È entrata in vigore il 25 novembre la normativa che include i dirigenti, assistiti dalle Organizzazioni sindacali di rappresentanza, tra i lavoratori cui si applica la procedura di licenziamento collettivo. Si tratta dell’art. 16 della legge 30 ottobre 2014, n. 161, c.d. legge europea 2013-bis, che interviene a modificare gli artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991 e si concretizza, anzitutto, nella inclusione dei dirigenti tra il novero delle categorie di lavoratori da conteggiare in caso di esubero del personale ai fini dell’applicabilità della procedura collettiva.
L’intervento del legislatore italiano si è reso necessario a seguito della sentenza della Corte di Giustizia europea C-596/2012 del 13 febbraio 2014 che ha censurato l’Italia per il mancato recepimento della Direttiva comunitaria 98/59/CE, emanata al fine di avvicinare le legislazioni degli Stati membri dell’UE in materia, poiché, nonostante le sollecitazioni della Comunità europea, con la legge n. 223/1991, si continuava ad escludere il personale con qualifica dirigenziale dall’obbligo di rispettare le procedure collettive di riduzione del personale. Fino a quel momento il legislatore italiano, la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria avevano giustificato la mancata estensione di tale disciplina facendo leva sulle peculiarità del rapporto dirigenziale, in particolare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro e l’inapplicabilità delle norme limitative del licenziamento individuale ex lege n. 604/1966.
La novità di maggior rilievo introdotta dalla Legge comunitaria è di tipo quantitativo: i dirigenti vanno conteggiati nella soglia dimensionale dell’azienda – oltre 15 dipendenti – e nel numero dei lavoratori interessati dal licenziamento collettivo – almeno 5 dipendenti – intervenuto nell’arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa Provincia.
La novella si preoccupa, altresì, di precisare quali regole della procedura collettiva si applicano al personale dirigenziale, estendendo ovvero introducendo, per alcuni aspetti, particolari specifiche rispetto a quanto generalmente previsto dalla legge n. 223 per gli altri lavoratori. Per ciò che concerne l’avvio della procedura vanno applicate le comuni regole che stabiliscono l’obbligo di inviare comunicazione scritta, per effetto della Legge europea, anche alle Organizzazioni di rappresentanza sindacale dei manager – più precisamente all’associazione territoriale competente in base alla sede dell’azienda che intende attivare la procedura –, indicando gli aspetti salienti della riduzione del personale: il numero degli esuberi, i motivi sottesi, le ragioni per cui non sono possibili soluzioni alternative, ecc…
Per conseguenza, le Organizzazioni sindacali dei dirigenti andranno coinvolte in tutte le fasi della procedura collettiva a partire dall’obbligo di svolgere l’esame congiunto. La legge in commento fa riferimento espressamente ad «appositi incontri» riferendosi, con tutta probabilità, alla possibilità di svolgere un esame con le rappresentanze sindacali dirigenziali in sede separata rispetto a quella di confronto con gli altri lavoratori, fermi restando i termini e le procedure di legge. Nel caso si raggiunga un accordo in sede di esame congiunto tra Azienda e RSA/Associazione sindacale di categoria, le condizioni di uscita nei confronti dei dirigenti licenziati saranno quelle stabilite dall’accordo; in caso contrario, l’impresa avrà facoltà di procedere ai licenziamenti dei dirigenti eccedenti comunicando, per iscritto, a ciascuno di essi il recesso nel rispetto del termine di preavviso. La previsione di «appositi incontri» è volta, chiaramente, a favorire la definizione di criteri di scelta ed eventuali soluzioni alternative che tengano conto delle specificità del rapporto di lavoro dirigenziale, con la conseguente possibilità che la procedura possa avere sviluppi e tempistiche differenti da quelle degli altri lavoratori.
Altra novità di rilievo, relativa all’intimazione del licenziamento, consiste nell’estendere i criteri di scelta, residuali, di legge, per quanto riguarda l’individuazione dei dirigenti da licenziare. Ai sensi dell’art. 5 della legge n. 223/1991, in merito, occorre riferirsi ai criteri previsti dai contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all’art. 4, comma 2, ovvero, in mancanza, applicare, in concorso tra loro, i carichi di famiglia, l’anzianità di servizio, le esigenze tecnico-produttive e organizzative. Tale previsione ha destato particolare stupore in quanto la sentenza comunitaria, nonostante tutto, non aveva avallato alcuna estensione dei criteri di scelta, considerandoli poco coerenti con la peculiare natura fiduciaria del rapporto di lavoro tra dirigente e imprenditore. In tal senso è auspicabile attendersi un atteggiamento proattivo da parte delle organizzazioni sindacali al fine di definire criteri più confacenti.
Il regime sanzionatorio subisce importanti modifiche. Anche in questo caso il legislatore ha scelto una strada diversificata in merito, stavolta, alla disciplina delle conseguenze del licenziamento collettivo illegittimo. In caso di violazione delle procedure o dei criteri di scelta, il datore di lavoro sarà tenuto al pagamento in favore del dirigente di un’indennità risarcitoria in misura compresa tra dodici e ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, determinata dal giudice a seconda della natura e della gravità della violazione, fatte salve, comunque, diverse previsioni sulla misura stabilite nei contratti collettivi. Per la prima volta viene definito compiutamente dalla legge il regime di tutela spettante al dirigente in caso di vizi procedurali, fino ad ora definito a livello contrattuale, a precise condizioni, solo in ipotesi di aziende in crisi che dessero luogo a licenziamenti collettivi.
Ai fini dell’impugnazione del licenziamento ingiustificato nulla cambia rispetto agli altri lavoratori: i termini sono quelli previsti dall’art. 6 della legge n. 604/1966 stabiliti, a pena di decadenza, – 60 giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento e 180 dall’impugnativa per presentare il ricorso giudiziale -.
Nessun cambiamento sul versante degli ammortizzatori sociali. Nonostante l’inclusione della procedura dei licenziamenti collettivi, i dirigenti continuano a non vedersi riconosciuta l’indennità di mobilità, nonostante partecipino alla relativa contribuzione; ma questa, secondo Federmanager, la Federazione nazionale di rappresentanza dei dirigenti di aziende industriali, è stata una fortuna perché, come sottolinea il suo Presidente Giorgio Ambrogioni, «se anche al dirigente si applicassero tutte le tutele previste per gli altri dipendenti salterebbero le peculiarità che contraddistinguono la categoria dirigenziale». Si spera, piuttosto, che i contributi versati per la mobilità siano dirottati sulle politiche attive del lavoro.
Certamente una legge chiara, ben ponderata ed equilibrata che pone alcuni doverosi paletti su determinati aspetti che da tempo attendevano dettaglio come il computo numerico e l’esame congiunto, aprendosi, invece, su altri – criteri di scelta, misura dell’indennità risarcitoria – al dialogo tra parti sociali.
Sul piano concreto i manager possono dirsi soddisfatti: con la legge n. 161/2014 essi acquisiscono, a pieno titolo, il diritto all’informazione, consultazione e al confronto con l’Azienda in merito ad una procedura risolutiva che li riguarda direttamente, potendo apprendere dalla viva vox le ragioni sottese e dialogare circa possibili soluzioni alternative, anche in attesa di vedere se e come i decreti attuativi del Jobs Act andranno ad impattare sulla categoria per quanto riguarda, invece, il fronte dei licenziamenti individuali.
Valentina Picarelli
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@valepic86