Non si fanno mai i rinnovi contrattuali in campagna elettorale.
Per ovvi motivi, perché da un lato c’è una sorta di gioco di rimessa, nella speranza che, con qualche concessione, vi sia qualche voto in più per il partito di governo, e dall’altra, perché, appunto, si legittima l’idea che il tema della formazione delle giovani generazioni, cioè del presente e futuro di un Paese, non sia una priorità, ma solo un voto di scambio.
Eppure, sono dieci anni che si attendeva il rinnovo contrattuale, ma sapendo che anzitutto questo rinnovo avrebbe dovuto essere funzionale alla valorizzazione delle professionalità in relazione al valore, appunto, della formazione, quindi all’effettivo “servizio pubblico”.
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