Dibattito ADAPT sul futuro del sindacato – Tutele per il lavoro? Non meno ma diverse

 

Implacabilmente, anche se con tempi più lunghi di ciò che si poteva prevedere, la crisi e il disagio economico del Paese, che si riflettono sulla quantità e qualità del lavoro, fanno emergere con forza il tema della rappresentanza, politica e non solo. Quindi anche quella dei cosiddetti corpi intermedi, non solo sociali (pensiamo alla debolezza della rappresentanza delle istituzioni locali e dello stesso volontariato organizzato).

 

Il Paese, dopo sei anni di crisi, chiede con forza e a volte con disperazione di cambiare. Un Paese unito da questa voglia di una nuova strada ma, spesso, diviso su sulla direzione da intraprendere. Prima vittima di questa spinta sono stati la politica e i partiti in particolare ma, a seguire anche altri soggetti rischiano di essere considerati, a torto o ragione, causa delle difficoltà del Paese. Ma, avendo il Sindacato, tra le altre, una funzione redistributiva della ricchezza prodotta la mancanza di “materia prima” (bassa crescita, in generale ed in molte imprese) può, inevitabilmente, far apparire residuale, inutile, secondaria o, peggio, dannosa, l’azione sindacale. Ed essendo la contrattazione (in azienda o in generale) lo strumento più concreto per svolgere questa funzione, di grande valore sociale, è evidente che, in assenza di innovazioni forti, se non si aggredisce la grande questione della crescita e della competitività delle imprese e del sistema le difficoltà della rappresentanza dei lavoratori tenderà ad aumentare. Nonostante che nel corso di questi anni in migliaia di casi le relazioni industriali, con varia intensità, hanno continuato a produrre fatti concreti, forse meno conosciuti e analizzati (con la lodevole eccezione di importanti osservatori come ADAPT).

 

A ciò si aggiunge un atteggiamento “ostile” della politica che non contrappone, cosa politicamente assolutamente legittima, una “altra” idea di relazioni industriali o di modello sindacale ma semplicemente sostiene ( e pratica ) la necessità, per il Paese e la nostra economia, di dimensionare o ridimensionare, la rappresentanza dei lavoratori e, quindi del Sindacato. L’idea che lo sviluppo sia più facile da perseguire senza “intermediazione” (e non mi riferisco alla concertazione ma alla contrattazione collettiva decentrata o nazionale) è evidente e concretamente sostenuta da molti atti. Ma il Sindacato non può e non deve rassegnarsi a questo solo con la seria e pur autorevole critica. Deve individuare nuove modalità d’azione, alzando il livello quantitativo della contrattazione (con maggiore decentramento di risorse anche umane) ma anche quello qualitativo. Migliore analisi della organizzazione del lavoro e della produzione, conoscenza dei piani di investimento delle imprese, prospettive professionali delle persone, ampliamento del welfare aziendale: questi alcuni temi sui quali accrescere l’attenzione della contrattazione anche per “diversificare” la capacità di difesa delle stesse persone per rafforzare le tutele anche fuori dal “quel” posto di lavoro. Con la finalità di contribuire alla crescita della ricchezza prodotta, condizione fondamentale per riavviare una razionale politica salariale (per la UIL è proprio il Pil il riferimento per gli aumenti delle retribuzioni).

 

Un lavoro ed una azione che non sempre paga (in termini di rappresentanza) nel breve termine ma questo non deve essere considerato, per forza, un difetto. Infine il tema, posto da Massagli sulla “ossessione” sindacale relativamente allo stare, costantemente, in un dibattito di alta politica economica. Critica corretta perché sottolinea il valore, profondo, del quotidiano lavoro, meno appariscente, che svolgono migliaia di quadri sindacali, nelle aziende e nei territori per tutelare le persone cercando soluzioni per piccoli e grandi problemi. Va però trovato un giusto equilibrio tra la necessità di valorizzare (come fa ADAPT con l’osservatorio sulla contrattazione ) queste esperienze e mantenere e consolidare un livello di rappresentanza generale su pochi e chiari temi che fortemente condizionano la qualità della cosa delle persone che lavorano: tasse (anche locali), formazione/istruzione, previdenza. Con la consapevolezza che non è sufficiente solo “chiedere e rivendicare” ma è necessario alzare il livello delle competenze e della scientificità anche su queste materie per essere autorevoli.

 

Guglielmo Loy

Segretario Confederale UIL

 

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Dibattito ADAPT sul futuro del sindacato – Tutele per il lavoro? Non meno ma diverse
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