Verso una regolazione dell’Intelligenza artificiale: prime note sui profili lavoristici del disegno di legge di iniziativa governativa

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Bollettino ADAPT 13 maggio 2024, n. 19
 
Nel corso del Consiglio dei Ministri dello scorso 23 aprile il Governo ha approvato un disegno di legge con cui intende avviare il processo normativo che adatterà l’ordinamento italiano alle sfide dell’intelligenza artificiale conformemente a quanto previsto nell’ambito del Regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale ed esercitare gli spazi regolativi lasciati agli Stati Membri.
 
Così come l’impatto dell’IA nella società e al pari della disciplina euro-unitaria in via di definitiva adozione, il ddl presenta un contenuto assai eterogeneo: in questo contesto di riferimento, la scelta di introdurre una specifica disciplina sull’adozione dell’IA nei contesti di lavoro non può che considerarsi, prima facie, positiva. Gli articoli da 10 a 13 sono espressamente dedicati all’ambito del lavoro sia con riferimento agli effetti sui rapporti di lavoro sia con riferimento alla sua adozione per attività di tipo professionale e nell’ambito dei servizi forniti dalle pubbliche amministrazioni.
 
Tra le volontà politica di attenzionare una materia di sicuro interesse, in prospettiva ma anche attuale, e la sua effettiva regolazione, però, si frappone la difficoltà di una disciplina caratterizzata da un elevatissimo livello di tecnicalità.
 
In quest’ottica, non parrebbe porre particolari problemi l’art. 11 che, nel prevedere l’istituzione dell’Osservatorio sull’adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, sembra rispondere ad una esigenza espressa da parti sociali e altri operatori del mercato del lavoro ([1]) di costruzione di un “luogo” di confronto e monitoraggio degli effetti dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro, così da poter valutare le specifiche esigenze che ne derivano sia in termini di tutela dei lavoratori che in termini di competitività delle imprese e del sistema economico italiano. Rispetto a tale previsione, infatti, occorrerà al più valutare l’effettiva composizione dell’Osservatorio e la sua capacità di raccogliere e rappresentare le istanze provenienti dal mondo produttivo, essendo tale composizione rimessa ad un decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Analoghe iniziative, infatti, sono state proposte su molte altre tematiche di interesse giuslavoristico e spesso non hanno prodotto risultati di rilievo per il dibattiti pubblico o per l’azione di Governo e Parlamento.
 
Maggiormente incisive e, di conseguenza, da analizzare attentamente rispetto al quadro normativo multilivello sono le previsioni di cui agli articoli 10, 12 e 13. Lasciando da parte gli artt. 12 e 13 che affrontano lo spinoso tema della posizione di professionisti e pubbliche amministrazioni rispetto al funzionamento dell’IA tramite una limitazione del suo utilizzo ad una mera funzione strumentale e di supporto che ne certifica responsabilità e autonomia nelle decisioni – scelta che meriterebbe autonomo approfondimento – è sulle previsioni di cui all’art. 10, che direttamente affronta l’uso dell’AI nei contesti lavorativi, che si vuole concentrare questa prima analisi della proposta governativa.
 
Nonostante le buone intenzioni, i 3 commi di cui si compone tale articolo, pongono alcuni rilevanti problemi di coordinamento con la disciplina del Regolamento IA e meriterebbero un maggiore ponderazione.
 
Il primo comma si interessa dei possibili utilizzi dell’IA nei contesti di lavoro, prevedendo che tali tecnologie sono impiegate «per migliorare le condizioni di lavoro, tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori, accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone in conformità al diritto dell’Unione europea». Rispetto a tale previsione, occorre domandarsi se l’effettiva intenzione del legislatore sia quella di vincolare l’utilizzo dell’IA al perseguimento di una delle finalità nominate. Per come formulata, infatti, e dovendo riconoscere alla stessa un effetto giuridico al di là della mera descrizione di possibili usi della tecnologia, la disposizione in commento sembrerebbe identificare delle specifiche finalità che giustificano l’utilizzo dei sistemi di IA nei contesti di lavoro. Seppure tale scelta sia nel potere del legislatore, cui il futuro Regolamento IA riconosce la possibilità di introdurre disposizioni di maggior tutela (art. 2, § 11), occorre osservare come dalla stessa discenderebbe un difficile sindacato giudiziale delle effettive finalità dell’adozione dell’intelligenza artificiale da parte dei datori di lavoro, stante la genericità delle nozioni utilizzate (es. miglioramento condizioni di lavoro; accrescimento della produttività), che potrebbero essere interpretate in termini più o meno estesi.
 
Parimenti problematica si ritiene, la previsione di cui al comma 2 del medesimo articolo. In tale articolo non soltanto si richiamano delle generali garanzie rispetto all’uso dell’IA (affidabilità, sicurezza, trasparenza e rispetto della dignità) che sono poi effettivamente delineate nei contenuti e nelle modalità di tutela da altri atti normativi a cominciare proprio dal Regolamento IA; si fa, infatti, esplicito riferimento per quanto riguarda agli obblighi informativi sull’adozione dell’intelligenza artificiale alle modalità e ai casi già regolati dall’art. 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, che come noto, ha introdotto nel nostro ordinamento l’obbligo per datori di lavoro e committenti di informare lavoratori e loro rappresentanti dell’adozione e del funzionamento dei sistemi di algorithmic management (in tema, sia consentito rinviare a E. Dagnino, Il diritto interno: i sistemi decisionali e di monitoraggio (integralmente) automatizzati tra trasparenza e coinvolgimento, in M. Biasi (a cura di), Diritto del Lavoro e Intelligenza Artificiale, Giuffrè, in corso di pubblicazione). Sennonché, occorre fino d’ora rilevare, in accordo con la prima dottrina in materia (v. M. Peruzzi, Intelligenza artificiale e lavoro. Uno studio su poteri datoriali e tecniche di tutela, Giappichelli, 2023, p. 11 ss.; S. Ciucciovino, La disciplina nazionale sulla utilizzazione della intelligenza artificiale nel rapporto di lavoro, in LDE, 2024, 1, p. 1 ss.) che la nozione di intelligenza artificiale di cui al Regolamento è diversa rispetto a quella di sistemi decisionali e di monitoraggio integralmente automatizzati adottata dal legislatore interno, rientrando nella prima anche sistemi meno sofisticati e nella seconda anche tecnologie che non rispondono alle caratteristiche delineate dal legislatore per l’applicazione degli obblighi informativi in materia di management algoritmico (si pensi sia alla ampia definizione di IA, che prescinde da qualsiasi considerazione di “integralità” del sistema automatizzato sia alla non piena coincidenza tra gli ambiti d’uso individuati dalle due disposizioni rispetto al rapporto di lavoro).
 
In questo senso, piuttosto che rinviare alla nozione interna per l’applicazione degli obblighi euro-unitari, il legislatore dovrebbe intervenire per adattare il testo vigente in modo tale che sia in grado di comprendere globalmente nuove (Regolamento IA) e vecchie (art. 1-bis) declinazioni delle tecnologie oggetto di obbligo informativo.
 
Infine, con riferimento al comma 3, che sancisce che «L’intelligenza artificiale nell’organizzazione e nella gestione del rapporto di lavoro garantisce l’osservanza dei diritti inviolabili del lavoratore senza discriminazioni in funzione del sesso, dell’età, delle origini etniche, del credo religioso, dell’orientamento sessuale, delle opinioni politiche e delle condizioni personali, sociali ed economiche, in conformità con il diritto dell’Unione europea», come per la prima parte del comma precedente, non si ravvisa un contenuto precettivo autonomo rispetto alla disciplina antidiscriminatoria europea che, non a caso viene richiamata in chiusura dello stesso comma.
 
A fronte di queste preliminari considerazioni, si deve ritenere che il tentativo governativo di “rompere il ghiaccio” su un tema di particolare importanza dovrà essere supportato da una adeguata discussione e “crescita” del prodotto normativo nella fase di discussione parlamentare, per scongiurare i possibili rischi di contrasto o incoerenza con i contenuti del futuro Regolamento, e per fare buon uso di quelle possibilità di intervento di maggior tutela riconosciuto agli Stati membri, su cui l’Italia già si era in parte mossa e su cui, grazie alle discipline statutarie e alla loro successiva applicazione da parte della giurisprudenza (si pensi all’art. 4 Stat. lav.), può vantare una importante tradizione.
 

Emanuele Dagnino

Ricercatore Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
ADAPT Senior Fellow

@EmanueleDagnino
 
([1]) Si vedano, a questo proposito, le audizioni effettuate nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sul rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro, con particolare riferimento agli impatti che l’intelligenza artificiale generativa può avere sul mercato del lavoro, promossa dalla Commissione Lavoro della Camera dei deputati a partire dal 28 settembre del 2023.

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