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Bollettino ADAPT 13 febbraio 2023, n. 6
In tanti abbiamo visto, chi in diretta, chi dopo, la furia di Blanco sul palcoscenico del Festival di Sanremo 2023.
Quante volte, in altri luoghi, nelle piazze, nei parlamenti, nelle scuole, sugli spalti dei nostri stadi, nelle case e persino negli ambienti di lavoro capitano simili scene?
I fischi, il disprezzo, il monito vengono spontanei in molti di noi.
Quando osserviamo i più giovani, però, che siano i nostri figli, i nostri studenti, i nostri colleghi, dobbiamo fare uno sforzo in più, provando sempre prima a indossare i loro panni, cercando di pensare come deve essere stare al “posto loro”.
È l’unica strada per sottrarsi ad un giudizio superficiale e per provare a comprendere. Con ogni probabilità non giungeremo a condividere ma possiamo forse fare tesoro di una nuova prospettiva e di un diverso sentire dal nostro.
A Blanco, se fosse pronto ad ascoltare, direi che la strada della distruzione, quella che lui ha scelto di percorrere, non è la soluzione. Non lo è quando le cose non funzionano, quando non tutto fila liscio come vorremmo. Un microfono che non va, una cuffia che non consente di sentire la propria voce, un inghippo audio che rende difficile se non impossibile cantare, è solo una metafora di un ostacolo.
E quanti sono gli ostacoli che noi tutti incontriamo nel nostro incessante correre?
Tanti, materiali o interiori, spesso più difficili da accettare di un difetto di acustica. Ed è proprio allora, quando c’è la strada interrotta, l’istinto primordiale è quello di distruggere, di arrabbiarsi, di spaccare tutto. Perché siamo costretti a fermarci, a rinunciare, ad attendere e talvolta a cambiare. Perché forse distruggendo ci illudiamo di cancellare la difficoltà e il fallimento.
La rabbia di Blanco, i suoi calci e la scivolata sugli stessi petali che ha sparso, sono l’effetto di quell’istinto basilare.
Però oltre l’istinto noi uomini abbiamo in dotazione anche una razionalità, un cuore, un pensiero che ci consente di riflettere sugli eventi e sulle possibilità che tali eventi ci offrono.
Anche un ostacolo può diventare una occasione. Anzi, a dirla tutta, i meno giovani lo sanno bene, sono proprio le difficoltà che ci offrono la possibilità di fare qualcosa di nuovo e di trasformare quello che abbiamo davanti a noi.
Cosa sarebbe successo se ieri Blanco avesse ballato invece che distrutto le rose? Se avesse lasciato lo spazio solo alla musica e ai suoi musicisti? Se avesse trasformato un difetto in un nuovo modo di fare musica? Forse chi lo guardava avrebbe intravisto una soluzione diversa, quella della costruzione. Una soluzione possibile di trasformazione.
Si possono costruire ponti quando le strade sono interrotte da acque o da crepe, si possono studiare soluzioni quando ci sono problemi importanti, si cuciono con ago e filo i buchi nelle trame dei tessuti, si incollano con l’oro i cocci delle ceramiche, si perdona l’errore quando capita che si sbagli. Si studia per superare un esame, si fatica per raggiungere la vetta, si suda per imparare a correre. Si riprova quando qualcosa non riesce al primo tentativo, si accettano le critiche, ci si alza presto se si vogliono vedere i colori dell’alba.
Siamo fatti per costruire, meglio ancora per trasformare, non per distruggere.
E quando decidiamo di distruggere, presi dall’ira, è nostro compito raccogliere i cocci, spazzare via i petali.
Eppure il furore giovanile è da accettare, è insito nell’illusione di potenza, dei primi anni, destinata a sedarsi.
Se noi adulti oggi non scusassimo la rabbia di tutti i Blanco che incontriamo, faremmo lo stesso errore dell’artista, distruggendo la sua immagine che ora ha bisogno di essere sostenuta e forse per lo meno compresa. Non gli apriremmo una finestra verso una trasformazione.
E se anche la sua fosse una trovata commerciale o una messinscena già prevista, la sostanza non cambierebbe.
È un buon modo per trasformare il mondo e iniziare a farlo in prima persona: iniziamo noi adulti a fare quello che chiediamo ai nostri giovani.
Eliana Bellezza
ADAPT Senior Reserarch Fellow