I nuovi standard di emissione di CO2 per i veicoli: dalla politica industriale europea all’impatto su mercato del lavoro e sulle competenze

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Bollettino ADAPT  6 marzo 2023, n. 9
 
Lo scorso 14 febbraio, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva i nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2 di autovetture e veicoli commerciali leggeri di nuova produzione. Ciò nell’ambito del pacchetto “Pronti per il 55%” nel cui contesto la Commissione aveva presentato, a luglio 2021, una proposta legislativa per il rafforzamento dei livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi. La proposta intende contribuire agli obiettivi climatici UE per il 2030 e il 2050, fornire benefici ai cittadini e stimolare l’innovazione nell’ambito delle tecnologie a emissioni zero.
 
Con una netta maggioranza i deputati hanno approvato l’accordo raggiunto con il Consiglio sugli obblighi di riduzione delle emissioni di CO2 per nuove auto e nuovi furgoni, in linea con gli ambiziosi obiettivi climatici dell’UE.
 
La legislazione approvata prevede l’obbligo per nuove autovetture e nuovi veicoli commerciali leggeri di non produrre alcuna emissione di CO2 dal 2035. L’obiettivo è quello di ridurre del 100% le emissioni di questi tipi di veicoli rispetto al 2021. Gli obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni per il 2030 sono stati fissati al 55% per le autovetture e al 50% per i furgoni.
 
Fra gli altri strumenti previsti dalla recente normativa, la Commissione ha anche sottolineato l’urgenza di adottare metodologie per la valutazione e comunicazione dei dati relativi alle emissioni durante tutto il ciclo di vita di auto e furgoni leggeri venduti all’interno del territorio dell’Unione. In tal senso, l’impegno è di presentare il piano entro il 2025, anche accompagnato da eventuali proposte legislative. Entro dicembre 2026, la Commissione si assume inoltre l’impegno di monitorare l’eventuale divario fra valori limite di emissione e i dati reali del consumo di carburante ed energia. In quell’occasione, la Commissione si impegna a specificare le metodologie per l’adeguamento delle emissioni inquinanti per ogni specifica casa automobilistica. Infine, con cadenza biennale, il regolamento stabilisce che, a partire dalla fine del 2025, la Commissione debba pubblicare una relazione per valutare i progressi compiuti nell’ambito della mobilità a zero emissioni nel trasporto su strada.
 
A tale disciplina sono però previste un’esenzione totale dall’obbligo per chi produce meno di 1000 veicoli l’anno, e una deroga, relativamente a questo stop alle vendite fino alla fine del 2035, per i costruttori di piccoli volumi di produzione, calcolati nell’arco di un intero anno solare, e precisamente per i costruttori di automobili dalle 1000 fino alle 10000 unità, e per i costruttori di furgoni, dalle 1000 alle 22000 unità l’anno.
 
Contestualmente alle misure sopraelencate riguardanti i veicoli leggeri, la Commissione europea ha inoltre avviato un confronto per la revisione del regolamento delle emissioni di CO2 anche per autobus e camion. La proposta, in particolare, prevede di anticipare l’obiettivo di eliminazione delle emissioni dal 2030 per i bus che circolano in territorio urbano e cittadino e un taglio del 90% delle emissioni per l’intera flotta di mezzi pesanti dal 2040 (con step intermedi al 2030, anno in cui viene previsto un taglio delle emissioni pari al 45%; e al 90% nel 2040).
 
Sebbene, come ha dichiarato l’europarlamentare olandese di Renew Europe Jan Huitema -relatore dell’accordo – “La normativa incentiva la produzione di veicoli a basse e a zero emissioni. Inoltre, contiene un’ambiziosa revisione degli obiettivi per il 2030 e l’obiettivo emissioni zero per il 2035, cruciale per il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Questi obiettivi offriranno chiarezza per l’industria automobilistica e stimoleranno l’innovazione e gli investimenti dei costruttori. Acquistare e guidare autovetture a emissioni zero diventerà meno oneroso per i consumatori e porterà a un rapido sviluppo del mercato di seconda mano. Guidare in modo sostenibile diventerà accessibile a tutti”, questi nuovi obiettivi non sono stati esenti da critiche.
 
In primis, Germania e Italia hanno espresso posizioni contrarie alla normativa presentata. L’Italia, attraverso una dichiarazione del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha motivato la propria posizione di dissenso affermando come “i target ambientali vanno raggiunti attraverso una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa”, caratteristiche che secondo il paese non vengono assicurate mediante la disciplina proposta. Similmente si è espressa la Germania che ha minacciato l’astensione se non addirittura il veto al regolamento sullo stop ai motori a combustione nel 2035 qualora il regolamento non venga presentato integrato ad una disciplina in merito agli e-fuel o guardando anche alle nuove tecnologie utilizzabili nel settore dei trasporti, tra cui quella dell’idrogeno.
 
Se, come da iter legislativo, il 7 marzo il Consiglio dell’Unione Europea avrebbe dovuto approvare formalmente il testo prima della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale, i diversi ostacoli e resistenze degli stati membri hanno di fatto portato il Coreper, l’organo che riunisce gli ambasciatori permanenti presso l’Unione europea, a rinviare il voto.
 
È indubbio, inoltre, come questa proposta impatterà non solo sulla produzione e vendita di veicoli, incidendo dunque sulle politiche industriali dei Paesi Membri, ma invero anche sulle dinamiche occupazionali, sulle competenze richieste ai lavoratori del settore dell’automotive -e anche su quelle dei loro rappresentanti- e sulle transizioni industriali delle regioni con una forte specializzazione del comparto automobilistico e della sua filiera. A tal proposito rileva illustrare come si sono espresse sul punto le parti sociali che, se da un lato e in termini generali, concordano con la necessità di rinnovamento dell’industria dei trasporti a livello europeo a sostegno della transizione verde, dall’altro, sottolineano come queste politiche di transizione debbano essere accompagnate anche dalla creazione di posti di lavoro di qualità.
 
Infatti, come ben evidenziato nello dalle posizioni di IndustriallEurope la federazione sindacale europea rappresenta i lavoratori dei settori metalmeccanico, chimico, energetico, minerario, tessile, dell’abbigliamento e calzaturiero e delle industrie e attività connesse: “Questi cambiamenti tecnologici non sono ‘neutri’ per i lavoratori. Alcuni di essi porteranno a massicce perdite di posti di lavoro in alcune parti della catena del valore. Le tecnologie hanno anche un impatto sui profili di competenze richiesti nel settore e la loro rapida introduzione potrebbe creare sfide per alcune categorie di lavoratori (poco qualificati, lavoratori anziani, lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato)”. Secondo il IndustriAll Europe, perciò, al fine di evitare spiazzamenti occupazionali e l’acuirsi delle di diseguaglianze, sarà fondamentale garantire che la strategia di riduzione delle emissioni di CO2 si preoccupi di supportare l’industria automobilistica e la leadership dell’UE e nella produzione di veicoli per il trasporto pesante su gomma. Nel suo Just Transition Manifesto, IndustriAll Europe sottolinea pertanto la necessità di un policy framework equo per i lavoratori e con preciso riferimento al comparto dei trasporti del settore automobilistico, una “giusta transizione” dovrebbe considerare: (1) l’urgenza di realizzare valutazioni dell’impatto, con approfondimenti a livello regionale, della transizione lungo tutta la catena di approvvigionamento e del valore per evitare cambiamenti dirompenti per i lavoratori; (2) la messa a disposizione di finanziamenti adeguati per sostenere le regioni in difficoltà a causa degli effetti delle strategie di decarbonizzazione; (3) la necessità di anticipare il cambiamento a tutti i livelli (impianti, aziende, regioni e settori) attraverso piani sviluppati con i sindacati e (4) ino sforzo significativo da parte di enti pubblici e aziende per riqualificare e riqualificare i lavoratori e accrescere le loro competenze.
 
Dal punto di vista della ricerca e attraverso la lente delle relazioni industriali, ADAPT sta presidiando il tema con il progetto europeo TIR-HTransporting Industrial Relations towards Hydrogen”, che si propone di fornire ai sindacalisti e ai rappresentanti dei lavoratori di quattro paesi (Italia, Francia, Ungheria e Turchia)  informazioni e formazione adeguate per gestire le dinamiche connesse alla transizione “verde” nel settore automobilistico con particolare riferimento alle sfide e alle criticità legate al passaggio dalla produzione di veicoli per il trasporto pesante su strada attualmente alimentati a combustibili fossili a quelli che in futuro “viaggeranno” ad idrogeno, una fra le nuove tecnologie che potrebbero contribuire ad abilitare la decarbonizzazione del settore. In questo contesto, è già stato realizzato un primo report ed è stato svolto la prima sessione di training transnazionale in occasione del quale gli operatori sindacali hanno potuto confrontarsi reciprocamente e con esperti e colleghi sulle iniziative europee e sulle esperienze di dialogo sociale in materia di transizione verde e giusta del settore del trasporto pesante1.
 
Sara Prosdocimi

Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ProsdocimiSara
 
Margherita Roiatti

ADAPT Research Fellow

@MargheRoi
 
1 Il report e i materiali del training si possono reperire nel sito del progetto TIR-H, https://www.adapt.it/tir-h/.

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