Martedì mattina il Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, incontrerà i rappresentanti dei partiti di maggioranza per fare il punto sulla delega lavoro. Poi la Commissione inizierà a votare i circa 450 emendamenti presentati. L’obiettivo è far arrivare il testo nell’aula del Senato entro metà mese. Il nodo è l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Che una cinquantina di senatori della maggioranza da Svp a Ncd, Udc, Popolari per l’Italia e Scelta civica vuole cancellare dai contratti a tempo indeterminato salvando la reintegra solo per i licenziamenti discriminatori.
Presidente Maurizio Sacconi, siamo alla prova della verità?
Direi proprio di sì. Superare l’articolo i8 vuoi dire segnare cento punti su cento in Italia e in Europa. O lo fai o non lo fai: questi sono i passaggi dì riforma veri, forti, che si possono presentare sul tavolo per rendere più flessibile il Fiscal compact. E che servono a noi. Non ci sono più vie dimezzo: nel testo della delega bisogna consentire al Governo di fare questo passo per dare certezza assoluta, agli imprenditori che vogliono assumere, sulla possibilità e il costo di un recesso.
Il Governo deve scegliere, insomma?
Il Ministro Poletti e ancor di più il presidente Renzi devono scegliere piuttosto che tentare una mediazione. Scegliere se schierarsi con il campo della conservazione o con l’area riformista della maggioranza. La riforma del lavoro ancora una volta benchmark assoluto. Resta il campo di policy più emblematico per un Paese come il nostro, con il suo lungo Novecento ideologico. Dare una volta per tutte una regola chiara sul costo e la certezza di un licenziamento e garantire la più ampia flessibilità sulle mansioni dei lavoratori vuol dire rispondere alla richiesta che arriva da tutto il fronte delle imprese. Significa rompere uno dei tanti colli di bottiglia che bloccano la vitalità italiana.
Quali sono gli altri obiettivi forti per la maggioranza e il Governo all’avvio della presidenza italiana del semestre europeo?
Abbiamo cinque aree di intervento aperte. Una è quella del lavoro, le altre riguardano le deleghe fiscali, il pacchetto giustizia, le riforme istituzionali e la legge di stabilità. Per tutte si deve arrivare al voto finale entro la fine dell’anno, con la chiusura sempre entro dicembre della prima doppia lettura del testo su Senato e Titolo V.
Con gli occhi dell’Europa e del Fondo monetario puntati sugli esiti di quelle riforme.
Esatto. Sono infatti per ora titoli dall’esito incerto. Saranno tanto o poco? Renderemo strutturali gli 8o euro? Riusciremo a ridurre l’Irap con la Stabilità? Dalle deleghe fiscali arriverà vera certezza per i contribuenti e la fine della discrezionalità dell’Agenzia delle entrate? Riusciremo a deflazionare il contenzioso giudiziario e ad approdare a un’autentica responsabilità civile dei magistrati? E, ancora, riusciremo ad avere la responsabilità di Regioni e Comuni per i loro conti? Il ritorno al primato dello Stato con il superamento dell’attuale Titolo V?
Dalle risposte a queste domande sapremo dove sarà l’Italia a fine anno?
Io oggi non so dove saremo a fine anno, me lo chiedo. So che il cambiamento vero è in quelle risposte. L’esito finale per noi e l’Europa passa da qui: tanto più le riforme introdurranno cambiamento strutturali, tanto maggiori saranno le possibilità di crescere e di ottenere in sede Ue una maggiore flessibilità sui vincoli di bilancio