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Bollettino ADAPT 8 aprile 2024, n. 14
Dal primo aprile, il lavoro agile (o smart working) non è più un diritto “rafforzato” per i lavoratori e le lavoratrici cosiddette fragili.
Come noto, il lavoro agile è figlio dell’innovazione digitale e, come tale, veicola imprevedibili opportunità, nonché altrettanti rischi, vecchi e nuovi. Entrambi i profili (positivo e negativo) vanno individuati, ricalcando i primi e allentando i secondi. La normativa dell’emergenza ci aveva insegnato qualcosa di positivo. Il lavoro agile potrebbe essere d’aiuto per migliorare l’occupazione flessibile delle persone fragili, tutelando la salute del lavoratore o dei suoi familiari, senza abbassarne la produttività, anzi a volte aumentandola. La premessa-guida di questa novella è che se le condizioni psico-fisiche del lavoratore lo consentono, il lavoro può appartenere al percorso di cura. Ma il lavoro deve essere in salute e in sicurezza.
In quest’ottica, il «lavoro a distanza» potrebbe essere considerato una modalità di lavoro flessibile e adattabile nell’interesse del lavoratore. Quasi una sorta di contraltare alla flessibilità organizzativa del datore di lavoro, a vantaggio di lavoratori fragili per ragioni di salute o di cura. Cioè di soggetti con disabilità o affetti da malattie croniche o trapiantati oppure lavoratori anziani (che non hanno ancora raggiunto l’età pensionabile), nonché di genitori di bambini piccoli o care givers.
Solo che il legislatore emergenziale ha proceduto in modo pessimo. Con uno stillicidio di norme frammentate (di difficile lettura, anche per gli addetti ai lavori) e a scadenza: con proroghe trimestrali, spesso tardive con effetti retroattivi. Con un sistema di tutele “a geometria variabile”, con destinatari plurimi: super fragili, fragili per ragioni di salute o di cura di figli di età fino ai 14 anni; non sempre con una chiara distinzione dei confini. Con modalità opposte: in alcuni casi, senza la previsione di accordi individuali, quindi a scelta del lavoratore; in altri casi, senza una verifica di compatibilità, anche attraverso l’adibizione a mansioni diverse (purché nella stessa categoria o area di inquadramento). Con tempistiche diverse: alcune previsioni sono scadute già il 31 dicembre 2023, altre ora il 31 marzo 2024. Nonché con una significativa differenziazione tra lavoro pubblico e privato.
A conti fatti, il legislatore emergenziale ha disegnato una regolamentazione d’uso del lavoro agile per i fragili articolata e complicata sia per i datori sia per i lavoratori, accentuando le criticità e i possibili rischi di discriminazione del circuito protettivo. Insomma, ne è derivato un puzzle caotico e incerto.
Tuttavia, l’idea, nata dalla pandemia, di utilizzare il lavoro agile come misura (non solo di conciliazione, ma anche) per soddisfare esigenze di assistenza e di cura di soggetti vulnerabili nel lavoro era buona. E poteva essere mantenuta anche in un contesto mutato. Ma era da migliorare, rendendola strutturale, rimodulata e organica in modo ordinario e stabile, oltre la sperimentazione emergenziale, in una logica di partecipazione e di inclusione dei lavoratori svantaggiati.
Così non è stato. Nel percorso verso la nuova normalità, si è lasciata spirare l’ultima proroga, senza cogliere l’occasione di una risistemazione della materia a tutto campo. Pertanto, oggi, l’accesso al lavoro agile per le persone vulnerabili risulta al più degradato a mera priorità, ai sensi della legge n. 81 del 2017, se ed in quanto il datore intenda utilizzare tale modalità di lavoro subordinato con la stipulazione di un patto di agilità.
In questo modo, si è sprecata una preziosa occasione per individuare un giusto bilanciamento tra le esigenze della persona che lavora in condizioni di vulnerabilità e le esigenze dell’organizzazione. Invece bisognerebbe far entrare in gioco la tematica dell’approccio sostenibile che va gestita strutturalmente e strategicamente, quale possibile leva di ripensamento del mondo del lavoro, dal punto di vista sia culturale, sia manageriale-organizzativo.
Marina Brollo
Ordinaria di diritto del lavoro
Università degli Studi di Udine
@MarinaBrollo
*Pubblicato anche su Il Messaggero Veneto, 3 aprile 2024