Nei confronti del lavoro agile si continua a registrare incredibilmente una forte resistenza, tanto nell’ambito privato, quanto, soprattutto, in quello pubblico, nel quale l’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020 ha stabilito che questa modalità organizzativa del lavoro sia quella “ordinaria”.
Sfugge a molti datori pubblici e, si registra, in particolare ai sindaci di molti comuni non sufficientemente orientati al rispetto della norma dall’apparato amministrativo (nonostante sia questo a risponderne, visto che esercita i poteri datoriali) che l’articolo 81, comma 1, citato:
a) dispone automaticamente con forza di legge tutti i dipendenti pubblici in lavoro agile;
b) di conseguenza, disporre in lavoro agile i dipendenti non è una scelta discrezionale, lasciata al libero apprezzamento dell’ente e subordinata ad una “istanza” del dipendente; è un obbligo, di carattere duplice: come azione necessitata per la tutela della salute pubblica e del lavoratore; come azione organizzativa obbligatoria;
c) il datore pubblico può solo individuare quelle attività che siano caratterizzate dalla necessità di essere rese in presenza, per altro con l’onere di motivare tale scelta; oppure, specificare quali dipendenti non possano essere disposti in lavoro agile, né adibiti ad attività da rendere in presenza, per i quali scattino le misure previste dal comma 3, sempre dell’articolo 87 del d.l. 18/2020…
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