«La Cisl non farà lo sciopero generale con Cgil e Uil», annuncia Annamaria Furlan, neosegretario generale della Cisl. «Non ci sono motivazioni valide per fermare il paese: il jobs act, in fondo, sta cambiando in meglio. Faremo invece lo sciopero generale per il rinnovo del contratto del pubblico impiego».
Dunque lei risponderà no ai suoi colleghi nel vertice già previsto per oggi?
«Esatto. Ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Per la Cisl gli scioperi generali si fanno solo su obiettivi precisi: lo diciamo da sempre. In questo caso, invece, sarebbe solo inopportuno e inefficace: la motivazione è troppo debole».
II Jobs Act non è un obiettivo definito?
«No, perché quelle norme stanno cambiando in positivo e in sede di decreti attuativi vedremo di migliorarle ancora».
Neanche la legge di Stabilità è un obiettivo?
«No. La Finanziaria contiene cose positive e cose da cambiare ma tutto questo non giustifica uno sciopero generale. Non l’abbiamo fatto neppure con Monti quando era davvero un testo da lacrime e sangue, figurarsi ora».
Una mobilitazione unitaria, però, avrebbe un significato politico. Sono anni che non vi muovete tutti insieme…
«Gli scioperi unitari non si fanno quando qualcuno definisce da solo testo, percorso, data. A noi non piace agganciarci».
La Uil l’ha fatto, però.
«Io rappresento la Cisl e dico che così non si costituiscono le azioni unitarie».
Cosa bisognerebbe fare, invece?
«Noi siamo per fare la mobilitazione su obiettivi precisi e ben individuati che vogliamo cambiare. Il contratto degli statali è un obiettivo che anche gli altri dovrebbero considerare».
Scusi, ma come pensa di ottenere il consenso dei suoi colleghi se poi lei di unità non ne vuole sapere?
«Io spero che ci sia, invece, questo consenso»
Chiederà loro di aderire alla “sua” agenda?
«Si, certo. Naturalmente vedremo le risposte di Cgil e Uil. Di sicuro però le risposte del governo sulla pubblica amministrazione non ci sono state. Questo è un dato di fatto».
Camusso pensa che non ci siano nemmeno sul lavoro. Anzi, lei vede un «accanimento» nel voler ridimensionare sempre più l’articolo 18.
«Un accanimento? A me non sembra affatto. Piuttosto noto che, come sempre, quando si parla di strumenti e regole del mercato del lavoro si tende a dividersi in modo ingiustificato e ideologico. Vale per il sindacato ma anche per il paese. Peccato, perché è una questione sensibile».
A lei piacciono le proposte del governo sul Jobs Act? É soddisfatta del compromesso che si sta raggiungendo sui licenziamenti disciplinari ingiustificati?
«Senza entrare nello specifico, per me il punto cruciale è: le proposte sono meglio o peggio di prima? Io dico che sono meglio rispetto alla stesura iniziale e aggiungo che possiamo migliorarle ancora in sede di decreti attuativi».
Ma non è un po’ vago rinviare tutto a “specifiche fattispecie” che saranno chiarite appunto solo nei decreti attuativi? O lei le conosce già, queste fattispecie?
«Non conosco nulla ma so che noi saremo li, in sede di decreti attuativi proprio per garantire che le cose siano fatte bene e per dare certezze ai soggetti più deboli, cioè ai lavoratori e alle lavoratrici. Qui parliamo del sangue delle persone, della loro vita. E per questo vorrei che la politica esprimesse il meglio».