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Bollettino ADAPT 22 aprile 2024, n. 16
Queste righe vogliono esprimere qualche spunto di riflessione sul tema della sicurezza anche per quella fetta del mercato del lavoro costituita dai lavoratori somministrati.
Penso sia opportuno partire da un assioma che, come tale, non ammette prova contraria: la vita è il bene più prezioso! Niente e nessuno e per nessun motivo può metterla a repentaglio. E soprattutto è compito di tutti tutelarla in ogni ambito e forma.
E allora in primis penso che la prima responsabilità delle lavoratrici e dei lavoratori sia verso loro stessi. Ciò significa che debbono agire rispettando le regole poste a loro tutela e, soprattutto, pretendere che queste regole siano rispettate da coloro che esercitano nei loro confronti un potere direttivo. Su quest’ultimo punto mi preme sottolineare che non può esservi metus che giustifichi un’accondiscendenza delle lavoratrici e dei lavoratori verso condotte e comportamenti dei datori di lavoro non conformi a tale assunto. Questo costituisce per noi un principio non negoziabile. È in gioco il tema della centralità della persona.
Essendo il lavoro, in prima istanza, una dinamica relazionale Lavoratore – Datore di Lavoro penso che quest’ultimo sia il soggetto che, più di tutti, debba considerare la sicurezza nel luogo di lavoro non come un mero adempimento, ma come una responsabilità comune e un dovere sociale. Tutelare la vita dell’altro significa prodigarsi per riconoscere nell’alterità la vera essenza della vita, anche della propria. Ciò significa che prima di qualsiasi valutazione su costi, benefici, profitto, produttività o rendimento quella che deve essere assicurata è la dignità del soggetto con cui il datore di lavoro si relaziona, ossia la persona che lavora. I parametri di matrice economica appena esposti devono fare i conti il muro invalicabile della dignità e del diritto alla vita dell’altro. E ciò porta con sé un corollario: non può bastare una applicazione pedissequa e burocratica delle norme. Quello che occorre è orientare le condotte oltre le norme, nella direzione di adoperarsi affinché sia proprio la vita dell’altro il bene più prezioso.
Penso poi che un ruolo importante lo abbiano anche gli altri attori del sistema, Istituzioni e Parti Sociali, che debbono vigilare e soprattutto produrre e proporre una cultura della sicurezza.
Considero la crescita di una cultura della sicurezza come uno dei nodi centrali per un valido approccio al tema. Ed il metodo non può che essere quello della partecipazione. Trovo dissennato approcciare ad un tema come quello della sicurezza in una ottica conflittuale, di contrapposizione. La vita non si tutela con il conflitto, ma con il confronto. Anche perché la sicurezza non deve diventare una battaglia o una bandiera di una sola parte: questa sarebbe la vera sconfitta culturale e sociale. Per questo la CISL chiede più partecipazione in questo ambito, nella convinzione che tutti gli attori in gioco debbano cooperare per incidere nella positiva promozione del nostro sistema sociale.
La cultura della sicurezza diviene tanto più importante anche per quelle vicende lavorative che riguardano i lavoratori somministrati, cioè i soggetti dipendenti da una agenzia che operano con una prestazione temporanea nelle diverse imprese. Parliamo di lavoratori frequentemente giovani, spesso anagraficamente, ma ancora di più per anzianità di servizio. Molto competenti, ma che a volte possono essere non troppo esperti di alcune dinamiche lavorative che si trovano ad affrontare.
Le Agenzie per il Lavoro, che si frappongono fra il lavoratore e il soggetto imprenditoriale che ne utilizza la prestazione, debbono avere un ruolo tutt’altro che secondario nella vicenda, pur nella consapevolezza che la legge costituisce molti obblighi principalmente in capo alle imprese utilizzatrici. Le Agenzie devono esercitare con responsabilità il loro ruolo di datori di lavoro a tutti gli effetti ed è per questo che ritengo che debbano andare oltre l’applicazione formalistica degli obblighi che su di esse incombono. Come FeLSA CISL chiediamo loro una maggiore responsabilizzazione in tema di controllo del DVR (documento di valutazione dei rischi), di certificazione di idoneità professionale del lavoratore in missione, di Digital Badge in tema di certificazione della formazione specifica ed infine prevedendo una patente a crediti anche per loro.
Da queste mie brevi considerazioni sono certo che solo con l’integrazione tra i valori, come la dignità umana e diritto alla salute, con i metodi, come la partecipazione e l’agire responsabile, possiamo vincere questa battaglia di civiltà.
Daniel Zanda
Segretario Generale FeLSA CISL
@daniel_zanda