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Bollettino ADAPT 28 febbraio 2022, n. 8
La recente riforma degli ammortizzatori sociali, portata avanti con la Legge di Bilancio 2022, ha presentato una precisa scelta di campo del legislatore in merito alla tutela contro la disoccupazione. L’idea che traspare dalle diverse disposizioni in merito è infatti quella di perseguire un universalismo differenziato, ovvero garantire, da un lato, tutele efficaci per tutti i lavoratori; dall’altro, graduare l’intensità della tutela a seconda del contesto produttivo, delle tipologie contrattuali etc. Questo obiettivo viene perseguito valorizzando i fondi di solidarietà bilaterali che sono istituiti e regolamentati dalle parti sociali, talvolta attraverso la contrattazione collettiva di settore, talaltra con accordi separati. Si tratta di un’opzione ambiziosa, volta a valorizzare le dinamiche dei diversi settori produttivi, ma che allo stesso tempo ripone al centro della discussione la questione della definizione dei confini settoriali.
Come si è già avuto modo di sottolineare nelle scorse settimane nella pagine del Bollettino (M. Dalla Sega, G. Piglialarmi, A. Zoppo, I fondi di solidarietà bilaterali, tra esigenze di universalizzazione e sistemi di relazioni industriali, in Bollettino ADAPT 17 gennaio 2022, n. 2), il rischio che si paventa con questa scelta è, infatti, quello di veder collidere le politico-istituzionali dei corpi intermedi, che attraverso gli accordi istitutivi dei fondi bilaterali delineano il campo di applicazione degli stessi, con le logiche amministrativo-burocratiche che sono alla base dei decreti ministeriali (e delle relative circolari interpretative dell’INPS) che rendono operative le attività degli stessi fondi, indicandone i settori di effettiva applicazione secondo la classificazione ATECO. Un pericolo di “asimmetria” tra accordi istitutivi dei fondi e atti interpretativi degli enti pubblici che, come dimostra il recente caso del Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali (FSAP), istituito con decreto interministeriale 27 dicembre 2019, n. 104125, ha sin da subito manifestato la sua concretezza.
L’accordo sindacale istitutivo del FSAP, stipulato il 3 ottobre 2017 da Confprofessioni e le organizzazioni sindacali Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs, al fine di garantire un sistema di tutele a un’ampia fascia di lavoratori, in seguito a un lungo percorso di analisi e valutazione costruito dalle parti sociali del settore e avallato dal Ministero del lavoro e dall’INPS, nel definire il campo di applicazione del fondo ha utilizzato una nozione molto estesa di “attività professionale” volta a ricomprendere in modo onnicomprensivo le diverse sfaccettature del mondo libero-professionale conformemente alla normativa europea.
Una scelta inizialmente avvallata dall’INPS, quando con la circolare n. 77/2021 erano stati forniti primi chiarimenti sulla disciplina del Fondo, stabilendo che fossero beneficiari degli interventi i dipendenti dei datori di lavoro del settore delle attività professionali, che occupano mediamente più di tre dipendenti ed erano stati individuati nello specifico i codici ATECO dei settori coinvolti. Analizzando nel dettaglio le diverse tipologie di codici indicati nella circolare per definire il campo delle “attività professionali”, si nota il vasto ambito delle categorie professionali coinvolte, che ricomprende tutte le strutture più o meno connesse con un albo od ordine.
Se si guarda però all’evoluzione della prassi INPS sulla questione, si nota come l’ente pubblico, con la circolare n. 16/2022 sia parzialmente tornato sui suoi passi, nel momento in cui è intervenuto per operare alcune precisazioni in merito alla disciplina del FSAP. La circolare esclude, infatti, dal campo di applicazione del fondo i titolari di farmacie, disattendendo quanto inizialmente indicato nella circolare n. 77/2021, in cui questi ultimi erano stati inclusi. Un cambio repentino di posizione che, oltre a modificare da un giorno all’altro le regole del gioco, rappresenta un precedente che sinora mai si era verificato nel caso dei fondi di solidarietà bilaterali. Si erano registrate, all’inverso, inclusioni ex post di alcuni settori ATECO esclusi dal campo di applicazione dei fondi ma in nessun caso si era sinora assistito a un’espunzione di settori prima inclusi.
Tale novità comporta quindi immediate conseguenze concrete sul piano delle tutele per i lavoratori del mondo delle farmacie, dato che di fatto questi ultimi si ritrovano improvvisamente a rientrare, per un atto di prassi, nell’ambito del più ampio comparto terziario e del campo di applicazione del FIS. Quest’ultimo, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 148/2015 non è un fondo di natura bilaterale autonomo che nasce dal libero gioco delle dinamiche intersindacali e di relazioni industriali, ma nasce invece dall’adeguamento del fondo di solidarietà residuale di cui all’art. 28 della stessa norma, per tutti quei casi in cui i datori di lavoro non provvedano ad istituire fondi ordinari o alternativi.
Il caso in questione rappresenta solo un esempio di come, a fronte di un disegno normativo volto a valorizzare il ruolo degli attori delle relazioni industriali, attraverso il «passaggio dei fondi bilaterali da strumento categoriale ed eventuale» ad «elemento strutturale del sistema previdenziale» (così già ne parlava, all’indomani del Jobs Act, G. Sigillò Massara, L’insostenibile tensione verso il welfare mix, tra fondi di solidarietà bilaterali e previdenza complementare, RDSS, 2017, 3, p. 486), nella prassi tale processo si scontri con le problematiche concrete di raccordo tra ordinamento statuale e intersindacale. Infatti, è del tutto evidente come le problematiche sui confini settoriali, già presenti nell’ambito della normale dialettica sindacale, incomincino a riproporsi sulla gestione dei fondi bilaterali, anche alla luce di una loro universalizzazione (che rimane pur sempre calata dall’alto tramite la Legge di Bilancio e non frutto di dinamiche spontanee). Quello del FSAP rischia di essere solo un primo esempio di tale dinamica, a fronte del complicato processo di coordinamento che ci attende in seguito dell’estensione della tutela bilaterale indipendentemente dal numero di dipendenti operata dalla Legge di Bilancio 2022. Nei prossimi mesi sarà quindi interessante monitorare i criteri di adeguamento dei fondi di solidarietà, i decreti interministeriali di recepimento e la concreta applicazione rispetto anche alle indicazioni operative dell’INPS, per valutare le prime conferme o smentite.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
@Michele_ds95
Giovanni Piglialarmi
Ricercatore presso il Dipartimento di Economia “M. Biagi”
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia