Il bilanciamento tra le esigenze di coordinamento del Governo centrale e l’autonomia dei livelli territoriali in tema di servizi per l’impiego e politiche attive per il lavoro è stato oggetto del confronto tra diversi Paesi europei, tenutosi a Madrid nei giorni 5 e 6 ottobre nell’ambito del Mutual Learning Programme promosso dalla direzione generale Occupazione, affari sociali e inclusione della Commissione europea.
La Spagna ha presentato, ponendola al centro del dibattito tra gli esperti presenti, la sua nuova strategia di governo e implementazione delle politiche attive per il lavoro attraverso la quale ha cercato di bilanciare la funzione di indirizzo dello Stato e l’autonomia delle comunità autonome con gli obiettivi di modernizzare i servizi per l’impiego regionali e migliorarne le performance. Le azioni messe in campo per il raggiungimento di questi obiettivi consisto in un maggiore coordinamento e condivisione tra livello regionale e centrale con riferimento alle misure di attivazione dei lavoratori disoccupati e dell’implementazione delle politiche attive e nella valutazione delle performance dei servizi per l’impiego regionali attraverso la definizione condivisa di indicatori.
Non solo la Spagna, ma, come è noto, anche l’Italia è intervenuta in materia di politiche attive per il lavoro e servizi per l’impiego con il d.lgs. n. 150 del 2015. Differente è stato tuttavia l’approccio adottato dai due Paesi.
In Spagna, dove lo spirito autonomista delle Comunità autonome è fortemente radicato, il Governo centrale ha cercato strumenti che rafforzassero l’azione di coordinamento da parte del livello nazionale, unitamente alla condivisione con le Comunità autonome degli obiettivi da raggiungere. Sono, infatti, definiti annualmente attraverso il confronto tra il Governo centrale e le Comunità autonome gli obiettivi comuni in materia di politiche attive per il lavoro, oltre ad un catalogo comune di servizi minimi. Ai servizi per l’impiego regionali è lasciata la libertà di individuare gli strumenti migliori per il raggiungimento degli obiettivi comuni, in considerazione delle specificità territoriali. Sono, inoltre, stati condivisi tra servizio pubblico per l’impiego nazionale e servizi regionali protocolli e metodologie comuni, criteri minimi di qualità dell’erogazione dei servizi, oltre a indicatori per la valutazione delle performance dei servizi pubblici per l’impiego regionali.
Analogamente alla Spagna, anche in Italia (come previsto dal d.lgs. n. 150/2015), a seguito di intesa in Conferenza Stato-Regioni, devono essere stabiliti mediante decreto del Ministero del lavoro le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali delle azioni in materia di politiche attive per il lavoro, nonché i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere erogate su tutto il territorio nazionale dai servizi pubblici per l’impiego nei confronti dei lavoratori disoccupati. Tuttavia, l’approccio italiano risulta più centralista rispetto a quello spagnolo, poiché accanto alla definizione condivisa di indirizzi e obiettivi, l’Italia ha deciso di istituire l’Agenzia nazionale per le politiche attive per il lavoro con il ruolo di coordinamento della rete dei servizi per l’impiego distribuiti sul territorio nazionale, oltre alla definizione, tra l’altro, degli standard di servizio dell’erogazione delle misure di politica attiva del lavoro da parte dei centri per l’impiego e delle metodologie di profilazione degli utenti per la determinazione del profilo personale di occupabilità.
Dal confronto tra i Paesi presenti alla peer revew (Bulgaria, Croazia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Slovacchia e Regno Unito), sono risultati profili rilevanti per garantire buone performance dei servizi per l’impiego: la disseminazione di buone pratiche emerse in ambito nazionale, lo sviluppo di adeguati sistemi di monitoraggio e valutazione dell’erogazione di servizi e politiche, la condivisione delle informazioni relative ai lavoratori disoccupati e ai percettori di prestazioni sociali attraverso sistemi informatici unici che integrano tutte le informazioni disponibili della pubblica amministrazione, la collaborazione tra servizi pubblici e privati per l’impiego.
Più in generale, è emersa come effettiva esigenza comune, sia tra i paesi più decentrati sia tra quelli più centralizzati, quella di trovare un giusto bilanciamento nella definizione e implementazione delle politiche attive per il lavoro tra il livello nazionale e quello territoriale. Questo è confermato nella prassi. I Paesi con una competenza legislativa nazionale in materia di politiche attive per il lavoro (come per esempio Danimarca, Regno Unito, Germania) hanno mostrato la tendenza a introdurre elementi di flessibilità e autonomia organizzativa territoriale. Al contrario, gli Stati caratterizzati da competenze legislative decentrate (particolarmente Italia e Spagna) ricercano e stanno introducendo strumenti per garantire un maggiore coordinamento nazionale.
Sembra pertanto condivisa la necessità di un certo grado di autonomia e decentramento nell’attuazione delle politiche attive per il lavoro e nell’erogazione dei servizi per l’impiego. Non esiste, tuttavia, un modello unico, come peraltro un modello unico non può essere adeguato a tutte le realtà e tradizioni nazionali. Il decentramento in materia di politiche attive per il lavoro può essere realizzato attraverso due modelli principali: il decentramento organizzativo e il decentramento legislativo. Il decentramento organizzativo prevede che i servizi per l’impiego territoriali abbiano l’autonomia di individuare gli strumenti e le misure più adeguate a rispondere ai bisogni locali per il raggiungimento degli obiettivi comuni fissati a livello nazionale. Il decentramento legislativo comporta invece che le autorità locali abbiamo la competenza legislativa e dell’implementazione delle politiche attive per il lavoro.
Nel contesto italiano è stato sperimentato in passato, con il monopolio pubblico per l’impiego, un forte centralismo dei servizi pubblici per l’impiego (che tuttavia avevano funzioni ben diverse rispetto a quelle attuali). In seguito, con la loro riorganizzazione ad opera del d.lgs. n. 469 del 1997 e successivamente con le modifiche costituzionali del 2001, la governance delle politiche attive per il lavoro è stata alquanto decentrata. Nessuno dei due modelli e assetti istituzionali hanno garantito livelli buoni ed omogenei di performance dei servizi pubblici per l’impiego e un’implementazione efficace delle politiche attive per il lavoro. Ora, con l’approvazione del d.lgs. n. 150 del 2015, non solo l’approccio italiano è decisamente più centralista del passato, ma stiamo assistendo al passaggio ad un quadro istituzionale centralista, che sarà definitivamente sancito dalla approvazione della riforma costituzionale e dal nuovo articolo 117, che riporterà la competenza legislativa esclusiva in questa materia allo Stato.
La centralizzazione delle competenze legislative in materia di politiche attive del lavoro dovrà, tuttavia, essere necessariamente accompagnata da un decentramento organizzativo, ossia dalla concessione di un sufficiente livello di autonomia alle regioni e ai centri per l’impiego nell’implementazione delle politiche e nell’erogazione dei servizi per l’impiego, poiché soltanto attraverso questa flessibilità operativa nell’attuazione degli obiettivi comuni nazionali si possono tenere in adeguata considerazione le specificità dei mercati del lavoro locali e rispondere efficacemente alle relative esigenze. Tutto questo non sarà comunque sufficiente per garantire livelli soddisfacenti di servizi ed un’attuazione efficace delle politiche per il lavoro senza l’investimento di adeguati livelli di risorse economiche.
Direttore ADAPT
@SilviaSpattini