Il nuovo Progetto di Vita individuale, personalizzato e partecipato: quale valore aggiunto per le persone con disabilità?

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Bollettino speciale ADAPT 3 luglio 2024, n. 3
 

Una delle principali novità del decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62 riguarda la definizione sistematica del “progetto di vita”, che finora non aveva trovato una chiara collocazione nella normativa in materia, differentemente da altri strumenti ad esso connessi quali il PEI (Piano Educativo Individualizzato) e il progetto individuale. Il Progetto di vita viene definito dalla normativa come il «piano individuale, personalizzato e partecipato», volto a individuare strumenti e risorse necessarie per facilitare l’inclusione sociale e assicurare un supporto coordinato alle persone con disabilità, promuovendo la loro partecipazione in tutti i contesti di vita. Vengono infatti esplicitamente richiamati tutti gli ambiti che devono essere coinvolti nella progettazione (educazione/istruzione, salute, residenzialità, vita autonoma, , socialità e lavoro), che rinviano alle dimensioni che caratterizzano la vita adulta nonché ai diritti sanciti dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità.
 
Il Progetto rappresenterà il documento all’interno del quale saranno contenute tutte le informazioni relative alla persona con disabilità, con il quale dovranno coerentemente coordinarsi i progetti educativi, i programmi riabilitativi, di inclusione scolastica, di inserimento sociale e lavorativo predisposti per garantire alla persona pari opportunità in ogni ambito della vita. Il decreto, oltre a fornire definizione e un inquadramento del progetto di vita, dettaglia le indicazioni circa la sua attivazione, utilità, gestione e strutturazione.
 
Il Progettoprende avvio dalla fase diagnostica (c.d. Diagnosi Funzionale – DF), in cui vengono individuati limiti e potenzialità della persona e descritto il suo Profilo di Funzionamento, un atto che – a sua volta – integra i precedenti documenti di Diagnosi e Profilo Dinamico Funzionale (PDF) e dal quale si evincono: le caratteristiche della persona, gli obiettivi da raggiungere e le strategie mediante le quali è possibile predisporre sia le progettualità relative alla salute e assistenza sanitaria sia quelle della sfera educativa e dell’inclusione sociale. Il progetto di vita dovrà poi includere le misure economiche necessarie per il superamento delle condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale, prevedendo sostegni e sussidi per le famiglie con maggiori difficoltà.

 
La titolarità del progetto di vita, la sua attivazione, redazione e monitoraggio spettano alla persona con disabilità che è chiamata ad essere attore attivo e partecipe alla costituzione e implementazione del progetto. In relazione al proprio stato di salute e di autonomia,  la persona con disabilità partecipa individualmente alla progettualità o con il supporto di un altro soggetto che adotta strategie e strumenti ad hoc per facilitare la comprensione delle fasi e per mediare decisioni, desideri e scelte personali, nel rispetto del principio di autodeterminazione della persona. Il decreto, in questa logica, prevede che la persona con disabilità o un suo rappresentante – possa avanzare volontariamente listanza per la predisposizione del progetto di vita in forma libera e in qualsiasi momento presso l’ambito territoriale del proprio comune di residenza o presso un altro ente individuato con legge regionale.
 
Il progetto di vita, così come predisposto nel decreto, si basa su un processo partecipato e di rete tra differenti figure professionali. Tra i soggetti che hanno una qualche titolarità nella composizione del progetto di vita, oltre agli enti territoriali, vi sono infatti i componenti della Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM), così come dettagliati nell’art. 24 del decreto: l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, la persona di supporto, se nominata dall’interessato, un assistente sociale, un educatore o un altro operatore dei servizi sociali territoriali,  uno o più professionisti sanitari designati dall’azienda sanitaria, un rappresentante dell’istituzione scolastica e ove necessario, un rappresentante dei servizi per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità e il medico di medicina generale o il pediatra.
 
A seguito della presentazione della proposta di Progetto viene avviato il procedimento di valutazione multidimensionale che ha il fine di stabilire, coinvolgendo la persona con disabilità, il profilo di funzionamento nei diversi ambiti di vita, tenendo conto degli impedimenti e degli elementi agevolatori rilevati nella stessa valutazione. Allo stesso tempo, la c.d. valutazione multidimensionale ha come finalità quella di stabilire in base ai desideri, alle aspettative e alle preferenze della persona con disabilità, gli obiettivi del suo progetto di vita individuale.
 
Un ulteriore elemento di novità è rappresentato dalla introduzione di una inedita figura professionale: “il referente per l’attuazione del progetto di vita”. Questi, come previsto dall’art. 29, avrà compiti di monitoraggio e attivazione del progetto ma anche di coordinamento delle altre figure professionali coinvolte; deve essere il garante della partecipazioneattiva della persona con disabilità, del caregiver o di altri familiari nelle fasi di monitoraggio, verifica e rimodulazione del progetto.
 
In ragione della indubbia complessità e multifattorialità che caratterizza la definizione del progetto di vita, il legislatore ha voluto accompagnarlo con lo strumento del budget di progetto, nonché con l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private in grado di garantire la sostenibilità, restituire centralità e assicurare le pari opportunità alla persona con disabilità al fine di migliorare la condizione della persona con disabilità in termini di qualità della vita e supporto sociale. I principi alla base della predisposizione del budget di progetto sono la co-programmazione, la co-progettazione, l’integrazione e l’interoperabilità nell’impiego delle risorse e degli interventi pubblici e privati. La co-programmazione è finalizzata all’individuazione dei diritti e dei bisogni della persona con disabilità, che nel concreto si realizzano mediante la predisposizione di progetti di abilitazione e inclusione sociale personalizzati, allo scopo di eliminare gli ostacoli concreti alle libertà e ai diritti delle persone con disabilità nei vari contesti di vita quotidiana. La co-progettazione parte dall’elaborazione di progetti e interventi promossi degli Enti del Terzo Settore (ETS) presenti nella comunità di riferimento, in collaborazione con gli enti pubblici e privati, costituendo una rete capillare sul territorio in grado di intercettare in tempo reale le esigenze provenienti dal tessuto sociale. Gli interventi svolti in collaborazione con i soggetti privati possono essere talvolta orientati dalle policy aziendali che privilegiano l’implementazione dei progetti di Diversity and Inclusion, nell’ottica della c.d. Responsabilità Sociale d’impresa.
 
Il progetto di vita deve garantire la sostenibilità nel tempo, assicurando la continuità degli strumenti, delle risorse, degli interventi, dei benefici, delle prestazioni, dei servizi e degli accomodamenti ragionevoli al fine di tutelare l’autodeterminazione del beneficiario. I soggetti competenti devono pertanto assicurare la continuità dei sostegni e delle prestazioni individuate, anche in caso di cambiamento – in maniera temporanea o definitiva – del luogo di abitazione della persona con disabilità, tenendo conto delle specifiche esigenze e garantendo l’appropriatezza in termini di quantità e qualità delle prestazioni e degli interventi necessari.
 
Il progetto di vita ha validità dal momento della sua approvazione e sottoscrizione; analogamente, non si interrompe al raggiungimento dell’età di anzianità (65 anni) e risponde alle disposizioni della legge 23 marzo 2023, n. 33, Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane.
 
Infine, il decreto legislativo istituisce un Fondo per l’implementazione dei progetti di vita (c.d. “Fondo”) – dotandolo di 25 milioni di euro annui – con lo scopo di incentivare l’attivazione di interventi, prestazioni e sostegni ulteriori che attualmente non sono contemplati negli ordinari schemi di offerta del territorio di riferimento, con conseguente incremento degli oneri a carico dei soggetti attuatori. L’obiettivo è quello di assicurare la copertura di tali oneri, sostenendo l’elaborazione dei progetti di vita nel rispetto della nuova disciplina. Le modalità di costituzione, di predisposizione e di implementazione del budget di progetto e del “Fondo” rispondono ai criteri portanti del terzo capo dell’articolato legislativo e, dunque, della sostenibilità, della continuità, della flessibilità e della dinamicità del Progetto, volti a favorire l’integrazione, la ricomposizione o la riconversione delle risorse pubbliche, private o europee stanziate.
 
Il progetto di vita, così come delineato nel d.lgs. 62/2024, se attentamente strutturato e radicato sulle reali potenzialità del contesto di riferimento e sull’unicità della persona con disabilità, può rappresentare un importante dispositivo  per rendere effettivo il processo di inclusione in tutti gli ambiti della vita, negli anni sempre al centro dell’attenzione del legislatore, ma troppo spesso rimasto intenzione vuota.
 
Chiara Beccoi

Apprendista di ricerca area gestione delle carriere e della formazione presso l’Istituto Palazzolo
 
Silvia Loponte

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

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Alice Brambilla
Apprendista di ricerca per lo sviluppo della componente educativa e socio-assistenziale presso l’Istituto Palazzolo

 
Stefania Negri

Ricercatrice ADAPT Senior Fellow

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Arianna Zanoni
Apprendista di ricerca ADAPT

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