La recente pubblicazione delle proposte del segretario del Partito Democratico Matteo Renzi, relative alle tematiche del lavoro, ha promosso un vasto dibattito tra le differenti componenti politiche e sociali, nonché nel mondo accademico e tra gli addetti ai lavori, sia per l’impatto mediatico generato, sia quale conseguenza della vastità degli argomenti trattati. Il dibattito è stato in particolare alimentato dalla successiva proposta di legge presentata dall’ex Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, definita “Delega per la predisposizione di uno Statuto dei lavori e disposizioni urgenti in materia di lavoro”.
Le idee contenute nel “Jobs Act” appaiono improntate a criteri di carattere generale, indicando viepiù obiettivi di innovazione del mercato del lavoro, di semplificazione amministrativa e di politica economica largamente condivisi (assegno universale di disoccupazione, legge sulla rappresentatività sindacale, semplificazione delle norme in materia di lavoro ecc.), rimandando la formulazione degli strumenti e dei percorsi necessari per il raggiungimento degli stessi ad una fase successiva.
Una delle principali proposte riguardanti la ri-organizzazione del mercato del lavoro, indica la necessità di creazione di un’ “Agenzia Unica Federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali”. È una proposta la quale da un lato richiede interventi complessi dal punto di vista normativo, dall’altro avrebbe quale effetto principale un “cambio di paradigma” nel funzionamento delle strutture organizzative che erogano i servizi pubblici per il lavoro, anche in conseguenza dei cambiamenti necessari relativamente alle prerogative degli enti gestori degli ammortizzatori sociali e della formazione.
Dal punto di vista normativo è necessario ricordare come – in seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione, approvata con la Legge Costituzionale n°3 del 2001 – le Regioni abbiano competenza esclusiva in materia di formazione professionale e una competenza concorrente con lo Stato in materia di mercato di lavoro. In quest’ultimo ambito esiste però una vasta competenza regionale che scaturisce dal D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, attraverso il quale – in virtù della delega conferita dalla c.d. Legge Bassanini, Legge 15 marzo 1997, n. 59 – sono state attribuite alle Regioni vaste funzioni in materia di organizzazione dei servizi per l’impiego, di collocamento e di politica attiva del lavoro. Sul piano operativo le Regioni hanno spesso attuato una forte delega della gestione dei centri per l’impiego alle Province, realizzando nei fatti un “iperfederalismo” nell’organizzazione dei servizi pubblici per il lavoro che non ha portato vantaggi tangibili ai lavoratori e alle aziende. Il passaggio dai tradizionali “servizi di collocamento”, caratterizzati da compiti meramente amministrativi, ai “servizi per l’impiego”, i quali dovrebbero avere anche funzioni di politica attiva del lavoro e fornire servizi specialistici, spesso si è tradotto in un fatto poco più che meramente formale.
La frammentarietà che caratterizza il funzionamento dei servizi pubblici per il lavoro, è un costo sia dal punto di vista sociale – per i lavoratori, che incontrano difficoltà anche soltanto per relazionarsi con due centri per l’impiego di province limitrofe, i quali agiscono perlopiù come entità distinte – sia dal punto di vista economico – per le aziende che incontrano difficoltà similari a quelle dei lavoratori e per la collettività che paga i costi delle inefficienze e della mancanza di economie di scala laddove queste sarebbero realizzabili, a partire dalla condivisione e dalla integrazione dei sistemi informatici utilizzati.
Analogamente alla proposta di Matteo Renzi, la proposta di legge del Senatore Sacconi va nella direzione della razionalizzazione dell’articolazione dei soggetti titolari delle azioni di politica attiva del lavoro, prevedendo – attraverso l’istituzione di una “Agenzia nazionale per il lavoro e la formazione” – la fusione di Italia Lavoro e dell’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL). Benché tra gli obiettivi indicati dall’ex Ministro del Lavoro vi sia “il coordinamento dei servizi per il lavoro”, nel testo normativo non è presente una esplicita ridefinizione dell’organizzazione e delle funzioni dei servizi pubblici per l’impiego, e non è definito con quali modalità sarebbe attuata la proposta di attribuire ai disoccupati “una dote da spendersi presso i servizi competenti liberamente scelti dall’interessato”. In particolare non è chiaro a quali strumenti di ricollocazione lavorativa si affiancherebbe tale misura e quali sarebbero i soggetti gestori, anche in considerazione che ne i centri per l’impiego, ne le agenzie per il lavoro sono attualmente in grado di promuovere percorsi di formazione adeguati, realizzabili soltanto attraverso una efficace valutazione delle competenze del lavoratore e l’individuazione di interventi formativi che siano orientati alle richieste professionali delle aziende (elementi complessi ed estremamente variabili in base al contesto territoriale).
Una proposta analoga al progetto di legge di Maurizio Sacconi – relativamente all’istituzione di una dote che i lavoratori potrebbero liberamente spendere presso i servizi competenti – è quella avanzata da Francesco Giubileo e Francesco Pastore su “Lavoce.info”, nella quale il conferimento a ciascun disoccupato di “un determinato budget, proporzionale alla difficoltà di collocamento dei destinatari, che verrà indirizzato ai providers delegati al loro collocamento. La somma potrà essere spesa per alcuni servizi o rappresentare un premio di collocamento”[1]. La proposta di Giubileo e Pastore si inserisce in quadro complessivo il quale prevede un sostanziale superamento dei servizi per l’impiego, mantenendo in capo alle funzioni pubbliche le attività di coordinamento, pianificazione e controllo del territorio, trasferendo interamente ai soggetti privati le attività relative al collocamento: non è chiaro se e come le attività di coordinamento dei soggetti pubblici dovrebbero intervenire sulle attività delle agenzie per il lavoro, e in particolare desta perplessità:
- la possibilità che i soggetti privati possano gestire specifiche categorie di utenti, in particolare i soggetti disabili per i quali la norma prevede procedure complesse e difficilmente gestibili in base ad una logica di mercato;
- la mancata previsione di una integrazione tra il collocamento, l’attribuzione del sussidio di disoccupazione, e l’attività formativa finalizzata al reinserimento professionale.
È però evidente come l’esigenza di ripensare i servizi pubblici per l’impiego sia ampiamente riconosciuta, così come la loro attuale inefficienza e la necessità di un loro rinnovamento in un’ottica di forte orientamento ai risultati – o, in alternativa, di un loro superamento. Come precedentemente detto, la modifica dell’organizzazione e delle funzioni dei servizi pubblici per l’impiego necessità di un complesso iter normativo, a causa delle previsioni del Titolo V della Costituzione; esso appare però come l’unico percorso in grado di dare efficacia agli interventi di politica attiva del lavoro, anche in conseguenza della presenza capillare dei SPI nel territorio.
La proposta di istituire un’unica Agenzia nazionale che si occupi di politiche del lavoro, articolata sul territorio, partendo dalle proposte di “Agenzia Unica Federale”, di Matteo Renzi e di “Agenzia nazionale per il lavoro e la formazione” di Maurizio Sacconi, potrebbe – al netto degli interventi normativi necessari – essere una soluzione utile per razionalizzare e riportare a sistema la molteplicità dei sistemi regionali per l’impiego, purché fosse in grado di raggiungere i seguenti obiettivi:
- Integrare i servizi pubblici per l’impiego e le agenzie pubbliche che si occupano di mercato del lavoro, a iniziare da Italia Lavoro e dall’Isfol, in una struttura articolata federalmente, che sia in grado di stare sul mercato offrendo servizi di qualità. Sarebbe utile che l’Agenzia, pur restando prevalentemente di proprietà pubblica, avesse una natura societaria privatistica, fortemente orientata alla soddisfazione del cliente, superando le logiche burocratiche degli uffici pubblici: è evidente che se i servizi per l’impiego non ridefiniscono la loro mission e sono in grado di produrre “utili sociali” restano soltanto un costo inutile, e in tale caso andrebbero chiusi, trasferendo il personale ad altre mansioni.
- Improntare l’Agenzia al criterio della sussidiarietà, mantenendo la gestione regionale per le attività che possono essere svolte con maggiore incisività a tale livello – come ad esempio la gestione dei dossier delle competenze professionali – e riportando a livello centrale tutti gli aspetti che richiedono indirizzi, decisioni e una gestione unitaria – come ad esempio i sistemi informativi del lavoro.
Quest’ultimo punto tocca un aspetto nevralgico per il funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego, totalmente assente in tutte le proposte analizzate, ossia il riferimento all’utilizzo dell’infrastruttura tecnologica nella gestione mercato del lavoro, e di come l’utilizzo della stessa costituisca un aspetto strategico per il miglioramento della qualità, della rapidità e dell’efficienza dei servizi offerti.
Attualmente la gestione delle attività dei servizi per l’impiego è garantita da una molteplicità di sistemi informativi del lavoro, differenti da Regione a Regione e spesso anche nell’ambito della stessa Regione: tale situazione genera notevoli difficoltà nell’interscambio dei dati e il moltiplicarsi di costi e problematiche per gli utenti, e non garantisce la completa circolazione e condivisione delle informazioni tra tutti i servizi per l’impiego del territorio nazionale. Per superare tale situazione occorre la costituzione di una “posizione unica” per i lavoratori e per le aziende nei confronti del sistema dei servizi per l’impiego – ossia la possibilità, attraverso la prima iscrizione, di usufruire di tutti i servizi in qualunque centro per l’impiego del paese, senza dover reiterare percorsi di iscrizione, colloqui di selezione, bilancio delle competenze, ecc.
È evidente come il raggiungimento di tale obiettivo sia possibile soltanto raggiungendo una piena ed efficace integrazione tra i tutti i sistemi informativi del lavoro regionali e provinciali: la mancanza di tale integrazione costituisce una notevole criticità nella realizzazione di servizi pubblici realmente integrati e orientati all’utente.
Gli ulteriori aspetti connessi alla costituzione di una “Agenzia Unica Federale” proposta nel Jobs Act, riguardano il coordinamento della formazione – tematica di stretta competenza regionale – e l’erogazione degli ammortizzatori sociali – la cui gestione è attualmente demandata all’INPS. Si tratta di due aspetti che richiedono interventi radicali, i quali da un lato – quello della formazione – andrebbero a rideterminare l’ambito delle competenze statali e di quelle regionali, dall’altro – relativamente all’erogazione degli ammortizzatori sociali – andrebbero a rideterminare le competenze dell’INPS.
È intuibile che la gestione da parte dei centri per l’impiego di questi due aspetti richiederebbe una complessità organizzativa e competenze professionali che attualmente non appartengono al patrimonio dei servizi pubblici per il lavoro, ai quali sarebbe richiesta la capacità di intervenire sull’intero ciclo di inserimento o reinserimento del lavoratore nel mondo del lavoro, dalla valutazione delle competenze alla individuazione delle esigenze formative, dalla ricerca attiva dell’occupazione alla erogazione di una indennità di disoccupazione vincolata ad una reale ed effettiva disponibilità al lavoro. Soltanto il compimento di un percorso con queste caratteristiche, unitamente all’implementazione di servizi utili per le aziende, può consentire la realizzazione di un’ Agenzia Unica Federale che non consegni definitivamente i servizi pubblici per l’impiego alla marginalità e all’inefficienza.
Gianluca Meloni
Consulente per il mercato del lavoro – Reggio Emilia
[1] Francesco Giubileo e Francesco Pastore, Quale futuro per i centri per l’impiego, lavoce.info, 25 ottobre 2013.