Il prossimo 24 marzo il Ministro del lavoro francese, Miriam El Khomri, presenterà al Consiglio dei Ministri il projet de loi Travail, che si inserisce nell’ampio programma di riforma del diritto del lavoro e di riscrittura del Code du travail, annunciato il 4 novembre 2015 dal Primo Ministro, Manuel Valls.
Tale documento è stato preceduto dalla pubblicazione del rapport Combrexelle, il quale ha affermato la necessità di rendere gli accordi collettivi, soprattutto d’azienda e di settore, la principale fonte di disciplina del rapporto di lavoro, lasciando alla legge un ruolo residuale e supplementare. Resta tuttavia inderogabile l’ordine pubblico e un nucleo essenziale di principi fondamentali del diritto del lavoro, la cui individuazione è stata affidata alla commissione guidata da Robert Badinter. Quest’ultima ha reso pubblico in data 25 gennaio 2016 il proprio rapporto, contenente l’elencazione di 61 principi essenziali di diritto del lavoro (di tale rapporto si è già parlato più dettagliatamente qui).
Le conclusioni contenute in questi due rapporti sono state riprese nel testo dell’avant-projet de loi, reso pubblico il 17 febbraio 2016. La divulgazione di tale documento è stata accompagnata da aspre critiche da parte tanto delle parti sociali e degli esperti della materia (tra tutti Antoine Lyon-Caen, professore emerito di diritto del lavoro all’université de Paris-Ouest Nanterre e partecipante ai lavori della commissione Badinter) quanto dell’opinione pubblica in generale, che ha reso noto il proprio malcontento attraverso le manifestazioni popolari che si sono tenute in tutto il Paese nei giorni in prossimità del 9 marzo 2016, ovvero della data in cui Miriam El Khomri avrebbe dovuto presentare il testo del projet de la loi Travail al Consiglio dei Ministri. Tale termine è stato posticipato al 24 marzo proprio per allungare i tempi di concertazione, arrivare ad un compromesso sugli aspetti più controversi ed infine giungere ad un accordo con le parti sociali sulla versione definitiva del disegno di legge.
Il testo dell’avant-projet, modificato a seguito delle critiche e delle proposte alternative delle parti sociali, è stato presentato a queste ultime e trasmesso al Conseil d’Etat il 14 marzo 2016. Tra le modifiche più rilevanti apportate alla versione originale vi è sicuramente l’eliminazione della previsione di un importo fisso (“barème”) da corrispondere al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato (quantificato in base all’età, all’anzianità e alla situazione professionale del lavoratore richiedente), al fine di uniformare a livello nazionale le pronunce dei conseils de prud’hommes. Il nuovo testo, infatti, riprende il “tariffario” indicativo già previsto dalla loi Macron, la quale era stata accantonata in previsione della nuova loi Travail.
Prima di analizzare la struttura di tale testo è necessario premettere che il progetto di riforma nasce dall’esigenza primaria di adattare la normativa vigente, contenuta nel Code du travail, ai profondi mutamenti che hanno attraversato il mondo del lavoro in generale. Basti pensare alla globalizzazione, alla crescente specializzazione dei ruoli professionali o al peso sempre più rilevante che la tecnologia occupa nel processo produttivo e nello svolgimento dell’attività lavorativa. Simili trasformazioni necessitano un intervento di vera e propria rifondazione del diritto del lavoro, non essendo sufficienti i molteplici interventi legislativi di parziale riforma che si sono succeduti negli ultimi anni.
Il cammino di riforma prospettato dal projet de loi Travail si struttura in tre direzioni.
La prima è quella che concerne il Code du travail: secondo quanto preconizzato dalla commissione Combrexelle, la nuova architettura del codice, il cui perfezionamento è previsto intorno al 2018, sarà composta da un preambolo contenente i principi individuati dal rapport Badinter e da tre parti costituite rispettivamente dalle regole inderogabili di ordine pubblico, dal campo rinviato alla negoziazione collettiva e dalle regole residuali applicabili in mancanza di accordi. In questo senso, il contratto collettivo aziendale diviene la fonte ordinaria di disciplina di alcuni aspetti più sensibili del rapporto di lavoro, quale ad esempio la durata dell’orario di lavoro.
L’altro profilo oggetto di radicale riforma sarà la negoziazione collettiva, al fine di renderla più efficace in considerazione del ruolo centrale affidatole dal projet. D’altronde attualmente le relazioni industriali non godono di particolare fiducia da parte tanto dei lavoratori quanto degli imprenditori, i quali ritengono che il dialogo sociale non sia la sede adeguata a raggiungere i compromessi più soddisfacenti. In tal senso, è previsto un cambiamento del criterio di determinazione della rappresentatività delle organizzazioni datoriali, che, secondo la normativa previgente (loi n. 2014-288 du 5 mars 2014), veniva calcolata attribuendo maggior peso al numero di imprese aderenti, mentre secondo il testo del projet de loi El Khomri sarà quantificata soprattutto sulla base del numero di lavoratori iscritti. Ciò ha suscitato le aspre critiche delle associazioni sindacali (come l’UPA e l’UNAPL, rispettivamente organisations patronales de l’artisanat e des professions libérales) che in applicazione del nuovo criterio di determinazione della rappresentatività saranno escluse dai tavoli di negoziazione con il Governo.
La riforma del diritto del lavoro francese riguarderà, infine, il CPA (compte personnel d’activité, traducibile in “conto personale di attività”), che dal 1° gennaio 2017 costituirà uno strumento efficace di protezione dei lavoratori, in quanto permetterà loro di costruire ed aggiornare il proprio percorso professionale e rappresenterà una bussola per orientarsi nei vari rapporti professionali che si susseguiranno nella loro carriera, considerata la flessibilità che caratterizza l’attuale mondo del lavoro (per un’analisi più completa si rinvia all’articolo “Un ‘conto personale di attività’ per il lavoratore del futuro: il caso francese”, pubblicato del Bollettino ADAPT del 25 gennaio 2016).
Il projet de loi Travail è strutturato in 7 titoli e dei primi 3 si è già parlato, in quanto concernono rispettivamente i principi essenziali elaborati dalla Commissione Badinter, le disposizioni in materia di contrattazione collettiva ed, infine, la stabilizzazione dei percorsi professionali attraverso la creazione del CPA.
Il quarto titolo è particolarmente rilevante in quanto riguarda le disposizioni per favorire l’impiego con contratto a tempo indeterminato (il cd. “CDI”), che dovrebbe essere il contratto di assunzione per eccellenza, ma che nella prassi è soppiantato da quello a tempo determinato (“CDD”), maggiormente preferito dai datori di lavoro, considerate la l’elasticità dell’organizzazione del lavoro, e le complessità legate alle procedure di licenziamento. Quest’ultimo aspetto, peraltro, è oggetto di modificazione da parte del projet, che stabilisce una nuova e, in teoria, più chiara definizione dei motivi economici che legittimano il licenziamento del lavoratore da parte di un’impresa in crisi o in difficoltà.
Infine gli ultimi tre titoli si occupano rispettivamente di medicina del lavoro, del rafforzamento della lotta alla concorrenza sleale e alla frode nel distaccamento dei lavoratori e dell’ispezione del lavoro in generale.
Si attende con interesse, dunque, la presentazione di tale documento, nella speranza che si realizzi effettivamente la rifondazione del diritto del lavoro contenuto nel Code du travail, e che quest’ultimo sia reso più intellegibile ed adattabile alla nuova morfologia del mondo del lavoro, così come si sono prefissati gli ideatori della riforma.
Giorgia Imperatori
ADAPT Junior Fellow
@GioImperatori