Legge di bilancio 2024: le novità in materia di lavoro, pensioni e fiscalità

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Bollettino ADAPT 22 gennaio, n. 3 2024
 
Lo scorso 30 dicembre 2023 in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la Legge n. 213 del 30 dicembre 2023, recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”. 
 

In via preliminare, tra le varie misure introdotte con la nuova Legge di Bilancio 2024 Vi segnaliamo, alcune novità in materia di lavoro che interessano sia i lavoratori dipendenti sia i datori di lavoro, tra cui l’esonero parziale dei contributi previdenziali e la decontribuzione in favore delle lavoratrici con figli.
 
Sul fronte delle agevolazioni alle assunzioni alcune delle misure attive nel 2023 non sono state prorogate con l’attuale Legge di Bilancio. Tra queste misure ricordiamo l’esonero contributivo per i datori di lavoro che assumono giovani under 36 alla prima esperienza con contratto a tempo indeterminato (rimane invece in vigore l’esonero parziale previsto dall’art. 1, c. 100 – 105 e 107 della L. 205/2017) e donne svantaggiate (per la categoria resta in vigore l’incentivo previsto all’art. 4, c. 8-11, della L. 92/2012 nei settori caratterizzati da un alto tasso di disparità uomo-donna). Si aggiunge poi anche il bonus per i cosiddetti NEET, i giovani sotto i 30 anni che non studiano né lavorano, e il bonus assunzioni per i percettori del reddito di cittadinanza, abolito assieme alla misura stessa.
 
Prorogata invece la Decontribuzione Sud ovvero la misura che agevola le imprese con sede nelle regioni del Mezzogiorno garantendo un esonero contributivo del 30 per cento per ogni dipendente impiegato. L’agevolazione è stata prevista dalla Legge di Bilancio 2021 fino al 2029 ma trattandosi di una misura che rientra nella disciplina degli aiuti di Stato necessita dell’autorizzazione della Commissione Europea per essere operativa. Con la decisione C(2023) 9018 final del 15 dicembre 2023, la Commissione ha dunque prorogato l’applicabilità della decontribuzione fino al 30 giugno 2024. In questo modo, tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, delle Regioni del Meridione potranno continuare a beneficiare dell’esonero contributivo del 30 per cento almeno fino a tale data. Spetta per tutti i rapporti di lavoro dipendente ad esclusione del settore agricolo, finanziario e dei contratti di lavoro domestico.
 
Da ultimo, nell’ambito della delega al Governo per la riforma fiscale di cui alla legge 111/2023, l’art. 4 del Dlgs n. 216/2023 ha introdotto una nuova modalità di agevolazione per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2024 (sul punto, cfr. M. Menegotto, Incentivi alle assunzioni: verso un cambio di paradigma?, in Bollettino ADAPT 15 gennaio 2024 n. 2).
 
A seguire l’analisi delle principali novità in materia di lavoro.
 
Decontribuzione 2024Esonero parziale dei contributi previdenziali
 

L’art. 1, comma 15, della legge di bilancio 2024 riconosce per un altro anno per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, per i rapporti di lavoro dipendente, con esclusione dei rapporti di lavoro domestico, un esonero – senza effetti sul rateo di tredicesima – dal versamento dei contributi previdenziali a carico del lavoratore. Tale esonero è pari al 6% se la retribuzione imponibile, riparametrata su base mensile per tredici mensilità, non eccede l’importo mensile di 2.692 euro e al 7% se la medesima retribuzione non eccede l’importo mensile di 1.923 euro. La disposizione precisa che resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
 
In relazione a tale misura, è stata pubblicata dall’I.N.P.S. la circolare n. 11 del 16-01-2024 esplicativa della presente misura, tra cui si segnala che il cuneo fiscale si effettuerà già sulle paghe di gennaio, con un vantaggio non irrilevante.
 
Fringe benefit e welfare aziendale
 

L’art. 1, commi 16 e 17, prevede limitatamente al periodo di imposta 2024 una disciplina più favorevole – rispetto a quanto previsto dall’art. 51, comma 3, del TIUR – in materia di esclusione dal computo del reddito imponibile dal lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo (fringe benefits). Nel 2023 il limite era stato elevato da euro 258,23 a euro 3.000 esclusivamente a favore dei dipendenti con figli fiscalmente a carico; nel 2024 si è invece optato per una misura più bilanciata: l’elevazione del limite di esenzione da 258, 23 euro a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e a 1.000 euro per gli altri lavoratori dipendenti (per un approfondimento, cfr. S. Spattini, Legge di Bilancio 2024: Nuovi limiti di esenzione per i fringe benefits, in Bollettino ADAPT  22 gennaio 2024, n. 3).
 
Ai fini dell’attuazione della misura in questione, i datori di lavoro devono informare preventivamente le RSU laddove presenti, mentre i lavoratori con figli a carico devono dichiarare al proprio datore di lavoro di avere diritto all’applicazione del limite di 2.000 euro, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico.
 
Detassazione premi di risultato

L’art. 1, comma 18, conferma al 5%, anche per il 2024, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di produttività di cui all’art. 1, comma 182, L. 208/2015, erogati dal datore di lavoro ai propri dipendenti. In particolare, la detassazione si applica ai premi di risultato corrisposti in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali, in relazione ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione e alle somme pagate a titolo di partecipazione agli utili, entro il limite complessivo di 3.000 euro annui a condizione che il reddito percepito nell’anno precedente non abbia ecceduto l’importo di € 80.000.
 
Condizione essenziale ai fini dell’applicazione dello sconto fiscale è che l’erogazione dei premi di risultato avvenga in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali sottoscritti dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, oppure dalle RSA o RSU, e che sia rivolta alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti.
 
Sgravio settore turistico/alberghiero
 

L’art. 1, commi 21-25, prevede per il periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2024, a favore dei lavoratori degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e del comparto del turismo con un reddito fino a 40.000 euro, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo speciale, pari al 15 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi.
 
Il trattamento integrativo viene corrisposto dal datore di lavoro su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto l’importo del reddito conseguito nell’anno 2023 anche da più datori di lavoro. Le somme erogate sono indicate nella certificazione unica relativa all’anno di competenza. Il datore di lavoro recupera l’importo del trattamento erogato al dipendente tramite credito d’imposta da compensare sul modello F24 del mese stesso in cui tale trattamento viene erogato.
 
Lavoro domestico

 
L’art. 1, commi 60-63, disciplina le misure di contrasto all’evasione nel settore del lavoro domestico e prevede che l’Agenzia delle entrate e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) realizzino la piena interoperatività delle rispettive banche dati per lo scambio e l’analisi dei dati al fine di contrastare l’evasione fiscale nel settore del lavoro domestico.
 
Congedi parentali
 
L’art. 1, comma 179, dispone, per i genitori che fruiscono alternativamente del congedo parentale, in aggiunta all’attuale previsione di una indennità pari dell’80% della retribuzione per un mese entro il sesto anno di vita del bambino, il riconoscimento di un’indennità pari al 60% (in luogo dell’attuale 30%) per un mese ulteriore al primo. Per il solo anno 2024 la misura dell’indennità riconosciuta per il mese ulteriore al primo è pari all’80% della retribuzione, invece che al 60%. Si specifica, infine, che tale disposizione si applica con riferimento ai lavoratori che terminano, dopo il 31 dicembre 2023, il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità. Nel dettaglio, il comma interviene a novellare l’articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Quindi nel 2024 i genitori potranno fruire di due mesi di congedo parentale all’80%. Mentre dal 2025, a meno che non ci sia una riconferma della percentuale all’80% anche per il secondo mese, potranno fruire di 1 mese all’80% e di un altro mese al 60%.
 
Decontribuzione delle lavoratrici madri
 

L’art. 1, commi 180-182, ha previsto per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, un esonero del 100% dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico delle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. In via sperimentale, per l’anno 2024, tale esonero è riconosciuto anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
 
Decontribuzione per donne vittime di violenza
 

L’art. 1, commi 191-193, prevede il riconoscimento di uno sgravio contributivo totale in favore dei datori di lavoro privati, che, nel triennio 2024-2026, assumono donne disoccupate vittime di violenza, beneficiarie del reddito di libertà. Tale sgravio è riconosciuto nel limite massimo di importo di 8.000 euro annui e per la durata di 24 mesi, se l’assunzione è a tempo indeterminato, di 12 mesi, se è a termine, e di 18 mesi, se il relativo contratto è trasformato da tempo determinato a tempo indeterminato. Tali benefici contributivi sono riconosciuti entro determinati limiti di spesa per gli anni dal 2024 al 2028; il monitoraggio delle minori entrate contributive da ciò derivanti è effettuato dall’INPS, che – qualora risulti, anche in via prospettica, raggiunto tale limite di spesa – non considera ulteriori domande di accesso ai benefici medesimi.
 
Le nuove aliquote fiscali
 
Con l’occasione preme riferire che, parallelamente alla manovra di bilancio, è stata introdotta a partire dal 2024 la modifica delle aliquote IRPEF. Nello specifico, il Governo, intervenendo sul TUIR, ha ridotto, a decorrere dal 1° gennaio 2024 e per un solo anno, le aliquote IRPEF da quattro a tre, le quali si articolano come segue:

– 23% per i redditi fino a € 28.000;

– 35% per i redditi oltre € 28.000 e fino a € 50.000;

– 43% per i redditi oltre € 50.000.

Viene inoltre aumentata la detrazione minima pari a 1.880 € a 1.955 € così da ampliare la No Tax Area ai redditi imponibili fino ad € 8.500 equiparandola a quella prevista per i redditi da pensione.
 
In pensione nel 2024? Quali scelte e quali flessibilità in uscita?

 
L’intervento sul fronte pensionistico, ai senti della legge di bilancio 2024, interviene come di seguito riportato:
 
L’accesso alla pensione di vecchiaia si consegue in caso di perfezionamento dei requisiti di 67 anni di età e 20 anni di anzianità contributiva ed è ritenuto sufficiente che l’importo della pensione sia pari o superiore all’importo dell’assegno sociale [la previgente condizione prevedeva che l’importo della pensione non fosse inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale].
 
L’accesso al trattamento anticipato (attualmente, 64 anni di età e 20 anni di contributi), si consegue se l’importo soglia corrisponde a: 3,0 volte l’assegno sociale per le donne senza figli e per gli uomini; 2,8 volte per le donne con un figlio; 2,6 volte per le donne con almeno due figli. [La previgente condizione prevedeva un coefficiente unico pari a 2,8 volte la misura dell’assegno sociale.]
 
L’accesso all’opzione donna si consegue se la lavoratrice abbia maturato entro il 31 dicembre 2023, un’età anagrafica di almeno 61 anni (ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni) con un un’anzianità contributiva pari almeno a 35 anni. Si noti che la legge di bilancio eleva il requisito dell’età anagrafica (da 60 a 61 anni). A tali requisiti, se ne deve aggiungere, alternativamente, uno dei seguenti: (1) assistano da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto 70 anni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; (2) abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%; (3) siano lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa del MISE. In questo caso, la riduzione di due anni del requisito anagrafico di 61 anni trova applicazione a prescindere dal numero di figli.
 
L’accesso al pensionamento anticipato “quota 103” si consegue maturando 63 anni di età e 41 anni di contributi. Vengono però modificate le limitazioni agli importi degli assegni e alla cd. finestre mobili. La pensione, erogata integralmente con il sistema contributivo, non potrà superare 4 volte il trattamento minimo (anziché 5) sino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (attualmente, 67 anni), mentre per la decorrenza delle prestazioni gli interessati dovranno attendere dalla maturazione dei requisiti 8 mesi per il primo accredito. Si conferma, invece, l’incentivo alla prosecuzione dell’attività lavorativa, in quanto una volta raggiunti i requisiti pensionistici, si può richiedere al proprio datore di lavoro la corresponsione in proprio favore dell’importo corrispondete alla quota di contribuzione a proprio carico e conseguente esclusione del versamento della quota contributiva.
 
Disposizioni in materia di riscatto di periodi non coperti da retribuzione

 
La Legge di bilancio 2024, art. 1 c. 126, ha confermato la possibilità per il biennio 2024-25, la possibilità di riscattare dal 1996 in poi i periodi non coperti da retribuzione. Il periodo massimo riscattabile è di cinque anni e sarà parificato a contributi da lavoro.
 
Regime Impatriati

 
Ai sensi dell’Art. 5 del decreto Internazionalizzazione (D.lgs. 209/23), si prevede un nuovo regime di impatriati e contestualmente viene eliminato il regime antecedente. I redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia, entro il limite annuo di 600.000 euro, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare. Devono essere rispettate le seguenti condizioni: (1) residenza fiscale in Italia per 5 anni; (2) nei tre periodi di imposta precedenti al trasferimento, i lavoratori non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia; (3) l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato e (4) i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Infine, la residenza fiscale in Italia deve essere mantenuta per almeno quattro anni, in modo da non decadere dai benefici (con eventuale recupero di quelli già fruiti).
 
I redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare, come condizione di miglior favore, nel caso in cui il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore ovvero in caso di nascita di un figlio o di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime di cui al presente articolo.
 
Dalla data di entrata in vigore del presente decreto viene eliminato il regime precedente. Tuttavia, è previsto un regime transitorio: le disposizioni di cui al primo periodo continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica (e non fiscale) in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data.
 
Il nuovo concetto di residenza fiscale
 
Art. 1 del decreto Internazionalizzazione (D.lgs. 209/23), attuativo della riforma fiscale in materia di Fiscalità Internazionale, modifica il concetto di residenza fiscale.
 
Nella vecchia formulazione del comma 2 dell’articolo 2 del Tuir si faceva riferimento alla definizione di domicilio «ai sensi del Codice Civile», in base al quale il domicilio di una persona è «nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi», come previsto dall’articolo 43, comma 1, del Codice.
 
Dal 2024, per domicilio si intende “il luogo in cui si sviluppano in via principale le relazioni personali e familiari della persona”. Si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposte nelle anagrafi della popolazione residente.
 
Alessandra Sannipoli

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e Innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@alesanni1310
 
Angela Zaniboni

ADAPT Junior Fellow

@angzanib

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