Il vuoto. L’assenza di contenuti. Le polemiche costruite sul nulla. Nostalgie. Scontri dal sapore antico che rimandano ad epoche passate. Sguardi rivolti all’indietro. E, soprattutto, nessuna idea di futuro. Si sta per chiudere una campagna elettorale surreale, giocata a chi la spara più grossa nella vana speranza di convincere gli elettori incerti e soprattutto disillusi.
Le manifestazioni antifasciste accompagnate da un diluvio di editoriali, post e tweet confermano l’essenza di un Paese disorientato, diviso sulle ferite di un passato che non riesce a storicizzare, forse anche perché privo di una visione del proprio futuro. Non c’è un leader o un partito che in queste settimane si sia preoccupato di proporre una narrazione che prospettasse un’idea dell’Italia. Del suo sviluppo sociale ed economico. Non servono grandi analisi per capire che in questo terreno arido l’unica pianta che può germogliare è quella del populismo, della demagogia e dell’antipolitica. La causa della rassegnazione di molti elettori sta proprio nell’assenza di una prospettiva chiara e credibile.
Di una narrazione, appunto. Che magari parta dalla valorizzazione dei fattori che permettono al sistema-paese di competere nel mondo, nonostante tutto…
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