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Bollettino ADAPT 26 giugno 2023, n. 24
Il fenomeno del welfare aziendale ancora oggi suscita profondo interesse, come testimoniato dalla proliferazione di ricerche e studi in materia e dal continuo susseguirsi di interventi legislativi e della prassi amministrativa.
Nell’ambito dell’Osservatorio ADAPT sul welfare occupazionale e aziendale in Italia, è stato più volte sottolineato come il welfare aziendale non si riduca alla sua componente “fiscale” visto che esso rappresenta una delle declinazioni del welfare occupazionale.
Quest’ultimo è un fenomeno complesso che mette insieme le possibilità aperte dalla disciplina introdotta a partire dalla legge di bilancio 2016 con il fermento che si registra nei sistemi di relazioni industriali verso la ricerca di nuovi strumenti in grado di sostenere le esigenze di redditività, competitività e produttività del sistema economico e di favorire un miglioramento della vita privata e lavorativa dei lavoratori.
È proprio per perseguire questa duplice finalità che il legislatore è intervenuto a più riprese con l’intento di agevolare il riconoscimento di misure di welfare aziendale attraverso la riduzione degli oneri fiscali e contributivi sul lavoro subordinato. Per stimolare poi ulteriormente la diffusione delle misure di welfare aziendale, il legislatore è intervenuto incentivando la contrattazione di secondo livello rispetto al riconoscimento delle misure per via unilaterale, favorendo così l’erogazione dei benefit in sostituzione totale o parziale dei premi di risultato.
Per poter comprendere appieno un fenomeno complesso è, però, senza dubbio necessario aver chiaro qual è il quadro normativo nell’ambito del quale esso si sta sviluppando. Operazione questa non semplice vista «l’estrema complessità tecnica di una materia condizionata da una formazione alluvionale, senza una precisa visione di sistema» (per un approfondimento si rinvia a M. Tiraboschi (a cura di), Welfare for People. Quinto Rapporto su il welfare occupazionale e aziendale in Italia, ADAPT University Press, 2022, disponibile open access sul sito farecontrattazione.it).
Infatti, la disciplina del welfare aziendale è data dalla sommatoria degli interventi che si sono susseguiti soprattutto in sede di legge di bilancio relativamente alle disposizioni del TUIR, prevedendo delle deroghe al principio di omnicomprensività del reddito.
Sul punto è bene sottolineare che l’individuazione della base imponibile – nonostante il processo di armonizzazione operato nel 1997 – è differente in materia di welfare aziendale poiché il regime di esclusione dell’imponibile ai fini contributivi è più ampio di quello fiscale (alla luce di quanto previsto non solo dall’art. 51 del TUIR ma anche dall’art. 12, comma 4, lett.f, della legge n. 153/1969, così come modificato dall’art. 6 del d.lgs. n. 314/1997).
È proprio per chiarire i riflessi previdenziali che l’Inps ha di recente diramato la circolare n. 49/2023, con la quale – oltre a ripercorrere la genesi e l’evoluzione della disciplina del welfare aziendale – sono stati forniti dei chiarimenti relativi alla determinazione dell’imponibile in materia di strumenti di welfare erogati ai sensi dell’art. 51, comma 2, del TUIR e ai premi di risultato trasformati in misure di welfare ai sensi dell’art. 1, commi da 182 a 190, della legge n. 208/2015 e s.m.i.
La circolare fa luce su alcuni aspetti connessi ai benefit di cui all’art. 51, comma 2, TUIR e al loro regime previdenziale; ai titoli di legittimazione dei benefit sotto forma di voucher e ai profili previdenziali relativi al premio di risultato e alla sostituzione del premio con misure di welfare.
Dal punto di vista dell’imponibilità dei redditi da lavoro, a partire dalla legge di bilancio 2016, è stato ampliato il perimento delle prestazioni che non concorrono alla determinazione della retribuzione imponibile.
In particolare è stato modificato l’art. 51 TUIR, comma 2, lettere f (finalità sociali di cui agli articoli 12 e 100 TUIR) e f-bis (educazione e istruzione) nonché introdotto le lettere d-bis (trasporto pubblico), f-ter) (assistenza ai familiari anziani e non autosufficienti) e f-quater (assicurazioni LTC), per le quali la non concorrenza al reddito da lavoro dipendente è subordinata alla condizione che i benefit siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti (per approfondimenti sulla normativa aggiornata alla legge n. 23/2023, si rinvia a E. Massagli, S. Spattini, M. Tiraboschi, Fare welfare in azienda. Guida pratica per imprese, consulenti, sindacalisti, operatori, ADAPT University Press, 2023).
Per quanto concerne le somme riconosciute per l’erogazione di prestazioni integrative previdenziali o assistenziali a favore del lavoratore o di familiari (nonché per le forme pensionistiche complementari) e previste da contratti collettivi o regolamenti aziendali, dal punto di vista previdenziale opera l’assoggettamento delle somme erogate ad un contributo di solidarietà del 10%, da applicare alla quota a carico datore di lavoro e da devolvere alle gestioni pensionistiche di legge a cui sono iscritti i lavoratori. La circolare chiarisce che in caso vi sia una sovrapposizione tra l’ente, cassa o fondo che eroga le prestazioni ex lett. a) lett. f-quater), è necessario garantire una contabilizzazione separata delle due prestazioni in modo da assicurare la corretta applicazione della disciplina previdenziale.
Di interesse sono poi i chiarimenti che attengono ai profili previdenziali relativi al premio di risultato e alle somme convertite in welfare di quest’ultimo.
Il premio di risultato è un reso strutturale nel nostro ordinamento con le modifiche introdotte legge n. 208/2015 (art. 1, commi 182-190), la quale consente di corrispondere un ammontare variabile ai dipendenti ancorato a parametri volti a misurare e verificare gli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Tale ammontare gode di un regime fiscale agevolato, consentendo l’applicazione di una imposta sostitutiva IRPEF pari al 10% (e per il 2023 pari al 5%) entro il limite pari a 3000 euro lordi mentre, dal punto di vista previdenziale, trova applicazione il regime contributivo ordinario.
Tale doppio sistema (agevolazione fiscale e non contributiva) viene superato in caso di conversione degli importi in prestazioni sociali. È proprio la disciplina istitutiva del premio a prevedere la c.d. welfarizzazione del premio di risultato, ovvero la possibilità per il lavoratore di ricevere le remunerazioni variabili in strumenti di welfare ai sensi dell’art. 51, comma 2, TUIR. In caso di conversione volontaria dell’ammontare totale o parziale, si applica un’esenzione sia ai fini fiscali che contributivi entro i limiti e le soglie previste dal TUIR.
In aggiunta ai criteri citati, vi sono ulteriori condizioni da rispettare affinché possa trovare applicazione il regime agevolato: la disciplina riguarda solo settore privato (inclusi gli enti pubblici economici); il premio deve essere erogato in esecuzione di contratti aziendali o territoriali di cui all’art. 51, d.lgs. n. 81/2015 depositati presso l’ispettorato del lavoro territoriale entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione e l’agevolazione opera quando il lavoratore non ha avuto un reddito superiore a 80.000 euro l’anno precedente rispetto a quello di percezione delle somme agevolate.
Se non sono soddisfatti tali requisiti, tutte le somme erogate concorrono pienamente alla determinazione del reddito da lavoro; se invece vi è un superamento della soglia prevista (3.000 euro), allora la parte eccedente tale soglia è pienamente assoggettata a contribuzione e a imposta fiscale.
Da segnalare anche che la legge n. 232/2016 ha esteso la possibilità di conversione non solo alle prestazioni sociali ma anche ai benefit di cui all’art. 51, comma 4, TUIR sempre su richiesta del dipendente (veicoli a uso promiscuo, prestiti, fabbricati in locazione in uso o in comodato, servizi gratuiti di trasporto ferroviario). In questo caso però le somme o servizi fruiti sono assoggettati a imposizione ordinaria anche se fruiti in sostituzione delle somme premiali.
Con riferimento alle somme erogate attraverso i premi di produttività (o attraverso la partecipazione agli utili) con l’art. 55 decreto-legge n. 50/2017 sono state introdotte delle novità operanti solo nel caso in cui datori di lavoro coinvolgano in modo paritetico i lavoratori nell’organizzazione del lavoro o in esecuzione di contratti collettivi depositati. In presenza di tal condizione, si applica, dal punto di vista fiscale, una aliquota del 10% per importi fino a 3.000 (tale soglia ‘ordinaria’ è innalzata a 4.000 euro per i soli contratti sottoscritti prima del 24 aprile 2017) mentre, dal punto di vista contributivo, vi è una riduzione di 20 punti percentuali dell’aliquota contributiva IVS a carico del datore di lavoro sulle quote delle erogazioni relative a premi di risultato non superiori a 800 euro (per le quali è altresì prevista la non debenza di contribuzione a carico lavoratore).
Sempre sulla disciplina del premio di risultato, è intervenuta la legge di bilancio 2017, estendendo il perimetro dei benefit fruibili mediante la conversione. In particolare (ai sensi dell’art. 1, co. 160, legge di bilancio 2017), non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente né sono soggetti all’imposta sostitutiva: i contributi alle forme pensionistiche complementari anche se versati in eccedenza rispetto ai limiti di deducibilità; i contributi di assistenza sanitaria destinati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale anche se versati in eccedenza rispetto ai limiti di esenzione stabiliti dal TUIR; il valore della azioni offerte alla generalità dei dipendenti anche se ricevute di importo superiore a quanto stabilito dalla norma generale.
Con riferimento all’assoggettabilità delle somme versate dal datore di lavoro e destinate al finanziamento di forme di previdenza complementare o all’assistenza sanitaria, si segnala che l’art. 12, co.4, lett. f della legge 153/2969 prevede che esse siano assoggettate al contributo di solidarietà.
Infine, la circolare n. 49/2023 precisa che nel regime dell’art. 12 legge n. 153/1969 vengono riassorbite anche le ipotesi di conversione dei premi di risultato in forme di welfare aziendale di cui al comma 2 dell’ art. 51, le quali dovranno essere comunque assoggettate al contributo di solidarietà del 10% carico datore di lavoro.
Se invece il premio viene convertito con azioni offerte alla generalità dei dipendenti, il legislatore ha previsto una deroga alla lett. g, art. 51, co. 2, TUIR che prevede non solo una modifica del limite del valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito, ma anche alle condizioni che richiedono l’attribuzione delle azioni e la non cedibilità delle stesse prima del triennio nonché – anche oltre tale termine – al datore di lavoro o alla società emittente.
Alla luce di tali chiarimenti in merito alle ricadute fiscali e contributive connesse al riconoscimento di strumenti di welfare, anche attraverso la welfarizzazione del premio di risultato, si può senz’altro sottolineare che il welfare aziendale sia uno strumento messo a disposizione per perseguire delle finalità prettamente sociali, sulla base delle quali sono state sancite delle deroghe al principio di omnicomprensività del reddito da lavoro.
Non è infatti auspicabile limitare la portata innovativa dello strumento attraverso una sua curvatura consumistica, anzi, sarebbe opportuno ridurre quei tentativi di utilizzare il welfare aziendale come semplice canale per riconoscere degli emolumenti sotto forma di prestazioni, servizi e beni e, così, ridurlo a mero strumento di compressione dell’onere fiscale e contributivo sul lavoro subordinato.
Alla luce delle più recenti novità introdotte in materia con il decreto lavoro (per un approfondimento si veda E. Massagli, Limiti, peculiarità e funzionamento dei nuovi “fringe benefit per la natalità” (art. 40, d.l. n. 48/2023), in E. Dagnino, C. Garofalo, G. Picco, P. Rausei (a cura di), Commentario al d.l. 4 maggio 2023, n. 48 c.d. “decreto lavoro”, ADAPT LABOUR STUDIES e-book series n. 99, 2023, pp. 220 – 226), sarà interessante seguire le evoluzioni che si registreranno nei prossimi mesi attraverso l’analisi di quanto accade nei sistemi di relazioni industriali che, anche nel corso del 2022, hanno dimostrato di saper recepire le innovazioni, adattandole alle necessità rilevate nei contesti produttivi (per una panoramica, si veda IX Rapporto ADAPT. La contrattazione collettiva in Italia (2022), ADAPT University Press, 2023, pp. 169-181).
Chiara Altilio
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
Università degli Studi di Siena