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Martedì 7 novembre, a Roma, ricorderemo la persona e il professionista Giorgio Usai; quel “sindacalista d’impresa” – come amava definirsi e definire chi ricopre ruoli di ogni livello nella rappresentanza datoriale – schietto, diretto, pragmatico ed al tempo stesso dotato di curiosità e visione verso le sfide del futuro.
Non è certo questa la sede per una commemorazione fine a sé stessa. In fondo, anche solo per ragioni anagrafiche, ho incontrato Giorgio Usai solo indirettamente: ascoltandolo nel suo ultimo intervento (fuori programma, inaspettato per i presenti e dunque estremamente sincero) alla nostra Scuola durante il XIII “Convegno Biagi”, e leggendolo in alcuni suoi appunti (vedili in M. Tiraboschi (a cura di), Giorgio Usai. In ricordo di un sindacalista d’impresa, ADAPT University Press, 2015).
L’occasione è invece propizia per una (breve) riflessione sul ruolo della rappresentanza datoriale nel nostro Paese. In effetti non si riscontra, nella letteratura scientifica di riferimento, un vivo interesse al tema, diversamente da quanto accade attorno ai temi della rappresentanza sindacale dei lavoratori; non si spiegherebbe altrimenti l’interesse riposto al tema addirittura in un percorso triennale di ricerca della nostra Scuola. Invero, è da segnalare un recente contributo di Bruno Caruso, che ha il pregio di sistematizzare, problematizzare e stimolare una seria riflessione sulle sfide che chi – come il sottoscritto, che da ormai un anno è coinvolto in un percorso di dottorato di ricerca trovandosi in internship presso l’Area Lavoro e Previdenza di Confindustria Bergamo – vive la rappresentanza datoriale oggi non può ignorare.
Pervasività delle nuove tecnologie, digitalizzazione ed automazione, nuovi ambienti di sviluppo di conoscenza e produttività, e molti altri sono i temi caldi emergenti in epoca di Industry4.0 e di sharing/on demand economy. Non si può poi non ricordare il processo di disintermediazione come anche la persistente moltiplicazione di contrati collettivi di settore e relativa diffusione di innumerevoli sistemi di relazioni industriali concorrenti. Nel contempo le strutture della rappresentanza, si sono attrezzate introducendo nuovi servizi per gli associati (internazionalizzazione, supporto alla riorganizzazione aziendale, supporto allo sviluppo di temi come ambiente ed energia, assistenza fiscale, innovazione, e tanti altri).
In questo senso possono soccorrere le parole di Giorgio Usai, senza tuttavia cadere nell’imperdonabile errore dell’attribuirgli opinioni su circostanze attuali, provando invece a rileggere il suo pensiero per trarne spunti utili nell’attuale.
Ci diceva, ad esempio, che rappresentanza datoriale significa «ricerca dell’interesse generale, la sintesi […]. Non già mediare interessi […], ma […] comporre interessi concorrenti verso interessi generali». E quanto è vero se pensiamo alla prospettiva che la Quarta rivoluzione industriale ci offre: catene globali di produzione del valore con l’erogazione di servizi che si innesta e coniuga alla tradizionale produzione manifatturiera.
Di più. Una associazione di rappresentanza datoriale deve «essere in grado di anticipare, prevenire e interpretare le esigenze dei soggetti rappresentati, individuando i campi di intervento e proponendo soluzioni. […] saper elaborare un’azione costruttiva, di proposta e di anticipazione». E dunque lo sviluppo di servizi, comunque complementari alle tipiche attività fondanti il sistema della rappresentanza, a supporto delle imprese per l’implementazione di nuovi processi produttivi che necessitano di investimenti in macchine ma anche in capitale umano.
Anche la più alta attività di rappresentanza, la negoziazione collettiva, può portare benefici in termini di innovazione e sviluppo. Si pensi ad esempio alla rilevanza delle pattuizioni in materia di formazione continua quale (“nuovo”) diritto soggettivo della persona-lavoratore affermato, tra l’altro, nell’ultimo rinnovo del CCNL per l’Industria metalmeccanica. Si tratta di un tema che già nel lontano 2010 lo stesso Usai proponeva in una intervista alla nostra Scuola, richiamando le parti sociali ed il Governo ad uno sforzo in tal senso, con riferimento a temi quali l’occupabilità e quelli che oggi chiamiamo “mercati transizionali del lavoro” e politiche di ricollocazione (L. Casano, La riforma del mercato del lavoro nel contesto della “nuova geografia del lavoro”, WP C.S.D.L.E. “Massimo d’Antona”, n. 338/2017), confluite nel noto avviso comune siglato tra Confindustria e la triplice. Anche su questo terreno dunque la rappresentanza datoriale può giocare un ruolo decisivo.
La difficoltà sta dunque nel ricercare il ragionevole equilibrio tra il giusto mantenimento dell’identità tipica della rappresentanza tout court – fatta di confronto (con le controparti ma anche con le istituzioni e più in generale gli altri stackeholders), partecipazione, contrattazione collettiva – ed un fiorire di servizi sui diversi temi di frontiera ma diversi dal codice genetico originario dell’associazione di rappresentanza, su cui peraltro le associazioni di rappresentanza trovano “concorrenti” (commerciali) certamente preparati a reagire alle sfide. Semmai si potranno ipotizzare iniziative per alcuni aspetti complementari a quelle sviluppate da questi attori del mercato. Solo in questi termini si potrà evitare il pericolo di un ingiustificato superamento proprio di quel (suo) essere “sindacalista d’impresa”.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo