Bollettino ADAPT 30 maggio 2022, n. 21
Marco Biagi, consulente del ministero del Lavoro, ha aperto la strada della moderna pedagogia del lavoro attraverso il dialogo con il prof. Giuseppe Bertagna, al tempo collaboratore del ministero dell’Istruzione. Insieme disegnarono l’inserimento delle “esperienze del fare” nei percorsi educativi e l’avvio delle tipologie di apprendistato per il conseguimento di qualifiche e diplomi o di titoli universitari e postuniversitari. Il lavoro venne così nuovamente considerato contenuto pedagogico anche quando è regolato da un particolare contratto che integra l’apprendimento teorico e pratico. In fondo, essi si collegavano alla tradizione del risveglio dell’Occidente attraverso le arti e i mestieri nei borghi e nei conventi come alla più recente storia della ricostruzione italiana che ha visto la rapida formazione di giovani imprenditori e di esperti lavoratori dipendenti o autonomi.
Abbiamo poi conosciuto le resistenze del corporativismo accademico e della ideologia militante che hanno opposto la rigorosa separazione tra scuola e lavoro immaginando quest’ultimo come inesorabile forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Faticosamente, tuttavia, le novità si sono imposte con il metodo dell’alternanza e l’apprendistato duale. Ciò è accaduto più nella teoria che nella realtà anche se alcune buone pratiche si sono affermate, a partire dagli ITS e IFTS.
Recentemente, sono stati sufficienti alcuni infortuni occorsi a giovani impegnati in percorsi “misti” (patologie per le quali vanno individuate e sanzionate le responsabilità) perché si risvegliassero i vecchi pregiudizi facendo emergere proposte come l’obbligo di remunerare le esperienze lavorative guidate dalle scuole. Con il probabile risultato di scoraggiare le imprese disponibili a farsi “formative” in collaborazione con i percorsi di istruzione.
Lo stesso PNRR ipotizza inoltre il finanziamento delle borse di studio e non anche dei contratti di apprendistato per i dottorati di ricerca. Contestualmente, persiste in alcuni ambienti sindacali l’idea che l’apprendistato per la qualifica o il diploma rappresenti un contratto di serie B e non, come può essere, lo strumento indispensabile per recuperare l’abbandono precoce degli studi, assorbire il fenomeno dei NEET, offrire a coloro che hanno la “intelligenza nelle mani” la possibilità di accedere a conoscenze di tipo superiore.
Eppure siamo il Paese con la evidente anomalia dei bassi tassi di occupazione e degli insufficienti livelli di conoscenza dei più giovani. Se nelle istituzioni riemergono arretratezze culturali o autoreferenzialità di casta, è auspicabile la lievitazione di iniziative dai territori mosse dalla concretezza dei bisogni e dalla idealità degli antichi principi. Anche superando il valore legale dei titoli di studio. Un osservatorio, partecipato anche dai corpi sociali della rappresentanza, potrebbe farle emergere e circolare per sollecitare il circolo virtuoso delle imitazioni.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi