Bollettino ADAPT 15 luglio 2019, n. 27
Nell’arco di pochi giorni una pluralità di fonti ha riproposto il tema, manifestamente prioritario, della fragilità delle giovani generazioni italiane e della loro, diffusa, esclusione sociale attuale o potenziale. Eurostat ha confrontato gli esiti occupazionali dei neolaureati europei consegnandoci un dato mortificante per l’Università italiana. Le prove dell’Invalsi hanno confermato le debolezze cognitive dei nostri giovani, con particolare riferimento alla matematica, vero e proprio paradigma dell’attitudine alla fatica, e al nostro Mezzogiorno. La periodica rilevazione Istat segnala un mercato del lavoro in leggera ripresa, complice forse l’economia turistica, ma continuano a restarne esclusi i più giovani. L’amministratore delegato di Fincantieri ha parlato in una intervista di cinque, seimila tecnici, carpentieri, saldatori che la sua società dovrà assumere ma che faticherà a reperire nel nostro mercato del lavoro.
Contemporaneamente l’istituto di statistica ha certificato il nostro declino demografico. Per tutte queste ragioni siamo una società senza futuro se non riusciamo ad invertire drasticamente la caduta della natalità e ad investire nel nostro sistema educativo. Chi non ha idee o non vuole affrontare le fatiche della discontinuità culturale è portato a ritenere che le soluzioni consistano essenzialmente nella destinazione di denaro pubblico. Più soldi per incentivare la procreazione, più soldi per formare e pagare gli insegnanti. E non vi è dubbio che una diversa allocazione delle risorse del bilancio pubblico sarà necessaria. Ma utile solo se preceduta o accompagnata da una forte operazione politico-culturale. Nessuna nazione può ritrovare l’equilibrio demografico, come insegna il caso francese, solo con gli incentivi.
Le famiglie numerose meritano certamente una forte detassazione così come sono indispensabili i servizi di cura dei minori. Ma senza la riscoperta del senso della vita e la difesa dei suoi principi tradizionali non ritroveremo la propensione a costruire famiglie e a procreare. Così come il nostro sistema educativo deve essere ricondotto dai vizi corporativi e autoreferenziali alla centralità della persona, di ciascuna persona, di tutte le persone. Rinnovamento dei contenuti e metodi pedagogici, pluralità della offerta “pubblica” e dei percorsi educativi, effettivi poteri gerarchici della dirigenza, autonomia ancorché coordinata delle istituzioni scolastiche e universitarie, integrazione tra queste e le imprese del territorio, assunzioni in base ai fabbisogni educativi, privilegio della continuità didattica rispetto alle supplenze brevi, valutazione dei singoli docenti e degli istituti, componenti premiali del salario in relazione al merito e alla piena disponibilità intra moenia, superamento del valore legale del titolo di studio sono gli elementi necessari dell’antidoto. Se ne parla da tempo ma poi tutto si è sempre risolto nelle stabilizzazioni di massa a prescindere. Perché il breve periodo è sempre prevalso sul futuro.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi