Il 20 maggio di del 1970 veniva alla luce uno dei documenti che più hanno segnato la dialettica sociale del nostro Paese, sia nella sua fase di gestazione, sia negli anni successivi: lo Statuto dei lavoratori.
Dibattiti che non si fermano ancora oggi se è vero che il nodo politico-mediatico del Jobs Act è stato senza ombra di dubbio proprio il superamento di un articolo della legge n. 300 del 1970, il famoso 18.
Un anniversario può essere visto sia come una celebrazione del passato, una contemplazione dell’esistente o un’apertura di finestre sul futuro. E osservando quanto il mondo del lavoro sia cambiato negli ultimi 45 anni non si può che optare per la terza prospettiva cercando di valutare l’attualità del testo nei suoi nodi principali per ipotizzare un suo rinnovamento. Il primo nodo è proprio nel prospettare la possibilità di tale rinnovamento: la posizione conservatrice tende ad individuare in questa azione la cancellazione dei risultati ottenuti in passato, un passo indietro che implica per forza cancellazione di diritti.
Al contrario si può invece mostrare come il rinnovamento non sia uno stratagemma per la decostruzione di un sistema, ma il tentativo di renderlo adatto ad un mondo che è cambiato. Se la forza e la modernità dello Statuto dei lavoratori stava nella lettura del mercato del lavoro degli anni ’60-70, è plausibile che la grande trasformazione avvenuta negli ultimi 40 anni ne abbia in qualche modo intaccato la lettura della contemporaneità rendendo necessari aggiornamenti.
Il nodo sta tutto qui: esiste una evoluzione dei diritti dei lavoratori o questi sono scritti sulla pietra e quindi immutabili? O ancora, un diritto è di per sé immutabile o acquista nuove sfaccettature a seconda della realtà socio-economica nella quale vede la sua applicazione?
La sfida affascinante che le nuove riforme lanciano, pur con tutti gli errori di visione e di applicazione, è quella di tentare di interpretare il cambiamento che ci circonda per provare a governarlo accompagnandolo.
Nel caso del mercato del lavoro sono molti i temi che chiamano un aggiornamento dello Statuto dei lavoratori per rimettere al centro la persona del lavoratore stesso in un periodo di grandi trasformazioni. Crediamo che il fulcro di queste sia la fine di un’epoca: quella del lavoratore subordinato come paradigma del rapporto tra capitale e lavoro. Orari fissi, luoghi di lavoro definiti, non proprietà dei mezzi di produzione sono caratteristiche sulle quali si regge tutta l’architettura dello Statuto dei lavoratori del 1970.
Oggi tanti trend mostrano come questi presupposti stiano venendo meno. In forza dello sviluppo tecnologico, che ci sta portando da un lato verso la nuova Industry 4.0 e dall’altro al modello della sharing economy sul fronte dei servizi, il lavoratore acquista sempre più responsabilità, che si accompagnano a libertà nella gestione della propria vita lavorativa. La connettività mobile consente un sostanziale possesso dei mezzi di produzione quando con uno smartphone o un tablet è possibile svolgere attività ordinarie e perfino governare una catena di produzione.
La rinnovata centralità del lavoratore che nasce da queste circostanze da un lato colpisce al cuore il modello del lavoro come posto sostituendolo al lavoro come percorso, dall’altro apre nuove sfide per i diritti dei lavoratori. Il diritto fondamentale al lavoro, e a un lavoro degno, coincide oggi con il diritto alla ricollocazione e alla riqualificazione. Se cambiano i tempi di permanenza all’interno di un impresa, accorciandosi, serve consentire ai lavoratori gli strumenti necessari a gestire i momenti di transizione tra un lavoro e l’altro.
Il cambiamento concettuale è quindi totale, il passaggio da job security a employment security, costruito intorno ad un sistema di politiche attive che siano mezzo per questa security, era impensabile negli anni in cui si scriveva lo Statuto dei lavoratori. Per questa ragione muoversi insieme verso nuove direzioni che ruotano intorno alla centralità della persona del lavoratore è la strada per mantenere vivo e utile un documento che ha ancora tanto da offrire al mercato del lavoro italiano e ai suoi membri.
Responsabile comunicazione e relazioni esterne di ADAPT
@francescoseghez
* Pubblicato anche in Formiche.net, 20 maggio 2015.