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Bollettino ADAPT 27 settembre 2021, n. 33
I diritti di informazione e consultazione sono un mezzo a tutela gli interessi collettivi dei lavoratori. Previsti talvolta dalla legge, talaltra negoziati dalle organizzazioni sindacali all’interno dei contratti collettivi, questi promuovono la conoscenza reciproca dei fatti che incidono sulle condizioni di lavoro.
Nel panorama italiano, dopo il succedersi di normative frammentarie e limitate ad alcune specifiche ipotesi, affiancate da previsioni contrattual-collettive inserite nella “parte obbligatoria”, i diritti di informazione e consultazione sindacale sono stati codificati, in attuazione alla direttiva 2002/14/CE, nel d.lgs. n. 25 del 2007, regolamento procedurale generale e uniformante, che riconosce la funzione sociale di tali diritti rispetto ai diritti del datore di lavoro. L’art. 1, comma 2 del Decreto prevede che “le modalità di informazione e consultazione sono stabilite dal contratto collettivo di lavoro in modo tale da garantire comunque l’efficacia dell’iniziativa”. La norma di legge sembrerebbe, quindi, affermare, in un certo senso, che l’effettiva attività di informazione e consultazione passa attraverso le modalità individuate dai contratti collettivi.
Ed infatti, se il contratto collettivo è quello strumento a normazione specifica, che affonda le sue radici e la sua genia nell’ambito merceologico di riferimento con l’obiettivo di tradurre in norme gli intimi meccanismi di funzionamento di un dato settore (così A. Paone, Scelta del contratto da applicare al rapporto di lavoro: criticità, in DPL, 2017, n. 44, p. 2678 e ss.), possiamo agevolmente comprendere il perché anche i diritti di informazione e consultazione devono essere disciplinati da questo. Del resto, la consultazione e l’informazione sono le modalità attraverso le quali i sindacati informano i propri affiliati e si confrontano con il datore di lavoro, cioè l’altra parte del contratto collettivo (a livello aziendale).
È in questa cornice che si è conclusa il 20 settembre la vicenda giudiziaria instaurata a fine luglio fra la Fiom-Cgil della Provincia di Firenze e Gkn Driveline Firenze S.p.A., nell’ambito della quale il Tribunale fiorentino ha accolto il ricorso per la revoca della procedura di licenziamento collettivo di 422 lavoratori.
Gkn Driveline, di proprietà del fondo di investimento finanziario Melrose Industries, è una multinazionale leader nella produzione di semiassi ed elementi di trasmissione per il settore automotive, che in Italia conta due sedi, una a Brunico, una a Campi Bisenzio, formalmente chiusa il 9 luglio 2021 motivando tale decisione sulla base di un presunto disequilibrio tra costo di produzione e valore di vendita tale da tradursi in una necessità di operare riduzioni e smantellamento di sedi. Se da un lato ricorrono gli interessi di produttività e competitività dell’azienda, a controbilanciare gli stessi vi sono la tutela dei lavoratori e dell’occupazione ai fini della massimizzazione del benessere, per il tramite degli strumenti contrattuali esistenti che, in questo caso, non sono stati attuati.
Per tale motivo i rappresentanti dei lavoratori hanno impugnato la lettera di licenziamento collettivo, depositando il 30 luglio 2021 un ricorso per comportamento antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori.
Il giudice ha accolto il ricorso osservando che l’azienda ha avviato la procedura di consultazione prevista dalla legge n. 223 del 1991 senza prima disporre un confronto con le rappresentanze sindacali aziendali, come impone l’art. 9 del CCNL Metalmeccanici e come previsto da uno specifico accordo aziendale. La violazione di questa disposizione contrattuale ha, a detta del giudice, comportato la lesione di un diritto del sindacato ricorrente (ovvero la possibilità di tutelare adeguatamente i lavoratori destinatari delle lettere di licenziamento attraverso le procedure di informazione e consultazione), concretizzando così una condotta antisindacale.
E’ interessante notare come già nel CCNL Metalmeccanici del 1987 fosse inserita una chiara indicazione sul diritto d’informazione in caso di modifiche al sistema produttivo che potessero avere effetti “sull’organizzazione complessiva del lavoro o il tipo di produzione in atto ed –influissero – complessivamente sull’occupazione”.
L’odierno sistema di relazioni sindacali del settore metalmeccanico si ispira ancora a tale principio; tant’è che anche l’attuale CCNL di categoria ne riconosce l’applicazione in sede aziendale presso sedi che occupino almeno 50 dipendenti, in particolare su materie quali andamento recente e prevedibile dell’attività d’impresa e dell’occupazione, anche avendo riguardo delle modifiche del sistema produttivo che possano impattare in modo determinante con l’organizzazione del lavoro.
La questione principale che potrebbe sollevare questa pronuncia riguarda la portata della condotta antisindacale: qual è il confine tra condotta legittima e illegittima sanzionabile di Gkn? Non tutti i comportamenti contrastanti gli interessi del sindacato e dei lavoratori posti in essere dal datore di lavoro sono infatti “antisindacali”; al contrario, molte di queste azioni antagoniste, ben si inseriscono in una quotidiana logica di interessi conflittuali delle parti sociali. Esempio è la decisione di chiusura di uno stabilimento.
Dove, dunque, si sarebbe “consumata” la condotta antisindacale secondo il giudice? Se l’azienda da un lato è generalmente libera di procedere a ridimensionamenti aziendali e conseguenti licenziamenti o ricollocamenti, dall’altro, Gkn avrebbe dovuto informare le organizzazioni sindacali di questa volontà, in una dimensione di confronto con le stesse, nel rispetto di quello che è a tutti gli effetti un obbligo di legge.
Gkn si difende asserendo come la decisione di cessazione dell’attività sia pervenuta al sindacato tempestivamente, dopo essere stata deliberata nel corso di un CDA il giorno precedente. Da un lato, come rileva il giudice del Tribunale fiorentino, è indubbio come la chiusura dello stabilimento sia stata frutto di ben più lunghe e complesse analisi, e ricerche nelle quali si era evidenziata la volontà di riorganizzazione del settore produttivo, in ottica di sostenibilità e concentrazione su di quelle realtà multi potenziali; dall’altro, erano proprio dette analisi, arricchite da dati di interpretazione in merito a possibili riorganizzazioni produttive ed occupazionali dello stabilimento, che dovevano essere oggetto di quel diritto d’informazione e consultazione di cui all’art. 9 del CCNL.
Senza aver fornito nessuna informazione dato il carattere “poco performante” dello stabilimento e le possibili ricadute di tale situazione sulle dinamiche occupazionali, si è privato il sindacato di uno dei compiti principali che gli sono consegnati, ovvero, nella più generale tutela del lavoratore, di condizionare le determinazioni e le scelte gestionali dell’azienda per il tramite della consultazione, del confronto, della contrattazione o delle legittime modalità di contrasto e scontro.
Viene esplicitamente sottolineato anche nel decreto come non sia in alcun modo in discussione la discrezionalità dell’imprenditore nella decisione di cessare la propria attività d’impresa, potere peraltro tutelato dalla Costituzione (art. 41). Viene invece ribadito come tale scelta debba essere attuata secondo un iter di rispetto dei principi di correttezza e buona fede, delle discipline di legge, che fra l’altro prevede il perdurare dei rapporti di lavoro sino alla chiusura completa della procedura anche in caso di licenziamento collettivo ex legge n. 223 del 1991 nonché del ruolo sindacale di parte sociale attiva e compartecipe responsabile alla vita dell’impresa.
Quali sono stati gli effetti del dispositivo? Melrose Industries, fondo d’investimento proprietario di Gkn, crolla in borsa nel giorno della pubblicazione del decreto, ma comunica al contempo la decisione di impugnare il provvedimento in appello. Al contempo, per dare corso all’informativa e consultazione, l’azienda ha già convocato il 21 settembre, un incontro con le parti sociali, al quale Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil e la Rsu della Gkn di Campi Bisenzio non si sono presentate. Secondo quanto dichiarato dalle stesse organizzazioni sindacali, massima è l’apertura al confronto, ma solamente in sede istituzionale, realtà confermata dal Mise, che ha già ribadito la convocazione delle parti.
Nell’intera faccenda, si inseriscono, infine, disquisizioni politiche ossia: se è vero come il giudice abbia riconosciuto il comportamento antisindacale posto in essere da Gkn, non ha di certo riconosciuto il diritto al lavoro ed all’occupazione degli stessi lavoratori. La tutela riconosciuta, infatti, mira a proteggere il diritto d’informazione, al fine di addivenire ad un punto d’incontro e soluzione praticabile per tutte le parti sociali implicate. Il confronto è obbligatorio, non i risultati dello stesso: non vi è vincolo sulle decisioni aziendali di chiusura di impianti e delocalizzazioni, come si può desumere dalle molte vicende non arginate di blocchi di sedi produttive, per cause spesso dettate da ragioni più di opportunità che di necessità, con inevitabili ricadute nell’occupazione (fra le tante, il caso Whirlpool). Diverse sono le iniziative che si stanno diffondendo: da un lato, le organizzazioni sindacali premono sul diritto di sciopero, dall’altro il Consiglio dei Ministri che sta cercando di porre un argine, almeno per quanto riguarda cessazioni dell’attività d’impresa non determinate da squilibri economici-finanziari, per mezzo del decreto-legge anti-delocalizzazioni, ancora in bozza e già contestato.
In ogni caso, la vicenda Gkn pone l’attenzione su un tema ben più rilevante: nel mondo del lavoro, aggirare il dialogo fra le parti sociali, il non riconoscere l’importanza di un sistema di relazioni industriali compartecipato e improntato al dialogo continuo, significa per la parte datoriale diminuire fattori quali efficienza, produttività, competitività; per il lavoratore, non promuovere valori di tutela e di occupabilità. Una gestione compartecipata dell’attività produttiva diventa strumento cardine per rispondere alle esigenze di continua trasformazione sociale, economica e politica dei settori.
Scriveva J.R. Commons in Industrial Goodwill: “Autocracy is always more simple than democracy. It acts without consulting. Consultation takes time and acts according to rules” (l’autocrazia di certo è più semplice della democrazia, ma è nella reciproca consultazione delle parti sociali che si dispiega la vera potenzialità per datore di lavoro e lavoratore, nella reciprocità dello scambio).
ADAPT Junior Fellow