Sindacato e misurazione della rappresentanza

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Bollettino ADAPT 21 ottobre 2019, n. 37

 

Il 19 settembre scorso è stata sottoscritta da Inps, INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) e maggiori Confederazioni sindacali e Confindustria una nuova convenzione, di attuazione del Testo Unico rappresentanza del 10 gennaio 2014, volta a stabilire la rappresentatività delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori.

 

Nel Testo Unico del 2014 gli enti preposti alla raccolta dei dati erano stati individuati nell’Inps e nel Cnel. Mentre la convenzione con Inps per la raccolta del dato associativo (numero di iscritti) era stata stipulata il 16 marzo 2015, più controversa si era dimostrata la raccolta del dato elettorale (voti ottenuti alle elezioni delle Rsu), stante la proposta di modifica costituzionale, che prevedeva, tra l’altro, l’abolizione del Cnel. Con uno specifico Accordo, del 4 luglio 2017, di modifica del Testo Unico del 2014, le parti firmatarie avevano deciso di affidare all’Inps anche il compito di raccolta del dato elettorale e della sua ponderazione, con un forte coinvolgimento nelle operazioni di reperimento dati degli Ispettori territoriali del lavoro.

 

Nel luglio 2018 il Ministero del lavoro della nuova compagine governativa (giallo-verde) non aveva dato mandato al Presidente dell’Inps per il rinnovo della convenzione, nel frattempo scaduta, provocando così un’interruzione del processo di certificazione in atto.

Dopo uno stallo durato più di un anno, a seguito dell’ulteriore avvicendamento di Governo, si è finalmente dato seguito alla convenzione.

Si affida all’Inps non solo il compito di raccogliere, attraverso i modelli Uniemens, le deleghe sindacali, ma anche quello di reperire, attraverso gli ITL (Ispettorati Territoriali del Lavoro), i verbali delle elezioni delle Rsu.

Sarà invece, secondo quanto previsto dall’Accordo del 4 luglio 2017, affidata ad un Comitato di Gestione, composto dalle Organizzazioni sindacali che raggiungano un determinato livello di rappresentanza e presieduto dal Ministero del lavoro, la facoltà di certificare i dati al fine di stabilire la percentuale di rappresentatività delle Organizzazioni di Categoria rispetto ai CCNL che intendono firmare.

 

La nuova convenzione rappresenta una tappa importante per la costruzione di un sistema di relazioni industriali più solido e strutturato.

Ciò nondimeno persistono alcuni aspetti problematici da considerare.

 

In primo luogo l’obbligo per le imprese di comunicare all’Inps il dato relativo al numero dei lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali non è assistito da apposita sanzione in caso di violazione; ciò rischia di falsare tutto il meccanismo di misurazione della rappresentanza.

È inoltre da sottolineare il forte impegno organizzativo richiesto ad Inps e soprattutto agli Ispettorati territoriali del lavoro, in merito alla raccolta dei risultati delle elezioni delle Rsu, con relativa comunicazione ad ogni Organizzazione sindacale interessata, nel rispetto di stringenti cadenze temporali.

Peraltro, quello di Confindustria, è solo il primo, seppur significativo ambito, per il quale si dà seguito alla misurazione della rappresentanza sindacale (un’analoga convenzione è stata sottoscritta con Confapi il 27 settembre 2019, in attuazione dell’Accordo interconfederale sulla rappresentanza, del 26 luglio 2016). In altri Accordi si sono presi a riferimento ulteriori indicatori, oltre a quello associativo ed elettorale, più rispondenti alle caratteristiche del settore, quali ad esempio il numero di vertenze individuali, plurime e collettive di lavoro e le pratiche di disoccupazione (cfr. Accordo Interconfederale Confcommercio-Imprese per l’Italia, del 26 novembre 2015), nonché criteri desumibili dal sistema della bilateralità (cfr. Accordo per il settore Artigiano, del 23 novembre 2016), senza peraltro fornire alcuna specificazione in merito alla ponderazione di tali indicatori.

 

D’altro lato anche se la convenzione in esame concerne la misurazione della rappresentanza sindacale, dalla sua piena attuazione possono derivarne informazioni utili anche per l’accertamento della rappresentanza datoriale, quanto a numero di imprese che applicano CCNL riferibili all’area di rappresentanza di Confindustria, nonché a numero di lavoratori occupati presso le stesse. E’ da osservare che tali criteri, accanto a quello della diffusione territoriale, sono contemplati in proposte di legge sulla rappresentanza, al fine di accertare la rappresentatività delle associazioni datoriali (cfr., tra gli altri, d.d.l. A.C. 788).

La prospettiva di un intervento legislativo sulla rappresentanza sindacale riemerge ciclicamente negli ultimi anni e non è un caso che figuri tra i punti del programma di Governo in materia di lavoro (al punto 4, lett. c), si prevede infatti di “approvare una legge sulla rappresentanza sindacale, sulla base di indici rigorosi”).

A nostro avviso la strada da perseguire è quella del riconoscimento dei criteri di rappresentatività previsti dagli accordi interconfederali, rafforzando la vincolatività dei contratti sottoscritti dalle associazioni sindacali più rappresentative.

In tale prospettiva specifico rilievo assume l’esatta ricognizione dei perimetri settoriali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria nonché l’individuazione del contratto leader o prevalente nell’ambito di una determinata area settoriale (il cd. “Patto per la fabbrica”, sottoscritto tra Confindustria e Cgil, Cisl,Uil, il 28 febbraio 2018, affida al Cnel il compito di favorire tale percorso).

 

Anche in un ordinamento come il nostro, basato sul principio di libertà sindacale, di cui all’art. 39, comma 1, Cost., la definizione del perimetro settoriale, da prendere a riferimento per la contrattazione collettiva nazionale di categoria, non può essere arbitraria e del tutto sganciata dall’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore. Pur in un contesto di trasformazione del settore manifatturiero e di crescente terziarizzazione dell’economia non si ritiene pertanto superata la portata dell’art. 2070 del codice civile, che richiama la “categoria professionale” quale riferimento ai fini dell’applicazione dei contratti collettivi. Sono dunque da sanzionare comportamenti, specie di soggetti privi di adeguato livello di rappresentatività, volti a violare o a forzare gli ambiti di applicazione dei contratti collettivi nazionali di categoria oltre il limite settoriale di riferimento.

 

Il Ccnl rappresenta sempre un punto di equilibrio tra interessi contrapposti volto a regolare condizioni di lavoro specifiche, che differiscono da settore a settore.

Una volta delimitato “il campo di gioco” si dovrà valutare “il peso dei diversi giocatori”, cioè dei soggetti che nell’ambito del perimetro settoriale siano firmatari di Ccnl applicati ai lavoratori del settore, per accertarne sulla base di criteri oggettivi l’effettiva rappresentatività.

La convenzione in esame mira appunto ad accertare la rappresentatività delle diverse associazioni sindacali ai fini della contrattazione collettiva. E’ da osservare, d’altro lato, che la stessa applicazione contrattuale diventa indice di rappresentatività dei soggetti stipulanti.

 

Ferma restando la possibilità di una pluralità di contratti che insistono sulla stessa area settoriale sarà dunque solo il Ccnl sottoscritto dalle associazioni sindacali più rappresentative quello da prendere a riferimento ai fini del calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali, ai fini dei benefici normativi e contributivi, nonché a tutti gli altri fini posti dall’ordinamento, compresi i rinvii posti dal legislatore nei confronti della contrattazione collettiva.

Ciò risulterà particolarmente significativo per orientare l’attività ispettiva, che sul punto, nel periodo più recente, non ha seguito un indirizzo sempre lineare (cfr. circolare INL n. 9, del 10 settembre 2019, di precisazione della circolare n. 7/2019).

 

Marco Lai

Responsabile area giuslavoristica Centro Studi Nazionale Cisl Firenze

 

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