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Bollettino ADAPT 10 gennaio 2022, n. 1
Il tema dell’accesso al trattamento di integrazione salariale previsto dal D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia), con particolare attenzione – per quel che ci riguarda – al settore artigiano, costituisce, indubbiamente, uno degli argomenti più dibattuti dell’ultimo anno, sul quale hanno avuto modo di pronunciarsi – in termini antitetici – giurisprudenza amministrativa ed ordinaria (da ultimo, Trib. Roma 30 novembre 2021, n. 10087).
Prima di entrare nel merito della questione sottoposta al giudice romano, è doveroso ed al contempo necessario ripercorrere le tappe principali che hanno preceduto la formulazione della sentenza poc’anzi menzionata. Il D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, all’art. 19 co. 6, ha previsto che: “I Fondi di cui all’articolo 27 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui al co. 1 con le medesime modalità di cui al presente articolo. Gli oneri finanziari relativi alla predetta prestazione sono a carico del bilancio dello Stato nel limite di 80 milioni di euro per l’anno 2020 e sono trasferiti ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”. Ne discende che, per effetto della suddetta norma l’erogazione del trattamento di integrazione salariale, con causale “Emergenza Covid-19”, previsto per l’imprese artigiane è stata demandata al Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato (FSBA).
La questione fondamentale, che ha dato origine al contenzioso, ruota attorno al rifiuto dichiarato dal FSBA di erogare il trattamento di integrazione salariale sia alle imprese iscritte al Fondo risultanti morose nel versamento dei contributi, sia alle aziende artigiane non iscritte al medesimo. Quest’ultima circostanza impediva alle predette imprese di attivare gli appositi strumenti di integrazione salariale, con l’inevitabile conseguenza di non poter ricevere le prestazioni dal Fondo (stante l’opposizione dello stesso) né di poter accedere alla CIG in deroga, in quanto codesto strumento veniva riservato solo a coloro che non rientravano nel campo di applicazione degli altri ammortizzatori sociali.
Sul punto è intervenuto anche l’INPS con la circolare n. 47 del 28 marzo 2020, precisando che “In riferimento a quanto previsto dal decreto-legge n. 18/2020, si fa presente, inoltre, che il Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato non prevede limiti dimensionali e che non rileva se l’azienda sia in regola con il versamento della contribuzione al Fondo. Pertanto, in conclusione, l’unico requisito rilevante ai fini dell’accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19” è l’ambito di applicazione soggettivo del datore di lavoro, con codice di autorizzazione “7B”.
Alla luce del chiarimento fornito dall’Ente previdenziale, le imprese avrebbero dovuto usufruire dell’assegno a prescindere da qualsiasi verifica attinente la regolarità contributiva al Fondo FSBA, il quale, tuttavia, è rimasto fermo sulla propria posizione e, solo in un momento successivo, attraverso una apposita delibera, ha statuito che le aziende non regolari avrebbero potuto accedere all’assegno ordinario regolarizzando la propria posizione mediante il versamento dei contributi dovuti, con riferimento al triennio precedente, in 36 rate, a decorrere dal 1° gennaio 2021 e sino al 31 dicembre 2023.
Tutto ciò ha contribuito ad inasprire i rapporti già tesi, al punto da condurre ad un duplice contenzioso: il primo in sede amministrativa presso il Tar Lazio (per una prima analisi, cfr. A. Abbate, Le fonti normative in materia di ammortizzatori sociali sotto giudizio. Prosegue il contenzioso artigiano, in Bollettino Adapt, 2021, n. 2; G. Piglialarmi, Le fonti normative in materia di ammortizzatori sociali sotto giudizio: un primo quadro di sintesi del comparto artigiano, in Bollettino Adapt, 2020, n. 47) ed il secondo dinanzi al Giudice del Lavoro, di cui esporremo ragioni e motivi della decisione.
Per quel che concerne la prima controversia, il Giudice Amministrativo, per un verso, ha accolto l’istanza di annullamento delle sopra citate delibere, limitatamente alla previsione dell’obbligo di iscrizione al Fondo, la quale comporta l’insorgere dell’obbligazione contributiva in capo al Datore di Lavoro artigiano; d’altra parte, ha rimesso la questione afferente la sussistenza o meno dell’obbligatorietà della contribuzione ordinaria al Fondo ai sensi dell’art. 27 d.lgs. 148/2015, alla competenza del giudice ordinario, chiamato, dunque, a pronunciarsi sull’annoso rapporto tra legge e contrattazione collettivo.
Avverso le sentenze emesse dal Tar, il Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato ha presentato ricorso dinanzi il Consiglio di Stato adducendo l’incompetenza per materia del Giudice Amministrativo.
Il Consiglio di Stato ha rettificato quanto in precedenza deciso dal Tar del Lazio, in considerazione del fatto che la controversia verteva su diritti soggettivi con conseguente competenza della giustizia ordinaria.
Il Tribunale di Roma, invece, in data 30 novembre 2021, con sentenza n. 10087, ha stabilito definitamente che anche i datori di lavoro che non abbiano aderito al sistema di relazioni industriali del comparto artigiano sono tenuti al versamento dei contributi in favore del fondo FSBA, anche per le aziende con meno di 5 dipendenti, poiché ciò realizza una tutela previdenziale e trae la sua fonte direttamente dalla legge.
In particolare, occorre sottolineare come il legislatore con d.lgs. n. 148 del 2015 ha inteso assegnare alla bilateralità il compito di provvedere, nelle aree non coperte dalla Cassa Integrazione, all’apprestamento ed alla gestione di una tutela in favore di tutti i lavoratori del settore, come reso evidente dal riferimento delle disposizioni richiamate alle imprese appartenenti al settore di attività, e quindi in favore anche dei lavoratori dipendenti di datori di lavoro che non abbiano aderito al sistema della bilateralità.
Da ciò discende la consequenziale obbligatorietà – anche se non espressamente prevista dal legislatore del 2015 – della partecipazione al Fondo medesimo da parte dei destinatari (id est: le imprese artigiane); obbligatorietà sic et simpliciter direttamente discendente dalle finalità della disciplina, volta ad assicurare una tutela generalizzata dei lavoratori in costanza di rapporto, nelle ipotesi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause analoghe a quelle previste dalla CIG ordinaria e straordinaria.
A conferma di quanto sopra esposto, il Ministero del Lavoro con nota n. 1135 del 11 aprile 2016 ha affermato l’obbligatorietà della contribuzione per i datori di lavoro del comparto artigiano (sul punto, v. anche nota ministeriale n. 12241 del 2017). Peraltro, nella sentenza per cui si discute, è stata giustamente menzionata la riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel disegno di legge di Bilancio 2022 ed approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso 29 ottobre, la quale estende a tutti i lavoratori artigiani il diritto ad avere un ammortizzatore sociale, prevedendo che a decorrere dal 1° gennaio 2022 si dovrà versare al FSBA un apposito contributo al fine di poter fruire del nuovo AIS (assegno di integrazione salariale).
Si tratta di una specifica che attribuisce valore di legge a quanto già previsto in accordi firmati dalle parti sociali dell’artigianato da anni e che chiude definitivamente la ‘vertenza’ che vedeva coinvolte alcune centinaia di aziende che ritenevano di non dover versare alcuna contribuzione al Fondo FSBA
Gianmaria Russo
ADAPT Junior Fellow