Finalmente l’agenda della politica mette i giovani al primo posto. Il secondo Paese più vecchio del mondo si guarda allo specchio e cerca il riscatto. Che non può non passare dal lavoro per le nuove generazioni.
L’Italia ha il triste primato europeo di percentuale di popolazione inattiva (35%) tra quanti abbiano tra 15 e 64 anni di età; ha la più alta quota di giovani che non studiano e non cercano lavoro (26,9% con il record al Sud con il 38,4%); ricopre la terza posizione in Europa quanto a disoccupazione giovanile (35,4% e 56% al Sud).
Questi numeri vengono da lontano, ma il Paese sembra prendere atto solo adesso delle sue devastanti contraddizioni generazionali.
Un dato tratteggia la situazione di diseguaglianza ormai cronicizzata: ogni anno lo Stato ripiana per circa 100 miliardi gli sbilanci del sistema previdenziale, mentre ai giovani avrà trasferito, a regime in un quinquennio, una ventina di miliardi come sgravio per le assunzioni. Motivo in più per riflettere su quanto sia anacronistica l’ennesima discussione sul tema dell’età pensionabile che invece infiamma la campagna elettorale permanente.
Lo squilibrio di attenzione è evidente ed è anche superiore allo sbilanciamento demografico, drammatica anomalia italiana. Squilibrio tra l’altro accentuato dal fatto che meno del 30% dei “veri” giovani è stato interessato dagli incentivi alle assunzioni che, per la stragrande maggioranza dei casi, sono finiti a disoccupati di mezza età…
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