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L’Associazione Amici di Marco Biagi ha recentemente presentato al ministro Giulia Bongiorno e a circa duecento rappresentanti della dirigenza pubblica e delle magistrature contabili ed amministrative un Rapporto sullo stato delle Amministrazioni Pubbliche in Italia a venticinque anni dal d.lgs. 29/93 che ha costituito il primo e fondamentale atto di una intensa, e non lineare, stagione riformatrice dello Stato nel momento del passaggio dalla prima alla seconda fase della nostra vita repubblicana.
Molti degli autori, a partire dal sottoscritto, hanno preso parte alla stesura anche di quel lontano provvedimento ed ora, pur segnalando la delusione per le molte incompiutezze registrate nel tempo trascorso, hanno concorso ad un documento ottimista sulla possibilità di realizzare finalmente uno Stato leggero e autorevole nel quale valga la pena lavorare per il bene di tutti. Le speranze sono state riposte nelle nuove tecnologie capacitanti e nella adozione sistemica, finalmente, della contabilità economica-patrimoniale analitica per centri di costo ora imposta dalla Commissione Europea. Le due leve dovrebbero consentire la reingegnerizzazione delle funzioni pubbliche e la produzione di un circolo virtuoso fondato sulla quantificazione degli obiettivi indicati dagli atti di indirizzo politico, sulla assegnazione di budget certi ai dirigenti, sulla riorganizzazione del lavoro pubblico per risultati, su controlli successivi di tipo sostanziale. Ne dovrebbero ancora conseguire l’emersione tanto auspicata del “buon datore di lavoro” attraverso una dirigenza responsabilizzata, relazioni di lavoro profondamente rinnovate, la possibilità di valutare il contributo dei singoli e dei gruppi con una struttura meritocratica della retribuzione.
Il Rapporto conferma quindi la separazione tra politica e amministrazione, la rivalutazione dell’autonomia dirigenziale in base al conseguimento degli obiettivi assegnati, la “privatizzazione” dei rapporti di lavoro con l’eccezione delle cosiddette amministrazioni d’ordine. Si ipotizza un unico contratto nazionale per tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni cui assegnare il compito di stabilire i fondamentali diritti e doveri e di avviare, come per gli altri lavoratori, l’accesso a prestazioni sociali complementari in materia di previdenza, sanità e long term care. Il trattamento retributivo dovrebbe invece trovare definizione nella negoziazione decentrata che, sostenuta dalla contabilità economica, potrebbe consentire di condividere le trasformazioni organizzative indotte dalle tecnologie e le relative economie. Ovviamente acquistano ancor più rilevanza gli investimenti educativi e formativi dei civil servant. Si segnala l’esigenza di una preparazione non più solo giuridica ma trasversalmente integrata con conoscenze inerenti le tecnologie e le scienze economiche e aziendali.
Così come per le competenze soft, anche nella dimensione pubblica, dovrebbe venire meno la richiesta di una “attitudine al comando” di tipo gerarchico perché sostituita da esigenze di leadership di gruppi di lavoro orizzontali in funzione di obiettivi da conseguire. Nella stessa educazione di base è oggi necessario disegnare contenuti pedagogici che accompagnino tutti ad acquisire il senso dello Stato e con esso quel complesso di doveri che nella pratica quotidiana sono sommersi dall’enfasi esasperata dei diritti fino al punto di includervi i meri desideri. Non si tratta di percorsi di apprendimento retorici o noiosi perché la conoscenza di tutto ciò che sostiene la nostra civile convivenza e il senso di appartenenza ad una comunità nazionale può al contrario risultare così interessante da indurre in molti giovani il desiderio di ambire con autentica motivazione, e non solo per aspirazione al “posto fisso”, a diventare orgogliosi servitori dello Stato.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi