Il 19 novembre 2013 l’Università degli Studi Roma Tre ha ospitato il seminario Apprendistato e Alta Formazione, cui hanno preso parte docenti universitari, ricercatori, dottorandi, esponenti di associazioni datoriali, professionisti impegnati nelle politiche attive per il lavoro.
I diversi interventi, aggiornati alle più recenti modifiche normative ed arricchiti da ulteriori contributi, sono stati raccolti nel volume a cura di Giuditta Alessandrini, professore ordinario di Pedagogia sociale e del lavoro, Apprendistato, competenze e prospettive di occupabilità.
L’opera, suddivisa in tre sezioni (Apprendistato tra education e mercato del lavoro; I punti di vista sull’apprendistato; Best practices) si distingue per l’adozione di una prospettiva scientifica interdisciplinare, giuridico-pedagogica, e per la volontà di coinvolgere, oltre agli studiosi, soggetti a vario titolo interessati nella concreta realizzazione di percorsi in alto apprendistato: l’intento è quello di contribuire a promuovere la valorizzazione di questo istituto, stimolando una riflessione sulla sua dimensione giuridica e formativa e sulle problematiche che ne hanno impedito, fino ad oggi, la diffusione nel nostro Paese, onde pervenire, per quanto possibile, alla formulazione di proposte di interventi migliorativi.
Grazie alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, condotta anche in chiave comparata, ed ai punti di vista offerti dai diversi saggi che compongono il volume, si pone l’attenzione sull’apprendistato c.d. di terzo livello e sulle enormi potenzialità, finora non sfruttate, di questo istituto, presentandosi esso, nel contempo, come: contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione ed all’occupazione dei giovani; percorso di apprendimento innovativo, svolto in alternanza, che consente ai giovani di età compresa fra i diciotto ed i ventinove anni di acquisire una professionalità ed un titolo di studio di livello secondario o terziario, oltre che di effettuare il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (per quanto riguarda il sotto-tipo “apprendistato di alta formazione”), ovvero di svolgere attività di ricerca ed acquisire la qualifica di ricercatore (per quanto riguarda il sotto-tipo “apprendistato di ricerca”), con la prospettiva di una stabilizzazione all’interno dell’impresa; strumento di placement, volto a favorire un incontro dinamico tra domanda ed offerta di lavoro attraverso l’integrazione/interazione fra il sistema educativo di istruzione e formazione ed il mercato del lavoro; occasione di dialogo virtuoso fra istituzioni formative ed imprese, con possibilità, per le prime, di attuare percorsi formativi coerenti con le esigenze espresse dal mercato del lavoro, e, per le seconde, di incidere direttamente sulla formazione degli apprendisti in base alle proprie necessità, fruendo di una serie di incentivi economici e normativi, così da potersi, poi, avvalere di personale altamente qualificato già inserito nel contesto aziendale; mezzo per ridurre la disoccupazione giovanile e per incrementare la competitività del sistema produttivo, stimolando in esso la propensione verso la qualità e l’innovazione.
Il dispiegamento delle suddette potenzialità, peraltro, non trova particolari ostacoli a livello normativo: la disciplina generale del contratto è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero ai CCNL; per garantire la massima flessibilità e adattabilità, il d.lgs. n. 167/2011 demanda la regolamentazione e la determinazione della durata del periodo di apprendistato alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici e professionali e altre istituzioni formative o di ricerca; in assenza di regolamentazioni regionali, peraltro, l’attivazione dell’apprendistato di alta formazione o ricerca è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai singoli datori di lavoro o dalle loro associazioni con le istituzioni formative o di ricerca interessate.
Nonostante tutto ciò, dalle statistiche riportate si osserva, in generale, come la politica legislativa di valorizzazione dell’apprendistato quale modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro sia ancora lontana dal realizzarsi, e, in particolare, come i contratti di apprendistato c.d. di terzo livello, stipulati annualmente, si riducano a qualche centinaio in tutto.
Nei contributi presenti nel volume non mancano proposte di modifiche normative (es. abbassamento dei limiti minimi di età, maggiore valorizzazione – in termini di riconoscimento di crediti formativi universitari – delle attività svolte in azienda, maggiore chiarezza sulla natura e sui contenuti formativi dell’apprendistato di ricerca, fino alla limitazione dell’applicabilità del contratto di apprendistato soltanto a determinati settori, per specifiche esigenze formative e fabbisogni professionali, ecc.); tuttavia, fermo restando l’auspicio di un maggiore attivismo di alcune Regioni e delle parti sociali, a beneficio della completezza del quadro regolatorio di riferimento, le principali riflessioni e proposte di intervento sono orientate verso l’accrescimento del sistema degli incentivi legati al contratto (anche per attenuare la “concorrenza sleale” del nuovo contratto a termine acausale e dell’uso distorto dei tirocini), il potenziamento dell’istruzione e formazione professionale superiore parallela a quella accademica (ITS ed IFTS) , nonché verso la necessità, per il sistema educativo italiano, di oltrepassare la soglia dell’autoreferenzialità, e, per il sistema produttivo, di investire nella formazione di risorse umane altamente qualificate, soprattutto con riferimento alle piccole e medie imprese, così da instaurare pratiche collaborative per la progettazione dei percorsi formativi e la condivisione dei relativi risultati.
È interessante osservare come, nei vari contributi, l’origine di quest’ultimo tipo di criticità venga ascritta principalmente alla persistenza di pregiudizi culturali tendenti ad affermare la separazione gerarchica e funzionale fra sapere teorico e sapere pratico, scuola/università e impresa, studio e lavoro; approfondendo la particolare fattispecie dell’apprendistato di ricerca, inoltre, si individua un ulteriore pregiudizio culturale, che assegna al mondo accademico il monopolio della ricerca, ostacolando nel nostro Paese la nascita di istituzioni di ricerca non universitarie, ma comunque capaci di svolgere la propria attività ad alto livello ed in stretta aderenza alle esigenze del sistema produttivo.
La critica di siffatte barriere culturali, la consapevolezza dell’urgenza di abbatterle costituisce il punto di intersezione fra le riflessioni di stampo giuridico e quelle di matrice pedagogica contenute nel volume: unanime è la visione olistica di un percorso formativo in apprendistato in cui lo studio ed il lavoro costituiscono momenti non già distinti e separati, bensì integrati ed interdipendenti, di pari dignità ed importanza ai fini della crescita della persona.
A tal proposito si segnalano una serie di approfondimenti che tendono ad esplorare la dimensione formativa dell’apprendistato, focalizzando l’attenzione sulla valenza educativa del lavoro, sul rapporto fra tutor ed apprendista, sul peculiare processo di apprendimento, rielaborazione critica, trasformazione e “ricontestualizzazione” dei saperi che esso consente di sviluppare.
La rassegna di alcune esperienze positive di attivazione di percorsi di alto apprendistato – Progetto FIXO Scuola & Università, finanziato dal Ministero del lavoro; Master in Industrial Automation che Comau, azienda parte del gruppo Fiat, organizza insieme al Politecnico di Torino con fondi regionali; Programma duale in alto apprendistato che la Libera Università di Bolzano sperimenta sin dal 2003 – testimonia come raccogliere la sfida di progettare tali percorsi, conciliando le esigenze delle istituzioni formative, quelle delle imprese e quelle dei giovani coinvolti richieda notevole impegno, ma generi buoni frutti: lo attestano le ricadute occupazionali delle suddette esperienze, in termini di percentuali di conferma a tempo indeterminato, e la soddisfazione di alcuni giovani intervistati, pur chiamati a confrontarsi con una serie di sacrifici che un percorso in alternanza comunque impone.
All’interno del volume, infine, sono sviluppate una serie di tematiche collegate all’apprendistato, ed alle politiche attive del lavoro in particolare. Facendo costante riferimento alle strategie europee per l’occupazione elaborate a partire dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000, alcuni saggi si soffermano infatti su: lifelong learning, competenze e certificazione delle stesse (sottolineando la crescente importanza riconosciuta alle competenze acquisite in contesti non formali ed informali, ed evidenziando le criticità proprie del d.lgs. n. 13/2013 emanato in materia); orientamento, che si configura, secondo una moderna concezione, come auto-orientamento, in un’ottica di maturazione e di responsabilizzazione individuale del soggetto; servizi per l’impiego (riportando l’esperienza di Porta Futuro, centro di orientamento e di servizi per il lavoro istituito dalla Provincia di Roma).
Viene così a completarsi la configurazione di un quadro composito di presidi utili per contrastare i crescenti fenomeni di disoccupazione ed inattività giovanile; tracciate le linee di tendenza, proposti gli interventi migliorativi, è auspicabile che la compiuta ed efficace attivazione di tali presidi contribuisca a rendere i giovani capaci di orientarsi in una realtà complessa, di sviluppare consapevolezza di sé, ed offra loro opportunità di crescita e di realizzazione del progetto di vita.
Feliciano Mostardi
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
* Recensione a Giuditta Alessandrini (a cura di), Apprendistato, competenze e prospettive di occupabilità, collana Quaderni di Pedagogia del Lavoro e delle Organizzazioni, Pensa MultiMedia ed., Lecce-Brescia, 2014, pp. 408.