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L’amministrazione Trump ha dato avvio nel giugno 2017 a un piano di promozione dell’apprendistato, raddoppiando i fondi ad esso destinati. Nel novembre 2017 è stata anche istituita una Task Force on Apprenticeship Expansion, con l’obiettivo di individuare e diffondere i punti di forza dell’apprendistato e i benefici che porta a lavoratori e imprese. Con una recente dichiarazione, il Presidente americano ha proclamato la “Apprenticeship week”, che si è svolta dal 12 al 18 novembre di quest’anno. Parallelamente all’azione amministrativa, sono nati dei network tra imprese, sistemi formativi, università (come l’ “Apprenticeship forward”) finalizzati alla promozione dell’apprendistato come principale canale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, nonché per la crescita della competitività delle aziende americane. Negli Stati Uniti è quindi in atto un imponente e capillare piano di diffusione dell’apprendistato, coordinato dal governo federale e sostenuto dalle aziende private.
Sono molte ed eterogenee Le qualità dell’apprendistato censite dalla Task Force. È un efficace strumento di placement, in grado di avvicinare i giovani al mercato del lavoro. Inoltre aiuta a colmare, almeno parzialmente, lo skill gap generato dalla diffusione dell’innovazione e della digitalizzazione dei sistemi produttivi: le imprese individuano le competenze di cui necessitano e formano di conseguenza gli apprendisti. Lo stesso Trump, nella dichiarazione ricordata, ha riconosciuto nell’apprendistato il principale strumento per rispondere ai molti fabbisogni professionali insoddisfatti delle aziende americane.
Il messaggio merita di essere evidenziato poiché non è scontato: questo sistema work and learn non ha mai avuto successo negli Stati Uniti, nonostante gli sforzi di diverse amministrazioni. Gli apprendisti sono lo 0,2 % del totale dei lavoratori, contro l’1,7% dell’Italia e il 3,7 della Germania (dati 2015). Greg Ferenstein, ricercatore americano, in un recente articolo ha provato a spiegare il perché di una così scarsa diffusione, nonostante le opportunità. L’esperto ha spiegato che la high school americana non è pensata per preparare i giovani al mondo del lavoro, ma al college e all’università. I percorsi d’istruzione professionale e gli apprendistati sono visti come una soluzione di ripiego per chi non è in grado di completare il percorso ordinario, ovvero quello accademico.
L’istruzione americana è quindi finalizzata a formare i leader del futuro: dirigenti d’azienda, avvocati, businessman. In questo senso, non pare differenziarsi dai principali modelli europei, in primis quello italiano. Anche negli USA è un canale di formazione che ha come obiettivo l’eccellenza e l’ottenimento di un determinato status sociale. I figli della middle class devono fare il college e poi l’università. Non a caso, i corsi tecnici e professionali sono spesso frequentati da minoranze etniche come quella afroamericana e quella ispanica. L’apprendistato negli Stati Uniti non ha successo perché, da una parte, è visto dalla middle class come un percorso formativo destinato a classi sociali meno abbienti, che non permette di accedere a carriere di prestigio; dall’altra sono gli stessi sindacati, associazioni di datori di lavoro e università che vogliono mantenere questa dicotomia, anche a livello del valore legale delle certificazioni ottenute: l’accademia deve aprire tutte le porte, l’apprendistato no.
Trump ha voluto non solo incentivare economicamente l’apprendistato ma anche scardinare i pregiudizi che ancora lo impregnano. Ha intuito che è necessario un vero e proprio cambio di paradigma culturale affinché l’istruzione tecnica e professionale sia vista non come una mera soluzione di ripiego per le minoranze svantaggiate, ma come un percorso d’apprendimento che porta a carriere professionali solide e ben retribuite. Reti tra privati come l’Apprenticeship forward possono risultare fondamentali nella promozione e nella diffusione di questa nuova cultura, mostrando a lavoratori e imprese come attraverso l’apprendistato sia possibile accrescere la produttività e la competitività, arricchendo l’azienda di nuove professionalità. Non resta che aspettare gli esiti di un così vasto programma di promozione: chissà mai che nel tempo non emergano soluzioni replicabili anche in Europa e in Italia, dove il mondo della scuola e dell’università sono afflitti dallo stesso malanno ideologico.
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
Università degli Studi di Bergamo
Presidente ADAPT
*pubblicato anche su Il Sole 24 Ore, 28 novembre 2018