Prima analisi del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 in materia di disabilità: una “rivoluzione copernicana”

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Bollettino ADAPT 20 maggio 2024, n. 20
 
Il 14 maggio 2024 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 111 il D. Lgs. 3 maggio 2024, n. 62 riguardante la definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. Il decreto rappresenta il terzo intervento normativo di attuazione della legge 22 dicembre 2021, n. 227 recante Delega al Governo in materia di disabilità di una delle Riforme (Riforma 1.1) previste dalla Missione 5 “Inclusione e Coesione” Componente 2 “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore” del PNRR.
 
L’articolo 1 di tale legge incarica il Governo di adottare uno o più decreti legislativi per la revisione e il riordino delle disposizioni vigenti in materia di disabilità. Questo deve avvenire in conformità con gli articoli 2, 3, 31 e 38 della Costituzione, con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e al relativo Protocollo opzionale (ratificati con legge 3 marzo 2009, n. 18), con la Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 della Commissione europea e con la risoluzione del Parlamento europeo sulla protezione delle persone con disabilità del 7 ottobre 2021. Il termine per l’esercizio della delega, inizialmente fissato in “venti mesi dalla sua entrata in vigore”, è stato successivamente prorogato al 15 marzo 2024 dalla legge n. 14/2023 di conversione del d. l. 198/2022. Attraverso 40 articoli raggruppati intorno a quattro capi volti a) all’individuazione delle “finalità” e delle “definizioni generali”; b) al “procedimento valutativo di base” e all’”accomodamento ragionevole”; c) alla “valutazione multidimensionale” e al “progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”; d) alle “disposizioni finanziarie, transitorie e finali” si modificano alcuni punti di testi già noti, come la l. 104/1992, ovvero si dà dignità a parti di norme che, sebbene presenti da moltissimi anni, avevano avuto una limitata attuazione, come gli artt. 4 e 22 della l. 328/2000, ma al tempo stesso si rivoluziona e si razionalizza tutto ciò che ruota intorno alle persone le cui condizioni inziali ovvero acquisite nel corso del ciclo di vita impediscono lo sviluppo della loro persona e, conseguentemente,  il raggiungimento della massima autonomia possibile.
 
L’art. 3 della Costituzione, d’altra parte, declina il concetto di uguaglianza non solo via di principio ma richiede che a quella enunciazione consegua l’impegno della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
 
Partendo da questi presupposti il decreto supera sia il modello pietistico/assistenziale sia quello biomedico per introdurre ed attuare il nuovo “modello biopsicosociale”.
 
Nella prima parte del provvedimento l’attenzione del legislatore si appunta sui concetti, in particolare viene precisato chi è la “persona con disabilità” e cosa si debba intendere per “condizione di disabilità”.
 
Dall’introduzione di questi nuovi concetti ne discende la necessità di un diverso approccio anche culturale che la norma stigmatizza con riferimento all’utilizzo di un linguaggio diverso in cui la locuzione “portatore di handicap” è sostituita dalla espressione “persona con disabilità”; parimenti la “condizione di gravità” con la locuzione “persona con disabilità avente necessità di sostegno intensivo”, con conseguente abolizione di tutte le altre desuete e stigmatizzanti definizioni.
 
Un cambio di filosofia e di approccio al tema che ha un suo precipitato anche, e necessariamente, di tipo giuridico. Una volta, infatti, inserita in via diretta nel contesto normativo della l. 104/1992 la nuova e diversa definizione di persona con disabilità il d.lgs. 62/2024 le attribuisce il diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla necessità di sostegno lieve, medio o intensivo, quest’ultimo necessariamente elevato ovvero molto elevato se collegato a situazioni di non autosufficienza. Il d.lgs. 62/2024 abbandona, quindi, la correlazione fra disabilità e gravità della menomazione che connotava negativamente la persona per introdurre una nuova correlazione quella fra disabilità e intensità dei sostegni necessari ad assicurare la partecipazione delle persone in un contesto di “uguali”. Al sostegno sia esso economico e/o sociale si affianca qualora la persona disabile lo richieda anche un piano individuale proposto dal singolo o ideato all’interno di una procedura valutativa e progettuale complessa nel quale trova riconoscimento il suo progetto di vita. Sostegno e, qualora richiesto, piano individuale ciclicamente connessi fra loro saranno gli strumenti che accompagneranno le persone disabili durante tutto l’arco della loro vita seguendoli nei territori nei quali decideranno di andare ad abitare; atteggiandosi in modo diverso di fronte ai cambiamenti che modificheranno le loro condizioni iniziali di disabilità.
 
Al fine di comprendere l’incidenza del contenuto del decreto nei vari ambiti, incluso quello del lavoro, occorre approfondire in modo chiaro e strutturato i vari articoli della legge raggruppandoli intorno a tre temi principali connessi in sequenza logica fra loro: la valutazione di base dello stato di disabilità; il sostegno che da questa ne può discendere con particolare attenzione alla possibilità che, in via residua, possa essere considerato tale anche un accomodamento ragionevole; l’eventuale progetto di vita.
 
Il primo momento imprescindibile per accedere al sostegno e all’eventuale progetto di vita è quello della valutazione di base la cui attivazione può essere richiesta anche da minori e anziani non autosufficienti (art. 4 l. 33/2023). Requisito necessario per avviare il procedimento valutativo di base è il certificato medico introduttivo, in relazione al quale il decreto specifica i soggetti autorizzati al suo rilascio e i dettagli del suo contenuto essenziale.
 
Il procedimento prevede una sola ed unica procedura valutativa che deve essere effettuata per ogni accertamento dell’invalidità civile. Questa procedura, pertanto, si va a sostituire a tutta quella serie di procedure generali (ad esempio, invalidità civile, disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica; disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa) o mirate (ad esempio cecità civile, sordità civile, sordo cecità; non autosufficienza, disabilità gravissima) che si erano andate stratificando nel tempo. L’orientamento dell’intero processo valutativo medico-legale viene effettuato sulla base dell’ICD e degli strumenti descrittivi dell’ICF, con particolare riferimento all’attività e alla partecipazione della persona. Nella consapevolezza della necessità di un aggiornamento dei criteri – che dovranno essere dettati in modo diverso in relazione all’età e al sesso della persona con disabilità (si sottolinea come il decreto non contenga alcun riferimento all’orientamento di genere) – il d.lgs. 62/2024 rinvia ad un successivo decreto ministeriale da pubblicarsi entro il 30 novembre 2024  il cui contenuto viene peraltro già dettagliatamente stabilito dall’art. 12 del decreto stesso. L’art. 5, comma 3, lett. d) del d.lgs. 62/2024 prevede, peraltro, che per i soli effetti della valutazione dell’invalidità civile di cui al comma 1, lettera a) dello stesso articolo, si impieghino tabelle medico-legali relative alla condizione conseguente alla compromissione duratura, elaborate sulla base delle più aggiornate conoscenze e acquisizioni scientifiche. Quale strumento integrativo della valutazione – ad eccezione  che per i minori di età – la legge prevede inoltre che sia utilizzato il WHODAS e i suoi successivi aggiornamenti. Il WHODAS rappresenta, infatti, un metodo standardizzato di misura della salute e della disabilità accolto nelle diverse culture finalizzato alla descrizione e all’analisi del funzionamento, della disabilità e della salute.
 
Anche se non è chiaro quali potranno essere gli effetti dell’uniformazione e del cambiamento dei criteri di valutazione della disabilità si può ragionevolmente supporre che i nuovi criteri valutativi potranno avere un impatto nuovo e diverso sul perimetro abbracciato dal concetto di disabilità.
 
A presidio dell’unicità del procedimento di valutazione l’intera gestione della procedura viene affidata all’Inps.
 
Dal punto di vista tecnico si prevede che nel certificato trovino indicazione espressa anche le necessità e l’intensità dei sostegni, in modo tale che la trasmissione del certificato possa assumere valore di istanza ai fini del conseguimento delle prestazioni sociali e socio assistenziali. Il vento riformatore tocca anche l’istituto dell’accomodamento ragionevole. La lettera b) del comma 1 dell’articolo 17 introduce, infatti, all’interno della l. n. 104/1992 l’articolo 5-bis che definisce l’accomodamento ragionevole come quelle modifiche e adattamenti necessari ed appropriati che non comportino un carico sproporzionato o eccessivo, adottati nei casi particolari in cui è necessario, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di parità con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali, in conformità con l’articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.  In coerenza con quanto previsto dall’art. 5, comma 1, della l. 104/1992 si chiarisce che l’accomodamento ragionevole viene attivato solo come misura sussidiaria non andando a sostituire il diritto al pieno accesso alle prestazioni, servizi e supporti previsti dalla normativa vigente.
 
Al termine della procedura di valutazione si innesta il secondo tema focalizzato sulle modifiche e gli adattamenti necessari per facilitare l’apprendimento e la partecipazione. L’art. 15, comma 1, del d.lgs. 62/2024 prevede infatti che, al termine della visita della valutazione di base, sia data comunicazione alla persona con disabilità – in caso di minore all’esercente la responsabilità genitoriale ovvero, in altre ipotesi, al tutore o all’amministratore di sostegno – che, oltre ai sostegni e benefici che conseguono direttamente dalla certificazione della condizione di disabilità, del suo diritto ad elaborare ed attivare un progetto di vita individuale. Nei successivi articoli (artt. 18 – 32) il d.lgs. 62/2024 definisce la procedura partecipata che porta, attraverso una valutazione multidimensionale, alla stesura del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. Il decreto scardina, quindi, l’attuale sistema, imperniato su servizi standardizzati e proceduralizza un modello centrato, invece, sulla persona.
 
Nel far questo il decreto riscopre e dà valore a quella parte della l. 328/2000 che, pur non definendo direttamente il progetto di vita, lo considerava uno strumento fondamentale ai fini del percorso di inclusione tanto è vero che, nel dare al progetto nuova linfa vitale, il decreto dispone l’abrogazione di quegli articoli del testo della l. 328/2000 che vi facevano riferimento. Nel d.lgs. 62/2024 vengono delineati gli obiettivi e il contenuto essenziale del nuovo progetto di vita sottolineandone gli obiettivi – miglioramento delle condizioni personali e di salute della persona con disabilità in vari ambiti di vita, promuovendo l’inclusione sociale e la partecipazione su base di uguaglianza con gli altri – ed identificando quale debba essere l’ambito di eventuali interventi e quali le risorse. Fra le aree di intervento espressamente nominate dal decreto l’art. 26, comma 3, del d.lgs. 62/2024 vi è l’area della formazione e quella del lavoro. D’altra parte che anche questo sia un tema sul quale il progetto di vita può intervenire risulta chiaro dalla stessa composizione di coloro che partecipano alla valutazione multidisciplinare che aggiunge ai componenti “ove necessario, un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità di cui all’articolo 6 della legge 12 marzo 1999, n. 68, nei casi di cui all’articolo 1, comma 1, della medesima legge”. Su richiesta della persona disabile potrà aggiungersi anche “un rappresentante di associazione, fondazione, agenzia o altro ente con specifica competenza nella costruzione di progetti di vita anche del terzo settore”.  Al termine dei propri lavori questa unità predisporrà il progetto di vita che non solo dovrà indicare i sostegni e gli accomodamenti ragionevoli ma dovrà dotare il progetto di un budgetNel progetto di vita, infatti, non solo potranno essere messi insieme strumenti che possono avere origine in ambiti diversi al fine di un loro coordinamento, ma potranno essere inseriti anche strumenti di sostegno personalizzati e atipici che si collocano al di fuori delle azioni esistenti.  Il diritto al progetto di vita deve essere garantito anche in caso di cambiamenti del contesto territoriale, di vita o del luogo di abitazione, tenendo conto delle specificità dei nuovi contesti e se ne deve dare attuazione adattandolo ai nuovi contesti di vita o residenza, assicurando continuità nell’assistenza e mantenendo livelli di organizzazione e prestazioni non inferiori a quelli precedenti. Nel caso in cui la persona si trasferisca in un’altra regione, fermo rimanendo il diritto, il progetto dovrà essere riformulato in base al nuovo contesto territoriale e ai relativi assetti organizzativi.
 
Il decreto assume importanza enorme per l’intero mondo della disabilità non solo per le persone disabili ma anche per tutti coloro che si relazionano in modo stabile con loro. Una rivoluzione copernicana, quindi, che – se correttamente e concretamente attuata – avrà un impatto significativo nella vita delle persone con disabilità e loro familiari garantendo a ciascuno i giusti e necessari sostegni che per qualità, quantità ed intensità possano concorrere al miglioramento della propria qualità di vita in condizione di pari opportunità con gli altri cittadini.
 
Nella consapevolezza della difficoltà di introdurre immediatamente la riforma l’art. 40 comma 2 del d.lgs. 62/2024 dispone non solo un ingresso delle disposizioni scaglionato nel tempo ma anche che la prima fase applicativa sia effettuata in via sperimentale su dei campioni di territori. Per i territori interessati dalla sperimentazione la decorrenza sarà dunque il 1° gennaio 2025 mentre per l’entrata a regime su tutti i territori nazionali occorrerà attendere il 1° gennaio 2026.
 
Maria Paola Monaco

Prof. Associata di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Firenze
 
Vincenzo Falabella

Consigliere CNEL

Prima analisi del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 in materia di disabilità: una “rivoluzione copernicana”