Con l’inizio del 2015 parte il count down che porterà, il 1° gennaio 2017, all’abolizione dell’istituto della mobilità ordinaria, ma qual è l’attuale quadro normativo e quali ricadute avrà per aziende e lavoratori soprattutto in settori labour intensive che utilizzano questo strumento come “paracadute” in momenti di perdita di commesse importanti pubbliche e private?. L’iter formativo di questa legge è stato accompagnato da una grande enfasi che ha fatto crescere a dismisura le aspettative, quasi che si potesse miracolosamente arrivare a risolvere il problema della disoccupazione con questo nuovo modo di concepire alcuni ammortizzatori sociali.
Cosa succederà quindi? In sintesi:
la Mobilità Ordinaria Inps, è stata modificata con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità del 28 giugno 2012 n. 92 e successive modificazioni recanti “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, prevedendo un alternativo sistema di sostegno ai lavoratori che perdono involontariamente il posto di lavoro: l’indennità ASpI e della mini ASpI, Per tutto il periodo transitorio, quindi fino a tutto il 2016, la durata della mobilità non potrà superare l’anzianità di servizio del lavoratore in azienda mentre rimarranno invariati i requisiti oggettivi e soggettivi per i beneficiari.
Ricapitolando:
per i soggetti che andranno nelle liste di mobilità nel corso del 2015 che sono residenti nelle aree del centro nord la fruizione del trattamento sarà di 12 mesi per gli under 40 (qui resta invariata) per scendere a 18 ( prima erano 24) se i lavoratori hanno una età compresa tra i 40 ed i 49, ed a 24 (invece che 36) per gli over 50. Nel Mezzogiorno, ferme restando le fasce di età, l’indennità resta a 12 mesi per la prima categoria ma cala a 24 per la seconda (prima erano 36) ed a 36 per la terza (prima erano 48).
Età | Mobilità 2013/2014 mesi | Mobilità 2015 mesi | Mobilità 2016 mesi | Mobilità 1/0! 2017 |
Fino a 39 anni | 12 | 12 | 12 | 12 |
Da 40 a 49 | 24 | 18 | 12 | 12 |
Oltre 50 | 36 | 24 | 18 | 12/18 |
Notiamo subito che la nuova indennità ASpI riduce drasticamente la durata rispetto alla mobilità.
Ma quanto è stato utilizzato questo strumento negli ultimi anni?
Le domande di mobilità presentate negli anni 2012 e 2013 sono certamente cresciute passando da 156.487 domande nel 2012 a 217.597 nel 2013. Chi sono i lavoratori coinvolti? Uomini e donne in modo indistinto, senza particolari differenze di genere pur rimanendo un po’ più alto il numero degli uomini. Rispetto alle classi di età nei primi due trimestri del 2013 sono stati in numero maggiore i lavoratori compresi nelle classi di età maggiori di 40 anni, soprattutto lavoratori oltre 60, quelle che risentiranno maggiormente dei nuovi parametri.
Domande presentate negli anni 2011/2013 per le varie tipologie
(Fonte: Inps)
Mettendo i due strumenti a confronto Aspi/Naspi-Mobilità abbiamo che:
Con la nuova norma l’esonero del versamento dei contributi a carico del datore di lavoro ha un limite massimo di € 8.060 per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato (sono esclusi apprendisti, lavoratori domestici e il settore dell’agricoltura) decorrenti dal 1° gennaio 2015 e stipulati entro il 31 dicembre 2015 per un periodo massimo di 36 mesi.
Il datore di lavoro potrà usufruire di queste agevolazioni a patto che:
- il lavoratore che assume non deve essere stato occupato a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti,
- non deve avere avuto rapporti di lavoro con aziende dello stesso gruppo del datore che lo assume nei tre mesi antecedenti.
Oltre al tetto massimo degli 8.060 € c’è anche l’esclusione dello sgravio dei contributi Inail e il fatto che uno stesso lavoratore può essere assunto una sola volta con queste agevolazioni.
La legge 407/90 che ci apprestiamo a superare, prevede invece:
pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nella misura del 50% per un periodo di trentasei mesi per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati, sospesi o in Cig da almeno ventiquattro mesi. Per le assunzioni effettuate da imprese operanti nelle zone svantaggiate del Mezzogiorno o da imprese artigiane, lo sgravio raggiunge il 100% della contribuzione totale a carico del datore di lavoro e include i contributi da versare Inps e quelli Inail e la fruizione degli sgravi è ripetibile in capo allo lavoratore.
Dal confronto risulta che un datore di lavoro del Centro-Nord (che non sia un artigiano) godrà, con le nuove norme, di uno sgravio più conveniente dal punto di vista economico dal momento che va ad includere interamente i contributi Inps; se però si tiene conto del tetto massimo degli 8.060 €, emerge che la maggiore convenienza economica viene meno sia perché non tiene conto dell’aumento del tasso Inail i cui contributi non sono compresi, sia perché non tiene contro dell’aumento della retribuzione del lavoratore.
Da quanto appena detto scaturiscono alcune considerazioni.
La prima riguarda le procedure collettive ad oggi aperte per le quali non si ravvisano possibili soluzioni diverse dal licenziamento, immaginiamo che si farà in modo di chiudere gli iter entro il 31 dicembre con cessazione dei rapporti di lavoro in modo da usufruire del trattamento senza riduzioni.
La seconda considerazione riguarda invece i riflessi che la riduzione della durata della mobilità avrà sugli incentivi alla ricollocazione di questi lavoratori. Nel caso di assunzioni a tempo determinato non cambierà nulla, l’unica agevolazione sarà uno sgravio contributivo del 10% per 12 mesi, nel caso di assunzione a tempo indeterminato invece, alla contribuzione ridotta per 18 mesi si accompagna il 50% dell’indennità di mobilità non ancora corrisposta al lavoratore, quindi se il periodo di fruizione è ridotto (e lo sarà in modo importante per gli over 40 di ogni regione) ridotti saranno anche i vantaggi fiscali.
E ancora:
l’agevolazione prevista nella legge n. 190/2014 è un nuovo incentivo che non si sostituisce agli altri, ciò vuol dire che fino al 31 dicembre 2016 ci sarà una convivenza fra i diversi incentivi previsti in altre norme pertanto il datore di lavoro, nell’ambito del contratto a “tutele crescenti”, potrà decidere liberamente di usufruire dei diciotto mesi di contribuzione pari al 10% oltre al 50% dell’indennità di mobilità non ancora percepita dall’interessato oppure vedersi riconoscere l’agevolazione di 8.060 euro all’anno per tre anni.
In questo quadro i lavoratori non potranno che subire le decisioni dei datori di lavoro con prospettive future dall’esito e tutele diverse e i più svantaggiati saranno i lavoratori con più di 40 anni che, nell’attuale congiuntura economica, rischiano di ri-occuparsi in tempi che vanno ben oltre quelli previsti dalla nuova indennità Aspi (per lavoratori e datori di lavoro del Sud il cambiamento sarà certamente più sostanzioso).
L’augurio che possiamo farci è che vengano introdotti quanto prima strumenti a supporto della ricollocazione che si rivelino più efficaci di tutti quelli che fino ad ora sono rimasti sempre in stato embrionale non arrivando mai, né a livello nazionale, né territoriale, a rappresentare un vero caso di studio da considerare come il master su cui sperimentare e migliorare.
Elisabetta Favale
@Elisabettafaval