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L’appalto (di opere o di servizi) è un contratto di risultato, mediante il quale una parte, che prende la denominazione di “appaltatore”, assume, con organizzazione di mezzi e con gestione a proprio rischio, l’obbligazione per l’altra parte, denominata “appaltante” o “committente”, di compiere un’opera o di prestare un servizio, verso un corrispettivo: tale definizione, ricavata dalla disciplina prevista dal Codice civile (artt. 1655-1677), deve integrarsi con il dettato normativo dell’art. 29 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
Nell’analizzare gli ambiti normativi ed operativi di un genuino contratto di appalto (di opere o di servizi) – anche con riferimento alla “tenuta” del contratto e alle tutele per i lavoratori nel contesto della solidarietà fra i soggetti interessati – va evidenziato come questa tipologia negoziale si caratterizza per essere attuata, sia nel momento genetico (stipula del contratto), sia nel momento funzionale (esecuzione del contratto), dall’appaltatore quale impegno concreto, in cambio di un corrispettivo predeterminato, a realizzare, nell’interesse esclusivo o comunque del tutto prevalente di un altro soggetto (il committente o altrimenti detto appaltante), a proprio rischio, un determinato risultato (l’opera o il servizio appunto), avvalendosi, in assoluta e piena autonomia, di una propria organizzazione imprenditoriale e di proprio personale dipendente (ma anche autonomo).
In una prospettiva di verifica dei possibili ambiti operativi della contrattazione collettiva di secondo livello, in specie territoriale, nella materia degli appalti, con particolare riguardo ai profili connessi alla solidarietà fra committente, appaltatore e subappaltatore, occorre tenere conto dei chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro con le Circolari n. 5 dell’11 febbraio 2011 e n. 2 del 16 febbraio 2012, ma anche delle modifiche introdotte dall’art. 2 del D.L. 17 marzo 2017, n. 25, convertito dalla legge 20 aprile 2017, n. 49.
Responsabilità solidale negli appalti
In materia di responsabilità solidale tra committente, appaltatore e subappaltatore, relativamente ai trattamenti retributivi ed ai contributi previdenziali da corrispondere ai lavoratori, rileva quanto previsto dall’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, dapprima modificato dall’art. 1, comma 911, della legge n. 296/2006 e dall’art. 21 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35, e ancora dal D.L. n. 76/2013, convertito dalla legge n. 99/2013, da ultimo ulteriormente emendato dall’art. 2 del D.L. n. 25/2017, convertito dalla legge n. 49/2017.
La norma prevede che in ipotesi di appalto di opere o di servizi, il committente è responsabile in solido con l’appaltatore, ma anche nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché a versare ai rispettivi Istituti ed Enti i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti per il periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Il termine di decadenza dall’azione posto in capo ai lavoratori creditori (dell’appaltatore o del subappaltatore) per proporre la relativa azione (nei confronti del committente) è di due anni (dalla cessazione dell’appalto o del subappalto).
La solidarietà del committente non è estesa soltanto ai lavoratori dell’appaltatore, ma anche a quelli che operano nell’appalto per ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori.
Sul punto, peraltro, il Ministero del Lavoro con Nota n. 7140 del 13 aprile 2012, ha chiarito che il termine di decadenza per l’esercizio della responsabilità solidale da parte dei dipendenti del subappaltatore decorre dal termine effettivo dei lavori del subappalto e non già dalla cessazione dell’appalto, mentre la Circolare n. 5/2011 aveva già segnalato che il limite temporale entro cui i lavoratori possono azionare i loro diritti retributivi nei confronti del committente, per farne valere la responsabilità solidale quali creditori delle somme dovute a titolo di trattamento retributivo, costituisce un termine di decadenza, come sancito anche dalla giurisprudenza (Trib. Milano, n. 4093 del 15 settembre 2011 e n. 4647 del 7 ottobre 2011).
Art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.
Solidarietà retributiva
La Circolare n. 5/2011 a proposito della nozione di «lavoratori», rispetto alle tutele riconosciute nei confronti dei responsabili in solido, ha chiarito che occorre considerare non soltanto i lavoratori subordinati, ma anche la generalità dei lavoratori impiegati nell’appalto a prescindere dalla tipologia contrattuale adottata, compresi i lavoratori irregolarmente occupati.
Con riferimento all’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, infatti, la Circolare ministeriale n. 5/2011 precisa che l’utilizzo da parte del Legislatore del concetto di «lavoratori» nel corpo della disposizione per indicare i «beneficiari delle tutele poste dal regime della responsabilità solidale», consente di sostenere legittimamente che la responsabilità solidale deve estendersi non solo ai lavoratori subordinati, ma anche alla generalità dei «soggetti impiegati nell’appalto con diverse tipologie contrattuali (ad es. collaboratori a progetto e associati in partecipazione)». Sul tema il Vademecum ministeriale del 22 aprile 2013 aveva ribadito ulteriormente «la norma utilizza la locuzione “lavoratori” senza distinguere tra le fattispecie di lavoro subordinato o autonomo. Sembrerebbe, pertanto, ragionevole interpretare la disposizione in senso garantista nei confronti di ciascuna tipologia di lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto».
L’interpretazione ministeriale ha trovato sostegno normativo nel D.L. n. 76/2013 (art. 9, comma 1) il quale ha definitivamente statuito (piuttosto laconicamente) che la responsabilità solidale lavoristica è estesa anche ai «lavoratori autonomi». Sul punto la successiva Circolare n. 35/2013 del Ministero del Lavoro ha chiarito che la norma deve intendersi limitata sostanzialmente ai collaboratori coordinati e continuativi (a progetto e non) impiegati nell’appalto e non anche ai «lavoratori autonomi che sono tenuti in via esclusiva all’assolvimento dei relativi oneri».
Sotto altro profilo lo stesso regime di responsabilità solidale deve operare per la tutela di tutti i lavoratori comunque impiegati nell’appalto o nel subappalto compresi, quindi, i lavoratori irregolarmente occupati (“in nero”). I trattamenti retributivi, i premi assicurativi e i contributi previdenziali sono riferiti al solo periodo di esecuzione del contratto di appalto, non potendosi estendere a periodi ulteriori e differenti, sebbene relativi al medesimo rapporto di lavoro, ma per nulla attinenti all’appalto o al subappalto.
L’art. 21 del D.L. n. 5/2012 ha ridefinito l’ambito di applicazione del regime di solidarietà ai fini retributivi, con riguardo alla possibilità per i lavoratori di far valere i propri crediti patrimoniali, maturati in costanza dello svolgimento dell’appalto o del subappalto, nei confronti del committente, rispetto al datore di lavoro (appaltatore o subappaltatore) che non ha adempiuto (Circolare MLPS n. 2/2012): la norma ha esteso espressamente l’obbligazione solidale alle quote del TFR, ampliando la portata operativa della locuzione «trattamenti retributivi» consentendo ai lavoratori di ricomprendere nel concetto oltre alla retribuzione diretta e indiretta, anche quella differita, con esplicito richiamo testuale alle «quote di trattamento di fine rapporto», peraltro richiamate a titolo meramente esemplificativo e ad includendum (“comprese”).
Sul punto la Circolare ministeriale n. 2/2012 osserva che la solidarietà sul profilo retributivo, in base all’attuale formulazione normativa, comprendendo anche le quote di trattamento di fine rapporto, elimina «ogni ipotesi interpretativa volta ad addebitare al responsabile in solido l’intero ammontare del TFR dovuto al lavoratore dell’appaltatore/subappaltatore che, durante il periodo di svolgimento dell’appalto, abbia maturato il diritto al trattamento».
Il committente che effettua il pagamento delle somme dovute ai lavoratori a titolo di retribuzione (nel senso oggettivamente estensivo) ovvero agli Istituti previdenziali (per i contributi e i premi dovuti e omessi) è legittimato ad esercitare l’azione di regresso nei confronti dell’obbligato principale, seguendo le regole generali fissate dall’art. 1299 cod. civ. che introduce questo specifico strumento giuridico finalizzato a ripristinare l’equilibrio nei rapporti interni fra i coobbligati.
Infine, l’art. 28, comma 2, del D.Lgs. n. 175 del 21 novembre 2014, modificando l’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, ha previsto che quando il committente provvede al pagamento è tenuto, nei casi previsti, ad assolvere gli obblighi propri del sostituto di imposta. In argomento la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 31/E del 30 dicembre 2014 ha specificato che l’obbligo di assolvere gli adempimenti del sostituto d’imposta, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ha natura confermativa di un principio di carattere generale in materia di sostituzione d’imposta.
Intervento della Riforma Fornero
Con l’art. 4, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 la disposizione era stata modificata per attribuire ai contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore la facoltà di «individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti». Veniva così introdotta, in via generale, la possibilità per la contrattazione collettiva di prevedere deroghe all’obbligazione solidale, mediante specifici metodi e peculiari procedimenti che possono essere attivati per controllare e verificare la regolarità degli appalti.
Sul punto il Vademecum adottato dal Ministero del Lavoro con Lettera circolare n. 7258 del 22 aprile 2013 aveva specificato che «l’esclusione della responsabilità solidale in forza della deroga operata da parte della contrattazione collettiva nazionale sembrerebbe poter afferire ai trattamenti retributivi e non invece alle obbligazioni previdenziali e assicurative di natura pubblicistica maturate nei confronti degli Istituti, intesi quali soggetti terzi rispetto agli accordi derogatori intercorsi tra le parti sociali».
Sull’argomento, il D.L. n. 76/2013, convertito dalla legge n. 99/2013, era poi intervenuto a chiarire espressamente e in modo definitivo che la contrattazione collettiva poteva incidere soltanto sulla responsabilità solidale retributiva, senza alcun effetto sui contributi previdenziali e assistenziali.
Correttivi 2017
L’art. 2 del D.L. n. 25/2017, convertito dalla legge n. 49/2017, ha abrogato del tutto la deroga espressa in precedenza riconosciuta ai contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti da associazioni comparativamente più rappresentative che pertanto non si vedono più attribuita in via esclusiva la facoltà di tracciare procedure e metodologie di verifica e di controllo della regolarità degli appalti al fine di esonerare il committente dalla responsabilità solidale o di limitarne le ricadute.
Lo stesso art. 2 del D.L. n. 25/2017, convertito dalla legge n. 49/2017, interviene anche sull’ultima parte del comma 2 dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 dove trovavano rilievo alcuni profili processuali specifici, con riferimento al giudizio già introdotto con apposito ricorso dai lavoratori dell’appaltatore o del subappaltatore.
L’art. 4, comma 31, della legge n. 92/2012 aveva introdotto la possibilità per il committente convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore e agli eventuali subappaltatori di eccepire il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori, sancendo che il committente doveva essere sempre convenuto in giudizio congiuntamente all’appaltatore (litisconsorzio necessario) e introducendo l’eccezione di preventiva escussione (beneficium excussionis) sia riguardo al patrimonio dell’appaltatore che a quello dei subappaltatori eventualmente rientranti nella filiera dell’appalto. Conseguentemente l’azione esecutiva da parte dei lavoratori poteva essere avviata nei confronti del committente soltanto dopo l’escussione infruttuosa del patrimonio dell’appaltatore e di quello degli eventuali subappaltatori.
Con la modifica introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 25/2017, convertito dalla legge n. 49/2017, invece, i lavoratori possono agire direttamente nei confronti del committente.
Solidarietà previdenziale
Con specifico riferimento all’obbligazione solidale contributiva, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, dell’appaltatore con il subappaltatore, la Circolare INPS n. 106 del 10 agosto 2012 chiarisce che il regime previsto per il committente obbligato in solido va esteso anche all’appaltatore chiamato in solidarietà per il debito previdenziale del subappaltatore verso i lavoratori impiegati nel subappalto, rinviando all’orientamento giurisprudenziale (Cass. civ., Sez. lav., 7 marzo 2008, n. 6208) che considera il contratto di subappalto come un appalto «che si caratterizza, rispetto al contratto-tipo, solo per essere un contratto derivato da altro contratto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto».
Una interpretazione che assicura senz’altro una migliore tutela ai lavoratori ausiliari del subappaltatore, «atta a preservarli dal rischio dell’inadempimento di questi».
La Circolare n. 5/2011 ha precisato che, «trattandosi di diritti relativi a oneri sia retributivi che previdenziali», la decadenza biennale introdotta dalla legge n. 296/2006 deve intendersi operante non soltanto con riferimento all’esercizio della azione da parte del lavoratore, ma anche da parte degli Istituti previdenziali, creditori delle somme dovute a titolo di contributi, per il relativo recupero dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti.
D’altro canto, per quanto attiene all’aspetto contributivo la Circolare n. 5/2011 evidenzia che il termine decadenziale di due anni si riferisce solo alla azione dell’Istituto previdenziale nei confronti del responsabile solidale, mentre deve ritenersi intatta «l’ordinaria prescrizione quinquennale prevista per il recupero contributivo nei confronti del datore di lavoro inadempiente (appaltatore o eventuale subappaltatore)».
Rileva un duplice chiarimento offerto dall’art. 21 del D.L. n. 5/2012 circa il valore di riferimento dell’obbligo di solidarietà ai fini previdenziali: da un lato la previsione – da valersi quasi come norma di interpretazione autentica – riguardo alla circostanza che l’obbligazione solidale si estende oltre che ai contributi previdenziali (INPS) anche ai premi assicurativi (INAIL); dall’altro lato la responsabilità solidale sancita dall’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, non si estende alle sanzioni civili, delle quali rimangono responsabili esclusivi l’appaltatore o l’eventuale subappaltatore. La Circolare n. 2/2012 evidenzia come il D.L. n. 5/2012 «esclude invece espressamente dall’ambito della responsabilità solidale qualsiasi obbligo per le sanzioni civili» delle quali deve rispondere soltanto il responsabile dell’inadempimento.
Sul piano della vigilanza la Circolare INPS n. 106/2012 detta apposite istruzioni operative per una «uniforme redazione del verbale unico di accertamento» stabilendo che qualora accerti la solidarietà nell’obbligazione contributiva l’ispettore deve «comunicare all’obbligato in solido il verbale di accertamento già notificato all’obbligato principale». Il verbale ispettivo deve essere «congruamente motivato» e contenere «l’esposizione dettagliata dei fatti presupposto dell’addebito», con specifico riferimento anche a: elenco dei lavoratori interessati, periodi di lavoro riferiti a ciascun lavoratore, riferimenti normativi da cui sorge l’obbligazione solidale. Secondo la Circolare INPS n. 106/2012, inoltre, il verbale ispettivo deve contenere i dati anagrafici, fiscali e contributivi relativi all’obbligato principale e agli obbligati solidali, mentre l’addebito contributivo deve «evidenziare, distintamente per ciascuno degli obbligati solidali, l’importo della contribuzione dovuta», nonché «delle somme aggiuntive» quando dovute secondo il regime normativo applicabile. L’Istituto chiarisce poi che la comunicazione del verbale di accertamento al committente o all’appaltatore obbligato in solido non determina l’iscrizione a bilancio di un’ulteriore partita di credito, per cui non deve essere attribuita all’obbligato solidale una apposita posizione contributiva (matricola).
Azione ex art. 1676 c.c. a disposizione dei lavoratori
Va osservato, inoltre, come in tema di responsabilità solidale rilevi quanto previsto dall’art. 1676 cod. civ., secondo cui «coloro che, alle dipendente dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servigio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda»; in effetti, la disposizione codicistica non pone «limiti di carattere temporale per l’azione per il riconoscimento delle retribuzioni dovute», ma introduce un limite tutt’affatto differente che la circolare ministeriale definisce «di carattere quantitativo», consistente nel debito residuo del committente verso l’appaltatore al momento in cui è proposta la domanda (Circolare MLPS n. 5/2011). L’azione diretta è pienamente distinta ed autonoma rispetto a quella che, eventualmente, venga simultaneamente proposta nei confronti dell’appaltatore datore di lavoro (Cass., 4 settembre 2000, n. 11607).
La Circolare ministeriale n. 5/2011 conclude chiarendo che «trascorso il termine di due anni dalla cessazione dell’appalto previsto dall’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003, resta in ogni caso possibile l’esercizio della azione diretta ex art. 1676 cod. civ. nei confronti del committente, azione che consente di conseguire la retribuzione entro il limite del debito che il committente ha verso l’appaltatore».
Si tratta, in effetti, di un’azione diretta sostitutoria, senza limiti temporali, riconosciuta dall’ordinamento a tutela dei lavoratori impiegati in un appalto. Peraltro solo dal momento della proposizione della domanda giudiziale di pagamento da parte dei dipendenti nei confronti del committente, quest’ultimo non può più pagare all’appaltatore, né a qualunque altro creditore (Cass., 27 settembre 2000, n. 12784).
La Risoluzione n. 481/E del 2008 dell’Agenzia delle Entrate ha sancito l’obbligo per il committente di assolvere gli adempimenti del sostituto d’imposta per i pagamenti effettuati ai dipendenti dell’appaltatore a seguito delle azioni proposte ai sensi dell’art. 1676 cod. civ.
Art. 1676 c.c.
Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.
Responsabilità solidale anche per la subfornitura
Da ultimo si tenga presente che con sentenza n. 254 del 6 dicembre 2017, la Corte Costituzionale ha imposto una lettura costituzionalmente orientata del comma 2 dell’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003, sancendo che la responsabilità solidale del committente per retribuzioni e contribuzioni si applica non soltanto in appalti e subappalti, ma anche nei confronti dei dipendenti delle aziende che operano in forza di un contratto di subfornitura di cui alla legge n. 192/1998.
Ruolo attuale della contrattazione collettiva
Alla luce dell’abrogazione operata dal D.L. n. 25/2017, convertito dalla legge n. 49/2017, come annotato sopra i contratti collettivi nazionali di lavoro non hanno più l’esclusiva legislativa di individuare procedure e metodi per verificare e controllare la regolarità degli appalti allo scopo di limitare in tutto o in parte la responsabilità solidale del committente tracciata dall’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003.
In effetti, l’intervento correttivo del 2017 pone in una condizione di piena operatività la disciplina dettata dall’art. 8 del d.l. n. 138/2011, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011.
In una prospettiva di concreta e più immediata possibilità di deroga al regime della solidarietà negli appalti rileva quanto già espressamente disciplinato nell’ordinamento giuslavoristico dall’art. 8, comma 2, lett. c), del D.L. n. 138/2011, così come convertito con modificazioni dalla legge n. 148/2011, che affida tale facoltà a specifiche intese, realizzate nei contratti collettivi di prossimità (sottoscritti a livello aziendale o territoriale).
Laddove, quindi, un contratto collettivo territoriale, provinciale o regionale, intenda intervenire nella disciplina della solidarietà degli appalti, dovrà limitarsi ad individuare, ai sensi dell’art. 8, comma 1, seconda parte, del D.L. n. 138/2011, almeno una delle finalità che devono essere necessariamente perseguite dai contratti collettivi di prossimità, che devono esser finalizzati specificamente a obiettivi di: maggiore occupazione, migliore qualità dei contratti di lavoro, adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, emersione del lavoro irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi aziendali e occupazionali, previsione di nuovi investimenti.
Essendo venuta meno la riserva di legge a favore dei soli contratti collettivi nazionali di lavoro, un contratto di prossimità correttamente finalizzato può dunque intervenire sul regime della solidarietà negli appalti in deroga alle previsioni normative o contrattuali collettive di livello nazionale, considerata la costituzionalità della norma riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza 4 ottobre 2012, n. 221, che espressamente ha evidenziato come il tema della solidarietà negli appalti appartenga alla materia dell’ordinamento civile.
In questa prospettiva un contratto collettivo territoriale di prossimità può limitare o addirittura escludere del tutto, a determinate condizioni o a fronte di specifici presupposti informativi o documentali, la solidarietà retributiva del committente nei riguardi dei dipendenti dell’appaltatore e dei subappaltatori.
Ipotesi di lavoro per una contrattazione territoriale di filiera
In considerazione di quanto sopra una buona e consapevole contrattazione collettiva di secondo livello (territoriale) di prossimità può affrontare il tema della responsabilità solidale, alla luce di come lo stesso risulta attualmente operante all’interno delle singole filiere contrattuali di settore.
L’argomento dovrà essere posto al centro con l’obiettivo di valutare l’opportunità di disciplinare un modello che consenta alle imprese di operare legittimamente nella filiera soltanto se rispettano una serie di standards minimi di tutela e di garanzia per i lavoratori impiegati nell’appalto o nel subappalto, anche in termini di affidamento.
In questa prospettiva, ad esempio, gli standards potrebbero essere identificati come:
a) la verifica del corretto adempimento degli oneri contributi e assicurativi;
b) il controllo del rispetto della contrattazione collettiva nazionale e di secondo livello comparativamente più rappresentativa, sul piano normativo e retributivo;
c) la verifica del rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, compreso il controllo sull’effettivo espletamento della formazione dei lavoratori prevista dal d.lgs. n. 81/2018;
d) il controllo dell’occupazione del 60% dei lavoratori impiegati nell’appalto o nel subappalto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
A fronte della ricorrenza di tali standards da effettuarsi mediante l’acquisizione della relativa documentazione che evidenzia gli adempimenti occupazionali, retributivi e previdenziali dell’appaltatore (ad es. UniEmens; DURC; LUL; Comunicazioni obbligatorie), la contrattazione collettiva di secondo livello potrà prevedere:
– la limitazione temporale a un anno anziché a due anni del vincolo di solidarietà in capo al committente di cui all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003;
– l’esclusione della stessa responsabilità solidale nell’appalto, con riferimento sia all’art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003 che all’art. 1676 c.c.;
– la limitazione della responsabilità solidale che rimane soltanto nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore e non del subappaltatore.
D’altra parte, a maggior tutela dei lavoratori impiegati nell’appalto e di una migliore qualità generale della filiera, si potrà prevedere:
* l’esclusione dalla filiera dell’appalto o del subappalto delle imprese che operano in monocommittenza,
* l’identificazione di alcuni indici per comprendere se il rapporto negoziale tra le imprese della singola filiera avviene in condizioni di dipendenza economica e in questo senso strutturare un apposito test periodico di verifica (rispetto a precisi parametri predeterminati: sul fatturato, sul bilancio);
* l’esclusione del subappalto o inserire nel contratto di appalto una clausola di espresso gradimento con clausola risolutiva dello stesso in caso di ricorso a subappaltatori non in linea con gli standards concordati.
Potranno poi evidenziarsi clausole fidejussorie o vincoli assicurativi a rinforzare l’affidabilità dell’appaltatore o del subappaltatore.
La verifica della sussistenza degli standards individuati andrà prevista contestualmente all’inizio dell’attività in appalto o in subappalto e periodicamente nel corso dello svolgimento della medesima da parte della impresa posta al livello immediatamente superiore della filiera (il committente per l’appaltatore e l’appaltatore per il subappaltatore).
Giuliano Ceneri
Responsabile Area Legislazione Lavoro CNA Umbria
ADAPT Professional Fellow
Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro
Dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (*)
(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.