Presentiamo il III Rapporto ADAPT sulla contrattazione collettiva in Italia a 15 anni dalla pubblicazione sulla Rivista italiana di diritto del lavoro dell’ultimo articolo del professor Marco Biagi intitolato Cambiare le relazioni industriali. Considerazioni sul Rapporto del Gruppo di alto livello sulle relazioni industriali e il cambiamento nella UE.
Nelle pagine di quell’articolo Marco Biagi esortava gli studiosi e gli esperti del diritto delle relazioni industriali ad adottare l’approccio del benchmarking, promosso dalle istituzioni europee, al fine di «facilitare l’efficiente scambio di best practices derivanti da esperienze condotte a livello nazionale, locale e aziendale». La convinzione era quella che attraverso lo scambio di informazioni e di buone prassi, fosse «possibile aiutare le parti sociali a migliorare la qualità delle loro relazioni e a identificare regole appropriate per disciplinarle». Si trattava dunque di una indicazione metodologica funzionale al raggiungimento di un obiettivo molto chiaro: contribuire alla modernizzazione del diritto del lavoro e delle relazioni industriali.
Oramai da tre anni, i ricercatori, i dottorandi e i giovani della “fabbrica dei talenti” della Scuola di alta formazione di ADAPT si dedicano a questo esercizio di benchmarking con la stessa passione che animava l’elaborazione scientifica e l’azione progettuale del fondatore della nostra Scuola, facendo altresì tesoro della lezione di un altro maestro della nostra disciplina, Gino Giugni, sull’importanza dell’analisi del diritto vivente per leggere, anticipare e governare i profondi cambiamenti del sistema di relazioni industriali nel quadro più ampio e complesso della nuova “grande trasformazione del lavoro”.
Con questo spirito non abbiamo esitato a definire il rinnovo unitario del CCNL dell’industria metalmeccanica – il fatto più significativo della recente stagione contrattuale – non solo come originale esempio di vitalità e innovazione dell’autonomia collettiva e della rappresentanza di lavoro e imprese, ma come un deciso passo in avanti verso un moderno sistema di relazioni industriali funzionale a rilanciare il nostro Paese nella sfida della competizione globale, cogliendo le prospettive aperte dalla transizione verso Industria 4.0.
Fianco all’analisi di 24 CCNL, 22 accordi territoriali nel settore del turismo e 370 contratti aziendali, il Rapporto 2016 dedica un corposo approfondimento monografico a tre tematiche centrali nell’attuale dibattito politico-sindacale per la modernizzazione del mercato del lavoro: il ruolo della contrattazione collettiva nel contenimento delle disuguaglianze retributive (e sociali); la relazione tra l’assetto della contrattazione collettiva e la produttività del lavoro in Italia; la (mancata) regolazione nei contratti collettivi della figura del ricercatore nel settore privato.
Complessità e pluralismo emergono e si confermano dalla lettura d’insieme del materiale contrattuale come i tratti caratterizzanti del nostro sistema di relazioni industriali. Una varietà di modelli contrattuali che trovano nel settore e nel territorio i principali fattori di specializzazione non solo nei contenuti normativi, ma anche nelle procedure e nelle regole della contrattazione.
Il 2016 è stato un anno importante per la contrattazione nazionale per la rilevanza dei rinnovi contrattuali in diversi settori cruciali dell’economia e per alcune importanti novità nel metodo e nei contenuti degli accordi di rinnovo. Novità che se da un lato confermano le tradizionali strutture e dinamiche della contrattazione di categoria, per come definite nei principali accordi interconfederali, dall’altro mettono in luce non pochi segnali di erosione della capacità delle parti sociali nazionali di stabilire e far rispettare regole comuni, specie di carattere procedurale, applicabili a tutti i settori produttivi. E del resto anche gli accordi interconfederali sottoscritti al volgere dell’anno nel sistema Confcommercio e nel sistema Confartigianato – i quali delineano modelli contrattuali molto distanti ad esempio dal sistema ridefinito dall’accordo di rinnovo per l’industria metalmeccanica – sono indicativi di questa tendenza. Il 2017 confermerà o smentirà questo trend, dicendoci se il CCNL unitario dei metalmeccanici tornerà a svolgere quel ruolo di contratto apripista che in passato ha dettato il passo della contrattazione in molti settori della nostra economia. L’impressione al momento è che andremo incontro a una stagione contrattuale all’insegna di una marcata diversificazione settoriale.
Anche sul piano della contrattazione decentrata, si registrano alcuni pattern regolatori che caratterizzano le relazioni industriali nelle diverse province d’Italia, perfino della medesima regione. Nella realtà che si offre all’osservazione, clima, procedure ed esiti della contrattazione collettiva si presentano variabili da provincia a provincia, oltreché da settore a settore. Questa caratteristica del sistema di relazioni industriali incrocia un tratto fondamentale del nostro modello di capitalismo, che è l’eterogeneità territoriale. Nel libro Remaking the Italian Economy, Richard Locke suggerisce come le molteplici contraddizioni dell’economia italiana possano essere interpretate (e risolte) solo in chiave “particolaristica”, cioè come il frutto di un insieme di differenti network sociopolitici di ambito territoriale le cui diversità generano un mix di risorse e forze che modellano le scelte dei soggetti socio-economici che operano a livello locale: un reticolo di rapporti formali e informali, interconnessi in vario modo con le istituzioni centrali e con gli altri network territoriali, che nelle diverse province della penisola plasmano e caratterizzano le strategie e gli esiti d’azione delle associazioni di rappresentanza locali, tanto a livello individuale che collettivo.
È in ragione di questa caratteristica del nostro sistema di relazioni industriali che come ADAPT crediamo che un ruolo centrale debba essere svolto, nel prossimo futuro, dalla contrattazione di ambito territoriale. Il decentramento geografico della contrattazione consentirebbe alle associazioni di rappresentanza datoriali e sindacali di continuare a svolgere, in raccordo con le rispettive centrali confederali e con gli accordi intersettoriali da esse sottoscritti, un ruolo di garanzia dell’equità del modello contrattuale sia in relazione alle dinamiche competitive di agglomerazione tra imprese sul territorio, là dove produttività, conoscenza e valore vengono generati, che in relazione agli obiettivi di giustizia sociale del mercato del lavoro. È in questa prospettiva che, nella nuova geografia del lavoro, la contrattazione collettiva di ambito territoriale può candidarsi ad assumere un ruolo strategico per uno sviluppo economico che sia sostenibile e che possa accompagnare il Paese nel cuore della quarta rivoluzione industriale.
Coordinatore Scientifico di ADAPT
ADAPT Research fellow