Primo maggio: la promessa si rinnova

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La promessa di tutti i decisori istituzionali e sociali per la festa del primo maggio dovrebbe essere “fare lavoro”. Troppi giovani, troppi adulti, troppe donne, troppi disabili sono esclusi per lunghi periodi dalla possibilità di provvedere ai bisogni propri e del proprio nucleo familiare attraverso un reddito da lavoro, di realizzare il proprio potenziale e la propria attitudine relazionale attraverso una sostenibile attività lavorativa. Può sembrare un impegno scontato ma non lo è affatto. Circolano almeno due atteggiamenti che non favoriscono la creazione di lavoro. Quello di coloro che diffidano dello sviluppo in quanto fonte potenziale di inquinamento, corruzione, evasione, minaccia alla privacy, violazione di diritti ed altro ancora. E quello di coloro che ritengono inevitabile e razionale uno sviluppo concentrato sui poli efficienti del sistema riservando agli esclusi un pur adeguato sostegno al reddito affinché consumino e non disturbino i più fortunati. Fare lavoro significa invece adottare quale priorità tutto ciò che incoraggia pervasivamente la propensione ad intraprendere e ad assumere sfruttando ogni nicchia dell’economia e della società. Occorre però in primo luogo una cultura vitale. Può esservi vitalità economica senza il riconoscimento del valore della vita? Si può essere vitali se prevalgono nichilismo, scetticismo, antropologia negativa? La stessa vitalità demografica, così necessaria per la crescita, non dipende tanto dalle provvidenze pubbliche (che non guastano) quanto soprattutto da elementi culturali. Su una solida base valoriale possiamo edificare una comunità della piena occupazione nel tempo delle tecnologie che potenzialmente capacitano la persona nella sua integralità. Il modo di governarle non può essere lo stesso del novecento industriale. Il lavoro dignitoso presuppone un pavimento di poche ma fondamentali tutele per tutti fissate da leggi inderogabili. Per il resto solo il duttile strumento contrattuale può garantire la condivisione delle conoscenze nell’ambito di ecosistemi formativi accessibili. E la remunerazione deve crescere flessibilmente con la professionalità e con i risultati. L’ossessione egualitaria diventa nemica del lavoro. More jobs inducono better jobs. Non viceversa.

 

Maurizio Sacconi
Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
@MaurizioSacconi

 

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Primo maggio: la promessa si rinnova
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