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Bollettino ADAPT 22 febbraio 2021, n. 7
Il contratto collettivo nazionale di lavoro, espressione dell’autonomia privata, non è efficace erga omnes, vincolando principalmente le parti sociali collettive stipulanti e di conseguenza i datori di lavoro iscritti alle associazioni datoriali stipulanti il CCNL e i lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali che abbiano sottoscritto il contratto o vi abbiano comunque aderito. Allo stesso tempo, sono le parti sociali a delimitare il campo di applicazione del contratto collettivo, nonché la sua efficacia temporale.
Tuttavia, è necessario sottolineare i molteplici tentativi, ad opera in primis della giurisprudenza, di estendere l’ambito di efficacia del CCNL di diritto comune: il contratto collettivo, infatti, si applica nei confronti di coloro che, seppur non iscritti alle associazioni stipulanti, vi abbiano prestato volontariamente adesione, esplicitamente o implicitamente. Il primo caso si realizza qualora il datore di lavoro nel contratto individuale o nella lettera di assunzione rinvii esplicitamente alla disciplina collettiva (Cass. 8 maggio 2008, n. 111372); nel secondo caso, vi è una implicita adesione quando il datore di lavoro applichi spontaneamente e costantemente nei contratti individuali di lavoro l’intero contratto collettivo di categoria o numerose clausole di esso, ovvero le più rilevanti (Cass. 26 ottobre 2005, n. 20765).
Oltre al criterio dell’iscrizione all’associazione sindacale e della volontà delle parti, vi è anche un orientamento giurisprudenziale che fa riferimento all’attività svolta dall’azienda e al relativo codice di iscrizione rilasciato dalla CCIAA.
Al tempo stesso, va ricordato che il CCNL di categoria sottoscritto dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale rappresenta il parametro ai fini del calcolo della contribuzione dovuta, indipendentemente dal CCNL applicato ai fini retributivi, secondo quanto prevede l’art. 1, comma 1 del decreto-legge n. 338 del 1989 e l’art. 2, comma 25 della legge n. 549 del 1995.
Vi sono dei casi in cui sono soggetti terzi ad intervenire, ad esempio prevedendo l’applicazione di determinate discipline subordinatamente alla sottoscrizione o applicazione di contratti collettivi dotati del requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi: l’Ispettorato del lavoro, nella circolare 10 settembre 2019, n. 9, stabilisce infatti che la fruizione dei benefici normativi e contributivi da parte del datore del lavoro è subordinata al rispetto della parte economica e normativa della contrattazione collettiva stipulata dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; tuttavia è lo stesso Ispettorato, con la circolare del 6 maggio 2019, n. 7, a precisare che anche il datore di lavoro che si obblighi a corrispondere ai lavoratori dei trattamenti economici e normativi equivalenti o superiori a quelli previsti dai CCNL stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possa legittimamente fruire dei benefici normativi e contributivi indicati dall’art. 1, comma 1175 della legge n. 296 del 2006 (da cui sono esclusi i trattamenti previsti in favore del lavoratore che siano sottoposti a regime di esenzione contributiva e/o fiscale, come ad esempio il welfare aziendale). Il mancato rispetto dei requisiti richiamati comparta la perdita di tali benefici.
In altri casi, è lo stesso legislatore a stabilire determinati vincoli di scelta per precisi settori. Prime tra tutti, le fattispecie del settore appalti e del settore cooperative (si veda, per il personale impiegato nei lavori, servizi e forniture, oggetto di appalti pubblici e concessioni, l’art. 30, comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 e, per i soci lavoratori nel settore cooperative, gli artt. 3, comma 1 della legge n. 142 del 2001 e 7, comma 4 del decreto-legge n. 248 del 2015, nonché la lettera circolare del Ministero del Lavoro n. 7068 del 2015 e, da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale n. 51 del 2015).
Diversamente da tali circostanze, le casistiche che possono interessare e quindi vedere la variazione del CCNL sono: a) la crescita dimensionale o la modifica dell’attività aziendale; b) la volontà unilaterale del datore di lavoro; c) il trasferimento d’azienda; d) le procedure concorsuali o la crisi aziendale; e) la successione d’appalto.
Per comprendere quali sono gli aspetti da prendere in considerazione nel caso di variazione del CCNL, si riporta una fattispecie in cui il cambio è causato dalla crescita dimensionale dell’azienda: un’impresa, situata in Emilia Romagna, che lavora in serie, con lavorazione non del tutto automatizzata con in forza 9 dipendenti, di cui 3 apprendisti, iscritta all’albo delle imprese artigiane, supera il limite dimensionale previsto dall’art. 4 della legge n. 443 del 1985 poiché il datore di lavoro assume 4 ulteriori risorse. In base alle dimensioni aziendali, al settore merceologico in cui opera l’azienda e all’attività svolta, il contratto collettivo applicato è il CCNL Tessile e abbigliamento e chimica ceramica aziende artigiane, settore gomma plastica, stipulato da Confartigianato, Cna, Casartigiani e Claai con Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil in data 14 dicembre 2017; il datore di lavoro si trova verosimilmente di fronte alla scelta di poter applicare il CCNL Chimica, gomma e vetro piccola e media industria fino a 49 dipendenti, sottoscritto da Confartigianato, Cna, Casartigiani e Claai con Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil in data 7 novembre 2017, oppure il CCNL Chimica, gomma e vetro piccola e media industria, stipulato da Unionchimica e Confapi con Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil in data 08 marzo 2019, o in alternativa, ancora, il CCNL Gomma e plastica aziende industriali, sottoscritto da Federazione gomma-plastica e Associazione italiana ricostruttori pneumatici con Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil e Ugl Chimici in data 16 novembre 2020.
Affinché il datore di lavoro passa prendere una decisione consapevole è opportuno che sia reso edotto, dall’associazione di categoria che lo rappresenta, ovvero da un consulente del lavoro, delle principali differenze che contraddistinguono un CCNL rispetto ad un altro. In questo senso sarà opportuno porre a confronto i principali istituti contrattuali dei singoli CCNL, poiché gli stessi determinano costi che il datore di lavoro deve sostenere a favore dei dipendenti, contestualmente ai costi connessi al cambio di CCNL. Il datore di lavoro, infatti, si dovrà far carico delle diverse aliquote contributive legate al passaggio da azienda artigiana ad azienda industriale, senza trascurare anche il sistema di classificazione del personale, i divisori contrattuali, l’orario di lavoro, le percentuali di maggiorazione per il lavoro straordinario, il lavoro notturno e il lavoro festivo, la maturazione di ferie e permessi, la quantificazione del periodo di prova, la quantificazione elementi che compongono la retribuzione, le varie indennità contrattuali, il numero delle mensilità contrattuali, gli scatti d’anzianità in termini di maturazione temporale e quantificazione, gli istituti della malattia non sul lavoro e dell’infortunio sul lavoro, l’istituto della maternità, i termini di preavviso, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante, l’eventuale previsione di percentuali per l’assunzione di lavoratori con contratto di lavoro a termine e di lavoro a tempo parziale, l’eventuale previsione contrattuale di enti bilaterali, fondi di assistenza sanitaria complementare e fondi di previdenza complementare, con annessa contribuzione.
Per entrare nel merito del confronto occorre che il datore di lavoro fornisca al professionista che lo assiste un preciso e dettagliato mansionario, in cui vengono descritte le mansioni svolte dai singoli lavoratori, con annesso il livello attribuito. Contestualmente, il datore di lavoro consegnerà al professionista l’ultima busta paga del lavoratore, di modo che vi si possano estrarre i dati relativi agli elementi che compongono la retribuzione.
Operativamente si andrà ad individuare nei diversi CCNL il livello di inquadramento corrispondente alla mansione svolta; nel caso in cui non sia previsto nel nuovo CCNL il profilo professionale del dipendente, occorrerà ricercare la declaratoria più attinente all’interno del sistema di classificazione del personale contrattualmente previsto. Per esemplificare quanto poc’anzi esposto, tornando al caso oggetto d’analisi, prendiamo ad esempio la casistica di un operaio addetto all’assemblaggio di semilavorati con l’impiego di strumenti e di attrezzature complesse e inquadrato al 4° livello nel CCNL artigiano. Questo potrebbe essere inquadrato, con il medesimo profilo professionale, al 4° livello nei CCNL PMI fino a 49 dipendenti e nel CCNL PMI al livello F3 settore produzione, nonché come addetto a macchine a ciclo complesso, nel CCNL Industria.
Nel cambio del CCNL l’individuazione del livello di appartenenza è decisiva per individuare il corrispettivo retributivo del dipendente: occorre raffrontare gli elementi che compongono la retribuzione nei singoli CCNL, nonché le eventuali condizioni di miglior favore pattuite tra le parti, da preservare. In particolare, il primo elemento da confrontare è il minimo tabellare, che corrisponde a 1.548,77 € per il CCNL artigianato, 1.685,40 € per il CCNL PMI fino a 49 dipendenti, 1.722,91 per il CCNL PMI, 1.745,12 € per il CCNL Industria. Emerge, quindi, che il minimo tabellare, indipendentemente dal CCNL scelto, sarà comunque superiore al precedente; invece nel caso in cui fosse stato inferiore si sarebbe dovuto riconoscere al dipendente la condizione di miglior favore già acquisita con un superminimo non assorbibile; di contro, se il dipendente ha un superminimo assorbibile, la quota di retribuzione superiore sarà assorbita da questo.
Il secondo elemento da considerare è il premio di produzione regionale, che per il 4° livello corrisponde a 26,86 € nell’artigianato; nei CCNL appartenenti al comparto industriali invece vi è una indennità sostitutiva del premio di risultato, da elargire solo se non sia la contrattazione di secondo livello, la quale è pari rispettivamente a 11,98 €, 12,50 € e 37,00 €. Per quanto attiene gli scatti d’anzianità sono due i fattori da osservare: la loro maturazione e la loro quantificazione. Nel caso specifico, i diversi CCNL prevedono tutti la maturazione biennale degli scatti d’anzianità fino ad un massimo di cinque, corrispondenti rispettivamente a 14,46 €, 13,43 €, 13,43 € e 13,94 €; poiché l’artigianato lo scatto è superiore rispetto agli altri CCNL dovrà essere riservata al lavoratore, quale condizione di miglior favore, la quota corrispondente all’eccesso, in qualità di anzianità convenzionale, che non potrà essere assorbita nel caso vi sia un superminimo assorbibile. Questo per quanto attiene la retribuzione, assumendo come termine di paragone la RAL, di modo che emerga anche l’eventuale diverso numero di mensilità contrattualmente previsto. La comparazione andrà poi effettuata su tutti gli istituti contrattuali sopramenzionati.
Si sottolinea che, nel caso di specie, va preservata attenzione in merito all’istituto dell’apprendistato professionalizzante che nel CCNL artigianato ha durata 48 mesi, mentre nei restanti 36 mesi; per verificare la durata residua dell’apprendistato occorrerà riproporzionare i mesi effettuati rispetto alla nuova durata.
Una volta effettuata la scelta del CCNL, il datore di lavoro dovrà comunicare ai dipendenti e alle organizzazioni sindacali la variazione, attraverso formale disdetta del CCNL applicato, dovrà eventualmente effettuare la disdetta all’associazione datoriale e verificare le clausole di rinvio dinamico nella lettera di assunzione. Verrà consegnata ai lavoratori una lettera di comunicazione del cambio CCNL in cui per ognuno sarà riportata la decorrenza del cambio, l’eventuale nuovo livello e la nuova retribuzione.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena