La sfiducia dei giovani ignorati

Il rischio è che la politica italiana disillusa dai risultati ottenuti in materia di occupazione decida di cambiare cavallo, di scommettere su un’altra constituency, magari elettoralmente più affidabile come sembra essere quella dei pensionati

Un’indagine condotta da Acli e Cisl su un campione di ventenni romani e presentata ieri ha destato più di qualche attenzione perché, in base a un inedito «indice di arrendevolezza» predisposto dai ricercatori, ci racconta che due terzi dei giovani pur di trovare un posto di lavoro sarebbe disposto a rinunciare alle sacre conquiste dei padri e delle madri. Ferie, copertura della malattia, indennità di maternità. È la prima volta che a livello di rappresentazione collettiva emerge un orientamento così remissivo, finora un certo tipo di comportamenti eravamo abituati a rintracciarli in scelte individuali e comunque isolate. È un dato, quello romano, che di conseguenza colpisce e di cui ci sarà tempo e modo di vagliare la reale profondità. Non dobbiamo però escludere a priori l’ipotesi più drastica, ovvero che mentre noi ci accapigliavamo sull’aderenza o meno delle norme del jobs act ai consolidati principi della cultura del welfare i nostri ragazzi, per paura, ci abbiano sconfessato e siano diventati «selvaggiamente liberisti», sulla loro pelle per di più. Battute a parte, anche i risultati che giungono da quest’ultima rilevazione di Acli-Cisl possono essere utili se ci spingono verso una doppia operazione. La prima è quella di intensificare il lavoro di ricognizione sulle tendenze giovanili, sul mutamento degli stili di vita e dei riferimenti culturali di una generazione «esclusa» per descrivere la quale siamo arrivati persino a usare – con il termine apartheid – il lessico del Sud Africa pre-Mandela.

Mi è capitato più volte di dire che il tratto saliente della disuguaglianza in Italia non si concretizza tanto in un’iniqua distribuzione del reddito quanto nel fossato che divide le generazioni come mai era successo in passato, ma di questa piccola verità il sindacalismo italiano fatica a prendere atto. La seconda è un’operazione che può apparire più tradizionale e che invita a non demordere nella ricerca delle policy destinate a combattere attivamente la disoccupazione. Purtroppo in Italia si è abituati ad accogliere i dati, sovente contraddittori dell’Istat o dell’Inps, con commenti da stadio più che dolersi o comunque interessarsi del merito…

 

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