricamento “massivo” di vacancy, e si spera che alcune di queste possano essere raccolte dai percettori del Reddito di cittadinanza.
Francesco Giubileo
Ricercatore presso Polis Lombardia (*)
(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.