Salvate il soldato Voucher

Un fantasma si aggira minaccioso nei meandri del mercato del lavoro: il voucher. In un breve lasso di tempo questa forma di retribuzione del lavoro accessorio si è guadagnata un posto fisso di prima fila nella platea delle “bad pratices”.

 

Da quando il monitoraggio periodico dell’Inps (una pubblicazione che, con una buona dose di “politicamente corretto” si chiama “Osservatorio sul precariato”) ha rivelato che, nel primo trimestre del 2016, sono stati acquistati 31,5 milioni di titoli, mentre nello stesso periodo le assunzioni a tempo indeterminato hanno avuto una flessione, i sindacati (e i talk show sfasciacarrozze) non ci hanno messo molto a fare 2+2: diminuisce il lavoro stabile perché aumenta quello precario, consentito dall’estensione dei voucher.

 

Perché allora non ritornare all’antico, anche a costa di ritornare a quanto previsto dalla legge Biagi e al d.lgs. n.276/2033 ? In precedenza, infatti, il legislatore ne aveva limitato l’ambito di applicazione ai disoccupati di lunga durata, le casalinghe, agli studenti, ai pensionati, ai disabili, ai soggetti residenti in comunità di recupero, ai lavoratori extracomunitari disoccupati da almeno sei mesi. La legge n. 92/2012 ha abrogato tutti i vincoli di natura soggettiva e oggettiva all’applicazione dello strumento, fatto salvo quello di non poter cumulare una prestazione di lavoro accessorio con un rapporto di lavoro subordinato presso il medesimo datore di lavoro.

 

Nel Jobs Act, con il dl.gs. n. 81/2015, il Governo è intervenuto quindi su una normativa preesistente e consolidata, introducendo due novità. La prima è l’ulteriore incremento del limite annuo dei compensi, fissato in 7mila euro, mantenendo al contempo quello dei 2mila per le attività lavorative svolte a favore di ciascun committente. La seconda è l’introduzione del divieto del ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi. Si deve rammentare che nel settore agricolo è rimasta in vigore una disciplina speciale, anche dopo il Jobs Act.

 

In particolare, possono utilizzare liberamente tale tipologia contrattuale solo i piccoli imprenditori agricoli (con un volume di affari inferiore ai 7mila). Per le imprese più grandi, è ammesso solo il ricorso ai voucher per attività di carattere stagionale effettuate da pensionati e da studenti con meno di 25 anni di età. Il Governo ha di recente espresso l’intenzione di intervenire sulla materia, attraverso l’introduzione dell’obbligo di comunicazione preventiva da parte del datore di lavoro circa l’utilizzo del voucher.

 

 

Ma questo orientamento non soddisfa del tutto i sindacati i quali chiedono una limitazione dei settori in cui può essere applicato tale strumento. Prima di mettersi a sparare sulla Croce Rossa sarà opportuno fare il punto della situazione seguendo la traccia dei dati che, con qualche difficoltà e provvisorietà, si possono ricavare da indagini e studi che le istituzioni competenti stanno mettendo a punto (Ministero del Lavoro ed Inps) e dei quali siamo in condizione di avvalerci, citando doverosamente le fonti.

 

Voucher venduti e riscossi

Nel corso degli ultimi anni, il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio è sensibilmente cresciuto, passando dai poco meno di 10 milioni di voucher venduti nel 2010 agli oltre 115 milioni del 2015. Il maggiore impulso alla diffusione del lavoro accessorio è venuto certamente da quanto previsto nella L. n.92/2012, tenuto conto del fatto che dal 2013 in poi il numero di buoni venduti cresce a ritmi superiori al 65 % annuo. (tab.1)

 

  1. Voucher venduti, anni 2008-2015
Anno Voucher venduti Variazioni su anno precedente
Assolute %
2008 535.985                     –                –
2009 2.747.768 2.211.783 412,7
2010 9.699.503 6.951.735 253,0
2011 15.347.163 5.647.660 58,2
2012 23.813.978 8.466.815 55,2
2013 40.787.817 16.973.839 71,3
2014 69.181.075 28.393.258 69,6
2015 115.079.713 45.898.638 66,3
Fonte: INPS

 

Nel corso del 2015, oltre il 64 % dei voucher (74 milioni e 300 mila) sono stati venduti nel Nord Italia – tra Emilia Romagna, Lombardia e Veneto ne sono stati venduti oltre 50 milioni – i rimanenti 40 milioni pressoché equamente suddivisi tra le regioni del Centro e del Mezzogiorno. (tab.2)

 

 

 

2.Numero di voucher venduti nel 2015, distribuzione percentuale per area geografica.

 

rassegna

 

Per quanto attiene alla dinamica dei voucher venduti, questa appare ancora assai sostenuta nel Mezzogiorno (+ 78,8 %, seppur in lieve rallentamento già dal 2013), nel Nord-Ovest (+73,0 %, stabile rispetto allo scorso anno) e nel Centro (+ 72,6 %, in lieve rallentamento rispetto al 2014 ma più elevato del 2013). Nel Nord-Est, già dal 2014 i ritmi di crescita nella vendita dei voucher risultano decisamente in calo e più contenuti rispetto alle altre aree della penisola, con una crescita nel corso del 2015 che si attesta comunque al 53,1 % . (tab.3)

 

 

3.Numero di voucher venduti per area geografica, anni 2011- 2015

NORD-OVEST NORD-EST CENTRO SUD E ISOLE
V.a. Variaz. % V.a. Variaz. % V.a. Variaz. % V.a. Variaz. %
2011 4.334.511 62,2 6.727.875 55,4 2.727.448 53,3 1.557.329 69,4
2012 6.868.789 58,5 9.656.393 43,5 4.205.645 54,2 3.083.151 98,0
2013 11.621.245 69,2 16.345.253 69,3 6.779.518 61,2 6.041.801 96,0
2014 20.100.769 73,0 25.858.218 58,2 11.922.462 75,9 11.299.626 87,0
2015 34.704.949 72,7 39.595.331 53,1 20.574.867 72,6 20.204.566 78,8
Fonte: INPS

 

Nell’analizzare le riscossioni, occorre tenere presente che il dato può consolidarsi a distanza di tempo, non essendovi obbligo particolare per il prestatore di procedere all’immediato riscatto dell’importo dovuto.

Nel 2015, ad esempio, sono stati incassati 88 milioni di voucher su 115 milioni venduti. Nella somma delle otto annualità in cui la disciplina è stata in vigore, sono stati venduti 277 milioni di voucher e ne sono stati riscossi 238 milioni. Anche il dato sui prestatori per il 2015 può ritenersi soggetto a variazioni in eccesso, anche se in misura relativamente inferiore a quanto dovrebbe verificarsi per le riscossioni.

 

La dinamica generale è comunque quella di un progressivo allargamento della platea interessata – si è passati dai 366 mila prestatori del 2012 al milione e 380mila del 2015, a fronte di una sostanziale stabilità del numero medio di voucher ricevuti e, quindi, dell’importo medio cumulato dai lavoratori nel corso dell’anno. In particolare, nel corso del 2015 ciascun lavoratore ha guadagnato in media 478 euro a fronte delle sue prestazioni, in linea con i 471 euro del 2014.

Si tiene conto del fatto che, a fronte di un valore nominale di 10 euro del voucher, il prestatore ne riceve 7,5, sottratte le  ritenute contributive e le tasse di gestione.

In tal senso, l’estensione a 7mila euro del tetto massimo complessivamente cumulabile dai prestatori (a cui si accompagna quello di 2mila euro per prestazioni svolte presso il medesimo datore), prevista dal d.lgs. n. 81/2015, non sembra avere avuto impatto significativo sulle modalità di fruizione dello strumento. (tab.4)

 

 

  1. Numero prestatori, voucher riscossi e importo medio annuo, 2008-2015.
Anno Numero prestatori Voucher riscossi Voucher per prestatore Importo netto medio annuo per prestatore
2008 24.755 480.239 19,4 145
2009 68.396 2.649.329 38,7 291
2010 149.561 9.189.644 61,4 461
2011 216.214 14.871.674 68,8 516
2012 366.465 22.692.287 61,9 464
2013 617.615 36.337.978 58,8 441
2014 1.017.220 63.878.306 62,8 471
2015 1.380.030 87.981.801 63,8 478
Fonte: INPS

 

 

Nel complesso, i voucher sembrano effettivamente essere utilizzati per prestazioni di carattere meramente accessorio dalla maggior parte degli utilizzatori. Oltre il 70 % dei prestatori, infatti, ne ricava un reddito inferiore ai 500 euro, mentre appena il 3,6 % supera i 2000 euro complessivi. (tab.5)

 

 

 

  1. Prestatori per classi di importo, anno 2015 (valori assoluti e composizione percentuale)
Importo voucher nell’anno numero prestatori % prestatori
<100 445.750 32,3%
da 100 a 500 532.692 38,6%
da 500 a 1000 197.344 14,3%
da 1001 a 2000 154.563 11,2%
da 2001 a 3000 37.261 2,7%
da 3001 a 4000 8.280 0,6%
da 4001 a 5000 2.760 0,2%
oltre 5000 1.380 0,1%
TOTALE 1.380.030 100,0%
Fonte: Elaborazioni MLPS su dati INPS

 

 

Per quanto attiene alle caratteristiche della platea di beneficiari, circa il 43 % del bacino è composto da giovani under-30, mentre nell’8 % dei casi il lavoro accessorio ha interessato individui in età superiore ai 60 anni. (tab.6)

 

 

  1. Numero prestatori e voucher riscossi per classi di età.
Classi di età Numero prestatori
Valori assoluti %
Fino a 24 376.312 27,3
25-29 219.003 15,9
30-34 152.020 11,0
35-39 131.987 9,6
40-44 127.614 9,2
45-49 112.795 8,2
50-54 89.711 6,5
55-59 60.526 4,4
60 e oltre 110.062 8,0
Totale 1.380.030 100,0
Fonte: INPS

 

Si noti che l’età media dei prestatori nel corso del tempo è andata progressivamente calando, anche in ragione dell’estensione della platea dei beneficiari e, probabilmente, della contestuale restrizione imposta su tipologie concorrenti quali il lavoro intermittente: dai 59,8 anni del 2008 si è arrivati ad una età media dei prestatori di 36,1 anni nel 2014 e 35,9 nel 2015. (Fonte: INPS). Peraltro, guardando anche alla distribuzione per età dei voucher riscossi, si osserva che per i lavoratori più maturi è maggiore il numero medio di voucher riscossi nel corso dell’anno.

Dai circa 60 della classe di età 20-29 anni (per un importo medio di 450 euro netti), infatti, si giunge ad un picco di 78 voucher (pari a 585 euro netti)  per i prestatori in età compresa tra i 60 e i 64 anni. (tab.7)

 

 

  1. Numero prestatori, voucher riscossi e importo medio annuo, per classe di età e genere (anno 2015)
Classi di età Femmine Maschi Totale
Numero prestatori Voucher riscossi Media voucher Numero prestatori Voucher riscossi Media voucher Numero prestatori Voucher riscossi Media voucher
fino a 19 42.745 1.790.795 42 43.178 2.068.110 48 85.923 3.858.905 45
20-24 158.280 9.221.679 58 132.109 7.519.542 57 290.389 16.741.221 58
25-29 120.341 7.665.458 64 98.662 5.857.952 59 219.003 13.523.410 62
30-34 80.592 5.280.265 66 71.428 4.297.118 60 152.020 9.577.383 63
35-39 68.936 4.662.729 68 63.051 3.917.470 62 131.987 8.580.199 65
40-44 68.019 4.764.616 70 59.595 3.943.330 66 127.614 8.707.946 68
45-49 61.600 4.407.041 72 51.195 3.475.135 68 112.795 7.882.176 70
50-54 47.727 3.462.779 73 41.984 2.963.072 71 89.711 6.425.851 72
55-59 28.919 2.174.557 75 31.607 2.352.989 74 60.526 4.527.546 75
60-64 17.571 1.381.303 79 31.016 2.406.871 78 48.587 3.788.174 78
65-69 9.965 743.652 75 25.833 1.897.775 73 35.798 2.641.427 74
70 e oltre 5.704 398.712 70 19.973 1.328.851 67 25.677 1.727.563 67
Totale 710.399 45.953.586 65 669.631 42.028.215 63 1.380.030 87.981.801 64
Fonte:INPS

 

La disaggregazione per genere, infine, evidenzia come nel corso del tempo sia cresciuta la quota di donne sul totale dei prestatori, fino a divenire maggioritaria nel 2014.

 

Il dato al 2015 conferma tale tendenza, con la quota di donne che arriva al 51,5 % del totale (pari a 710.399 prestatrici) accompagnata anche da un numero medio di voucher riscossi (65, pari ad un importo medio di 485 euro) superiore a quello degli uomini (63, pari a 471 euro).

 

 

Brevi considerazioni conclusive

In sostanza, da quando le norme sono in vigore fino al primo trimestre dell’anno in corso sono stati venduti 300 milioni di voucher e quindi, attraverso questo bonus, sono stati erogati 3 miliardi di euro (di cui 750 milioni a copertura di oneri sociali e dei relativi costi).

Alla fine del 2015 ben 2,38 miliardi erano stati incassati (1,7 miliardi al netto). I prestatori retribuiti con i voucher, nel 2015, sono stati circa 1,4 milioni di cui più del 54% di età inferiore ai 35 anni. Le donne sono state in numero maggiore degli uomini, ma la differenza è modesta. L’importo annuo riscosso tramite questa forma di pagamento rimane, generalmente, all’interno dei limiti di legge previsti per il lavoro accessorio.

Tutto ciò premesso ci sarà certo qualcuno che si prenderà la briga di calcolare quante unità di lavoro a tempo pieno corrisponderebbero ai milioni di ore vendute e riscosse tramite voucher. A nostro avviso, però, la domanda vera da porsi sarebbe un’altra: quante di queste ore (con relativo ammontare retributivo) sarebbero restate nascoste nel “sommerso” se non si fosse individuato, per talune tipologie di lavoro riscontrabili in ogni settore, uno strumento flessibile come il voucher.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

Docente di Diritto del lavoro UniECampus

 

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