Dei giovani si parla molto in estate. Perché le scuole sono chiuse, perché animano le feste in spiaggia, perché talvolta esagerano nell’euforia. Anche la politica li riscopre tra giugno e agosto, ben sapendo che sono un ottimo riempitivo degli spazi lasciati vuoti dalle cronache parlamentari. In particolare il loro (non) lavoro è un argomento di tradizionale trattazione festiva. Sono stati materia da ombrellone (perché approvati, appunto, in estate) molti dei recenti interventi di riforma del lavoro. Quest’anno in Gazzetta non è andato alcun provvedimento ufficiale, ma tante parole si sono comunque spese sul rilancio dell’occupazione giovanile mediante incentivi economici. Appunto “parole”, quantomeno per ora, rimbalzate più che altro tra gli addetti ai lavori, tra quelli che di certo hanno la soluzione giusta (che però non è mai l’ultima approvata, ma sempre la prossima…).
Anche il Meeting di Rimini quest’anno, coraggiosamente rischiando, dedica particolare attenzione all’argomento. Come può farlo evitando un’ininfluente partecipazione allo stanco e ripetitivo dibattito sulle soluzioni normative che andrebbero adottate per rilanciare l’occupazione giovanile? Primo: azzardando, con cognizione di causa, un giudizio che tenga conto dei tanti fattori in gioco in un problema così complesso come quello della disoccupazione giovanile. Serve a poco concentrarsi sulle politiche del lavoro senza conoscere i problemi della scuola. Allo stesso modo è inutile parlare di scuola senza farsi delle domande su cosa voglia davvero significhi essere occupabili. Infine, le caratteristiche dell’occupabilità non possono che essere studiate insieme a chi, alla fin fine, questi giovani deve assumerli, ovvero l’impresa…
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