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Definizione
Riduzione o eliminazione degli oneri fiscali che sarebbero normalmente dovuti dal contribuente. Sono impiegate dal legislatore per il perseguimento di vari scopi sia di natura strettamente fiscale che di politica economica generale.
In tema di welfare aziendale, consistono nell’introduzione di una eccezione al principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente mediante dallo stesso del valore di determinate categorie di beni, opere e servizi erogati dal datore nell’ambito dell’attuazione di c.d. politiche di welfare aziendale (nel rispetto delle condizioni previste dalla legge fiscale, anche se fruiti in sostituzione totale o parziale del premio di risultato), nonché nella deducibilità totale o parziale dei costi sostenuti dal datore di lavoro per l’attuazione di tali politiche
Di cosa parliamo
Le disposizioni di cui agli art. 51, come modificato dalle leggi di stabilità del 2016 e 2017, e 100 del TUIR costituiscono l’unica disciplina legislativa attualmente vigente in materia di welfare aziendale.
Sebbene si tratti di riferimenti normativi esigui dal punto di vista numerico, che non disciplinano sistematicamente la materia, la normativa fiscale ha inciso – e continua a farlo – sulle caratteristiche del welfare aziendale, sul suo sviluppo e sugli obiettivi perseguiti nell’attuazione in azienda di tali politiche.
L’ordinamento esclude dalla base imponibile per il calcolo del reddito da lavoro dipendente una serie di beni, opere e servizi erogati dal datore di lavoro in favore dei lavoratori, ritenendoli volti a soddisfare esigenze considerate meritevoli di tutela.
La condizione determinate per l’applicazione di questo regime fiscale agevolato era, nella maggior parte delle ipotesi, la natura volontaria di tali erogazioni da parte del datore di lavoro.
Tali agevolazioni fiscali venivano, quindi, implicitamente escluse nei casi in cui le politiche di welfare aziendale fossero di natura obbligatoria, anche adottate a seguito di un confronto con i lavoratori (o i loro rappresentanti) e formalizzate in un contratto aziendale o territoriale.
La legge di stabilità del 2016 – con le integrazione ad opera della legge di bilancio per il 2017 – recependo le istanze delle parti sociali, ha previsto espressamente la possibilità di applicare le agevolazioni anche alle misure di welfare di natura obbligatoria, dedotte in contratti collettivi aziendali o territoriali o in regolamenti aziendali e ha introdotto la possibilità di usufruire dei beni e servizi di welfare in sostituzione totale o parziale del premio di risultato, con la conseguente estensione dei benefici fiscali.
Analogamente, con specifico riferimento alla deducibilità dal reddito di impresa, nel caso di misure di welfare erogate volontariamente dal datore di lavoro la deducibilità rimane, come in precedenza, limitata al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, mentre se l’erogazione è stabilita da accordo collettivo o anche da regolamento aziendale, la deducibilità è piena (v. in questo numero, E. Massagli, S. Spattini, Cosa intendiamo quando parliamo di welfare aziendale? Un tentativo di mappatura concettuale di un concetto abusato).
La normativa fiscale rappresenta la sintesi di un complesso processo dialogico tra le istanze delle parti sociali e il legislatore. Dialogo che si innesta in un contesto socio economico caratterizzato da una profonda crisi economica – che ha impoverito le risorse di Stato, imprese e lavoratori- e dalla radicale trasformazione del lavoro contemporaneo, che ha determinato il sorgere di esigenze vitali e professionali che né gli strumenti di welfare pubblico né gli aumenti salariali sarebbero sufficienti a soddisfare adeguatamente.
La finalità perseguita dal legislatore fiscale è composita.
L’intento è quello di favorire la diffusione di strumenti e piani di welfare aziendale che possano rispondere a specifiche esigenze organizzative e vitali dei lavoratori. L’attuazione di queste misure consente di realizzare una riduzione dei costi del lavoro e del cuneo fiscale, agevolando sia il datore che il lavoratore.
In più, l’attuale struttura delle agevolazioni consente di beneficiare degli sgravi anche quando i piani di welfare siano frutto di negoziazioni, valorizzando in tal modo il ruolo delle relazioni industriali nei processi decisionali aziendali e nell’identificazione di soluzioni efficienti.
Alla luce delle dinamiche sintetizzate, non è eccessivo definire il sistema di agevolazioni fiscali attualmente in vigore come la sintesi delle forze motrici che animano il dibattito e l’evoluzione del welfare aziendale: politiche economiche e fiscali statali, emersione di nuove esigenze professionali, vitali e organizzative che impongono un rinnovamento della cultura della gestione delle risorse umane, centralità delle relazioni industriali nel processo di rinnovamento e di definizione delle strategie aziendali.
Tuttavia, il fatto che la normativa di riferimento in tema di welfare aziendale sia solo fiscale e quindi per sua natura poco organica e contingente, comporta difficoltà interpretative e di previsione dei costi nel lungo periodo che possono inficiare la stabilità delle misure di welfare nel tempo.
Inoltre, l’adozione degli strumenti di welfare non correttamente contestualizzati nella realtà specifica (aziendale e territoriale), al di fuori di una logica di innovazione complessiva della gestione delle risorse umane e ai soli fini di riduzione dei costi, non consente la piena esplicazione delle potenzialità delle misure.
Le agevolazioni fiscali nella contrattazione collettiva
Dall’analisi della contrattazione collettiva aziendale del 2016 (Terzo Rapporto contrattazione collettiva Adapt, 2016), non emerge un significativo incremento dei piani di welfare definiti tramite dinamiche negoziali (si registrano più frequentemente rimandi a piani o regolamenti unilateralmente determinati dal datore), mentre sono più diffusi meccanismi di conversione totale o parziale del premio di risultato.
Le tipologie di servizi erogati sono prevalentemente permessi e congedi per la conciliazione vita-lavoro e la contribuzione ai fondi di previdenza e assistenza sanitaria integrative, nonostante gli ultimi interventi legislativi intendessero valorizzare esigenze più moderne ed eterogenee.
Si segnalano, tuttavia, con riferimento alle piccole e medie imprese, dati che rivelano un incremento del tasso di iniziativa relativo all’adozione di misure di sostegno economico ai lavoratori (convenzioni, alloggi, rimborsi per abbonamento a mezzi pubblici) formazione, sostegno a soggetti deboli e all’integrazione sociale.
(Welfare Index PMI, Rapporto 2017)
Riferimenti normativi
– 51, 95 e 100, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR)
– 1, co, 184 – 190, Legge 25 dicembre 2015, n. 208
– 1, co. 160, 161, 162, Legge 11 dicembre 2016, n. 232
L’intrepretazione dell’Agenzia delle Entrate
– Agenzia delle Entrate, Circolare n. 28/E, 15 giugno 2016
Riferimenti bibliografici
Per una analisi critica approfondita della normativa fiscale in materia di welfare aziendale
– Squeglia, L’evoluzione del “nuovo” welfare aziendale tra valutazione oggettiva dei bisogni, regime fiscale incentivante e contribuzione previdenziale. ADL, Fasc. 1, 2017.
– Brenna – R. Munno, Il welfare aziendale: aspetti fiscali, in Treu T. (a cura di), Welfare aziendale 2.0. Nuovo welfare, vantaggi contributivi e fiscali, Milano, Ipsoa, 2016.
Per una ricostruzione dell’evoluzione storica della normativa fiscale incentivate
– E. Massagli, Le novità in materia di welfare aziendale in una prospettiva lavoristica, in M. Tiraboschi (a cura di), Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs Act, Giuffrè, Milano 2016.
– D. Grandi, Fringe benefits: normativa fiscale e orientamenti dell’Agenzia delle entrate, Adapt University Press, 2014.
Per una analisi empirica della contrattazione collettiva
– VV., La contrattazione collettiva in Italia, III Rapporto Adapt, Adapt University Press, 2016
– Welfare Index PMI, Rapporto 2017
ADAPT Junior Fellow