Avviso ai naviganti: se pensiamo che il lavoro in Italia possa ancora passare dalla manifattura, fermiamoci e guardiamo i dati. L’occupazione nel manifatturiero non solo è in costante discesa da 30 anni, ma continuerà a farlo, come all’inizio del Novecento accadde con l’agricoltura. È qualcosa che accade in tutti i Paesi sviluppati, ma la differenza sta nelle strade seguite per rimpiazzare l’occupazione nel secondario. E l’Italia, a differenza di Stati Uniti e Germania, sta seguendo una strada sbagliata, costellata di illusioni. Una di queste è data dalla capacità di tenuta nel lungo periodo delle Pmi. Una seconda è il vedere con eccessiva speranza a settori come il turismo. L’unica strada è quella di investire sul capitale umano, per creare le condizioni che portino a uno di quei poli geografici che oggi stanno determinando la crescita di interi Paesi. Parola di Enrico Moretti, economista all’Università di Berkeley, autore del celeberrimo libro “La nuova geografia del lavoro” (Mondadori). Pluripremiato, pluricitato, accolto dal presidente degli Stati Uniti Obama per un colloquio di due ore, ha presentato i suoi ultimi lavori al Festival dell’Economia di Trento.
Parlando con Tito Boeri, direttore scientifico del festival, ha spiegato quanto siano diventate enormi le distanze tra le città americane che attraggono talenti, producono ricchezza e garantiscono salari alti ai lavoratori e quelle di segno completamente opposto. Non solo: il fossato si allarga e i poli opposti si possono trovare a poche ore di distanza l’una dall’altra. È il fenomeno della clusterizzazione: città che vedono il successo di una serie di aziende, le quali a loro volta fungono da calamita per tutte le altre nello stesso settore, come per Microsoft nel caso di Seattle…
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