Bollettino ADAPT 13 febbraio 2023, n. 6
Ricorre in questa settimana il ventesimo anniversario della legge Biagi che fu preceduta dal Libro Bianco sul futuro del mercato del lavoro (redatto a seguito di consultazioni) presentato nell’ottobre 2001, dalla morte violenta di Marco Biagi il 19 marzo 2002, dal Patto per l’Italia sottoscritto il 5 luglio 2002 da 36 su 37 organizzazioni di tutela e rappresentanza sedute al tavolo negoziale nella Sala Verde di Palazzo Chigi. Non firmò solo la Cgil mentre aderirono tutte le organizzazioni datoriali, incluse quelle tradizionalmente vicine alla sinistra politica come la Lega delle Cooperative, e tutte le altre organizzazioni sindacali.
Il confronto fu intensissimo e impegnò il governo a discutere con tutti. La sola confederazione di Corso Italia preferì un giudizio politico d’insieme nonostante fosse caduta l’ipotesi di una correzione sostanziale dell’art.18 dello Statuto che era stata la ragione principale di tensioni con i sindacati. Insomma, non fu solo dialogo sociale ma vera concertazione perché vi fu contrattazione e firma conclusiva su testi.
Eppure, ancora oggi, vi è chi imputa al governo del tempo di avere praticato una linea divisiva della coalizione sindacale come se le 36 organizzazioni firmatarie fossero soggetti deboli, manipolati dal governo. Secondo alcuni, il veto della Cgil avrebbe dovuto bloccare ogni processo decisionale e anche nell’area di maggioranza vi erano state opinioni secondo le quali era meglio lasciar perdere. Qualcuno, in questo ambito, arrivò perfino a dire che non si doveva umiliare la Cgil. È bene ricordare tutto ciò non solo per l’attualità di qualche polemica accademica ma soprattutto per sottolineare che nelle dinamiche del lavoro, che tanto hanno pesato nella economia e nella società italiana, l’accelerazione del cambiamento è stata talora consentita proprio da accordi largamente maggioritari anche se non unanimi. Basti pensare ad un altro 14 febbraio, quello del 1984, nel quale tutte le parti sociali senza la Cgil firmarono il patto per il rientro dalla inflazione a doppia cifra che portò a concreti risultati in termini di crescita.
Ma lo stesso 14 febbraio 2003, come approfondiremo nell’anno, ha rappresentato un punto di svolta culturale prima ancora che normativo. Finisce il monopolio del collocamento pubblico, si avvia il pluralismo competitivo degli intermediari dedicati ad accompagnare al lavoro chi non lo ha ma lo desidera, comincia ad integrarsi l’apprendimento teorico con quello pratico, si riconosce il carattere sempre più ibrido della prestazione lavorativa nella quale si relativizza l’orario e si perseguono obiettivi, emerge la duttilità contrattuale delle regole in luogo della rigidità legislativa. La legge e il suo decreto attuativo hanno subito correzioni negli anni. Non sempre evolutive. Varrà la pena esaminarle per scoprire, magari, che per alcune conviene tornare quanto meno allo spirito originario che, grazie a Biagi, fu davvero discontinuo.
Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi