Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/45 – Il contratto di espansione a sostegno della riorganizzazione aziendale: il caso TIM

 La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del

Rapporto sulla contrattazione collettiva in Italia.

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potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

Bollettino ADAPT 12 luglio 2021, n. 27

 

Parti firmatarie e contesto

 

Il giorno 17 maggio 2021, le Organizzazioni sindacali SIc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil e Ugl Telecomunicazioni Nazionali e Territoriali, unitamente al Coordinamento Nazionale RSU, hanno siglato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali un accordo con TIM S.p.A. per attivare lo strumento del contratto di espansione.

 

Le previsioni contenute nel documento presentano misure importanti sul piano organizzativo a fronte della trasformazione digitale di processi e servizi promossa dal gruppo.

In particolare, il contratto d’espansione così delineato prevede un percorso volto a rinnovare il mix delle competenze presenti in azienda, facendo leva su alcuni processi. Da un lato, viene condiviso dalle parti l’impegno alla previsione di percorsi formativi dedicati al personale già presente in organico in un’ottica di riqualificazione di re-skilling e di upskilling. Dall’altro, il piano di Tim e dei sindacati mira a favorire l’ingresso di competenze professionali non ancora presenti nella società, in accordo con quanto evidenziato nel Piano Industriale 2021-23 presentato dall’azienda alle organizzazioni sindacali.

 

Temi trattati / punti qualificanti / elementi originali o di novità

 

Il contratto di espansione, identificato come strumento intermedio espressione sia di strumenti di politiche attive che di politiche passive, prevede una serie di misure che, operando in sinergia tra loro, possono essere ricondotte a tre macro-aree di intervento.

 

La prima, ricollegabile all’acquisizione di nuove professionalità, prevede un corposo piano di assunzioni a tempo indeterminato o tramite contratti di apprendistato professionalizzante, finalizzato non solo ad arricchire l’organico interno con nuove capabilities, che supportino la società nella stabilizzazione di business già consolidati quali le telecomunicazioni tradizionalmente intese, ma volte inoltre ad un rilancio che renda possibile l’aggressione a nuovi mercati. In accordo dunque con questa sfida, TIM si impegna in un piano di assunzioni per il biennio 2021-2022 che prevede un incremento di 650 unità – 50 in più rispetto al precedente verbale d’accordo siglato da azienda e sindacati il 23 aprile 2021 – stabilendo l’ingresso di 330 nuovi profili nel primo anno e 320 nel secondo.

Le professionalità ricercate, al fine di potenziare differenti settori aziendali, confluiscono dunque in differenti profili collegati all’internalizzazione delle attività su processi chiave. L’azienda si riserva inoltre la possibilità di assunzione di ulteriori 100 operatori di caring nel periodo maggio-dicembre 2021 nell’ambito della società del gruppo Telecontact Center.

 

Parallelamente, viene definito dalle parti un progetto di formazione e riqualificazione che consenta di “aggiornare e far evolvere le competenze di ruolo e dei mestieri core”, di acquisire nuove competenze necessarie per i nuovi mestieri e di aumentare il numero di professionisti in grado di ricoprire ruoli core e strategici. Per il raggiungimento di tali obbiettivi, i programmi di formazione saranno basati sull’analisi dei fabbisogni formativi aziendali e potranno avvalersi del sostegno finanziario dei fondi interprofessionali e della collaborazione con enti esterni, al fine di garantire la qualità della formazione ricevuta e di monitorare i risultati dei diversi percorsi.

 

La terza macro categoria si riferisce infine all’orario lavorativo. In particolare, a decorrere dal 24 maggio 2021 e per la durata di 16 mesi, si assisterà ad una diminuzione dell’orario di lavoro di determinate categorie di lavoratori, che sarà pari al 3,5 % o al 12,1 % a seconda dell’attività nella quale sono impiegati.

 

La sospensione dell’attività lavorativa avverrà su cadenza verticale e su base mensile, quantificabile in 12 giorni nel biennio 2021-2022 nel caso di una riduzione del 3,5%, ripartita in 6 giornate all’anno, di cui una, ogni anno, destinata alla formazione. Nell’altra fattispecie (riduzione del 12,1 %) si tratterà di una sospensione di 42 giornate ripartite in 20 e 22 giornate, di cui 6 per ogni anno rivolte alla formazione. Destinatari della misura saranno tutti i lavoratori subordinati, compresi i lavoratori part-time, fatta eccezione per il personale inserito negli archi di turnazione 0-24 e il personale impiegato nelle articolazioni organizzative e funzionali espressamente elencato.

Quest’ultimo elemento chiave dell’accordo rappresenta un elemento peculiare nel panorama dei contratti di espansione, in quanto, come già evidenziato nelle pagine del Bollettino, in tutte le realtà diverse da TIM in cui si è applicato lo strumento, si è preferita – in aggiunta alla programmazione di nuove assunzioni e di interventi formativi ad hoc – l’attuazione di un piano di esodo per i lavori prossimi alla quiescenza. TIM, invece, ha sviluppato il proprio intervento attraverso la riduzione dell’orario per i lavoratori in forza all’azienda. Le previsioni del contratto specificano infine, che l’effettiva prestazione lavorativa operata secondo le nuove modalità, diviene proporzionalmente parametro per la retribuzione diretta e indiretta, nonché per gli istituti normativi contrattuali e di legge.

 

Valutazione d’insieme

 

L’accordo tra TIM e i sindacati è l’espressione di uno dei pochi casi di applicazione del contratto di espansione. Questo strumento, disciplinato all’articolo 41 del d.lgs. n. 148/2015, come modificato dalla Legge di Bilancio 2021 e, da ultimo, dal c.d Decreto Sostegni-Bis si compone di una serie di previsioni finalizzate a sostenere una razionale riorganizzazione aziendale, e a valorizzare un graduale passaggio intergenerazionale di competenze attraverso uscite anticipate o, come in questo caso, tramite la riduzione dell’orario lavorativo. La finora limitata diffusione di tale misura può trovare spiegazione nella complessità procedurale e negli stringenti requisiti dimensionali, solo recentemente rivisiti. La soglia di 1000 dipendenti stabilita in precedenza e solo di recente abbassata a 100, ne impediva infatti sul piano pratico l’utilizzo alle numerose PMI di cui il tessuto italiano è costellato. D’altro canto, tuttavia, non mancano gli strumenti di supporto sia esterni, nella forma degli incentivi statali, che interni, a fronte della possibilità di ricorrere ai fondi interprofessionali per il finanziamento delle misure. Occorrerà valutare nei prossimi mesi se questi elementi, uniti alle ultime novità normative, basteranno per far fronte ai limiti evidenziati.

 

Giulia Dallari

ADAPT Junior Fellow

 

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