Il 10% dei dipendenti in Italia ha uno stipendio più basso dei minimi contrattuali. Più basso di quanto? Del 20% in media. Questo ha verificato sul campo Andrea Garnero, economista Ocse, con uno studio il cui titolo è già una valutazione dell’efficacia dei contratti nazionali: «Il cane che non abbaia non morde». Come dire: tanto parlare e difendere i contratti nazionali (anche contro l’idea di un minimo salariale fissato per legge) per poi scoprire che in realtà questi minimi non vengono garantiti a tutti.
I penalizzati sul fronte delle retribuzioni hanno nomi e cognomi. Si tratta dei dipendenti delle piccole imprese, delle donne, dei lavoratori del Sud, dei dipendenti con contratti a termine di vario tipo. Va rilevato, poi, che non tutti i settori sono uguali. Quelli con la maggior quota di lavoratori pagati sotto i minimi sono l’agricoltura (31,6% dei dipendenti) e le professioni legate a cultura, arte e sport (30.9%) seguite da chi opera nell’alberghiero e nella ristorazione (20,7%), dall’immobiliare (15,5%). Quelle dove il divario è minore sono la pubblica amministrazione (4,15%), le telcomunicazione (7%), le costruzioni (7,4%) e i trasporti (7,9%)…
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