Cooperazione sociale, la via per un nuovo welfare

Nuove patologie, emergenti fabbisogni assistenziali e previdenziali, formazioni sociali trasformate. Ecco perché i modelli di welfare nel mondo stanno cambiando, ed ecco perché anche l’Italia deve ripensarne gli schemi tradizionali, ripartendo dalla dimensione locale. La leva principale può essere la cooperazione sociale. Questo in estrema sintesi il contenuto della ricerca presentata venerdì da ADAPT e Università di Bergamo, condotta da Valentina Sorci, dottoressa di ricerca ADAPT, per Fondazione Craxi.
 

Valentina Aprea, Garanzia Giovani: il ruolo del servizio civile



 
La ricerca ha monitorato e studiato per tre anni il tessuto cooperativo formato dalle società associate a Federsolidarietà, un settore di estrema attualità e interesse per chi si occupa di mercato del lavoro, per molteplici ragioni. Seppur non immuni alle difficoltà finanziarie, le cooperative presentano infatti caratteristiche di dinamicità che hanno portato l’Europa a individuare la cooperazione  come risposta non solo alla crisi del welfare ma anche a quella sociale ed economica, in quanto capace di legare redditività e solidarietà.

Assume quindi oggi particolare importanza la definizione di un quadro normativo che possa sostenere il cambiamento culturale ed economico.Soprattutto se si considera che le cooperative costituiscono la maggiore forma rappresentativa dell’impresa sociale, profilo societario al centro della disegno di legge Bobba-Lepri e tassello fondamentale di una proposta di riforma del Terzo Settore.

 

Definizione quest’ultima secondo molti inadeguata a rappresentare il valore strategico di un ambito che contribuisce in maniera determinante al mantenimento e allo sviluppo della coesione sociale.

Quella auspicata dalla ricerca è infatti un’azione sinergica di più attori che sappiano capire e comprendere i bisogni e i nuovi rischi sul territorio, all’interno di un modello di governance compartecipata, realizzata cioè anche grazie alle imprese sociali, non-profit, e agli altri corpi intermedi, sindacati e associazioni datoriali comprese.

 

Un’intuizione invero già espressa da Marco Biagi nel lontano 1983 col volume Cooperative e rapporti di lavoro, e rilanciata più di recente dal Libro Bianco sul welfare scritto dal’ ex Ministro Sacconi nel 2010, punto da cui la ricerca ha preso avvio.

 

Tutto ciò considerato, parlare di cooperazione sociale significa anche parlare di innovazione, sia dei processi organizzativi sia delle professionalità richieste, come ha testimoniato Cristina Offredi, direttore generale della cooperativa Pugno Aperto di Bergamo, una delle cooperative osservate.

Al centro dei nuovi percorsi avviati dalle cooperative insieme a Confcooperative si colloca infatti il tema delle nuove competenze ricercate, sempre più spesso a cavallo tra dimensione economica e dimensione giuridica, e che siano portatrici di creatività.

 

A ciò le politiche attive per il lavoro hanno cominciato a dare i primi segnali di attenzione. E’ anche in questo senso che va infatti interpretato il ruolo del servizio civile nel piano Garanzia Giovani, come ha affermato l’assessore di Regione Lombardia alla formazione Valentina Aprea. Non solo un’esperienza volta ad accrescere il senso di cittadinanza e di partecipazione, ma un’opportunità per fare entrare la sensibilità e le idee dei giovani all’interno del processo di rinnovamento della cooperazione sociale.

 

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