Il welfare contrattuale si sta sempre più affermando come tema centrale di tutte le politiche di contrattazione, e sempre più lo sarà in futuro. Per questo sarebbe il caso, per i sindacati, di occuparsene seriamente. Non che fin qui Cgil, Cisl e Uil abbiano scherzato: ma sta di fatto che, per ora, le organizzazioni dei lavoratori si sono più che altro lasciate portare dalla corrente, e di fronte alle aziende che proponevano pacchetti welfare già pre-confezionati di varia natura (fin troppo varia, da quel che risulta), non hanno ancora avuto la capacità di avanzare le proprie controproposte. Rassegnandosi, in sostanza, a prendere quel che veniva loro offerto. Il problema e’ che quel che viene loro offerto, per l’appunto, e’ sostanzialmente salario dei lavoratori, sia pure erogato ‘’in natura’’; e dunque, occorre sapere con certezza quanto vale realmente, e che vantaggi porta, sia nell’immediato, sia in futuro.
Nel corso dell’ultima Assemblea nazionale della Cgil, per esempio, Susanna Camusso ha dedicato parte della sua relazione introduttiva proprio al welfare contrattuale, proponendo, tra l’altro, l’istituzione di una Authority specifica che regoli e controlli la materia, sul modello di quella che già esiste per i fondi pensione (Covip), in modo da avere alcune garanzie sulla qualità e la gestione dei vari sistemi di welfare che si andranno creando. Tanto più nel momento in cui, come e’ ormai chiaro, il welfare contrattuale si sta indirizzando con decisione verso la sanità integrativa. In questo senso si muove anche la discussione in corso tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sulle nuove relazioni industriali…
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