La riduzione dell’orario di lavoro: le proposte di legge

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Bollettino speciale ADAPT 10 luglio 2024 n. 4
 
Sono in questi giorni in corso, presso la Commissione lavoro della Camera dei Deputati, le audizioni sulle proposte di legge in materia di riduzione dell’orario di lavoro. Pur presentando misure e soluzioni piuttosto eterogenee, la Commissione ha scelto di condurre un’analisi unitaria delle tre proposte depositate alla Camera, che, dunque, possono essere anche in questa sede esaminate congiuntamente. La prima ad essere stata depositata è stata la proposta n. 142, presentata il 13 ottobre 2022 dai deputati Fratoianni e Mari e recante “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”. A questa iniziativa hanno fatto seguito prima la proposta n. 1000, presentata il 15 marzo 2023 dagli onorevoli Conte, Carotenuto e altri e recante “Disposizioni sperimentali concernenti la riduzione dell’orario di lavoro mediante accordi definiti nell’ambito della contrattazione collettiva”, e poi la proposta n. 1505, presentata il 20 ottobre 2023 dai deputati Scotto, Schlein e altri e recante “Disposizioni per favorire la riduzione dell’orario di lavoro”.
 
Come si avrà modo di evidenziare nei diversi contributi di questo numero, le tre proposte, pur avendo in comune l’obiettivo della riduzione degli orari di lavoro, differiscono per le soluzioni prospettate e, in particolare, divergono sulla definizione di oggetto, finalità e ambito di applicazione delle riduzioni dell’orario, sul rapporto che mirano a costruire tra la legge e la contrattazione collettiva, sulle nuove forme di organizzazione del lavoro che residuerebbero una volta attuate le riduzioni dell’orario e, infine, sulle diverse misure incentivanti e sanzionatorie previste. In questa sede, dunque, l’analisi si limiterà ad una breve presentazione delle tre proposte, cercando di individuare i diversi disegni di politica del diritto che ne sono alla base.
 
 
Proposta n. 142 presentata il 13/10/2022 dai deputati Fratoianni e Mari
 
La proposta di legge presentata dai deputati Fratoianni e Mari propone una riduzione dell’orario lavorativo settimanale a 34 ore a parità di retribuzione a decorrere dal 1° gennaio 2023. Già nel testo della relazione di accompagnamento, i proponenti affermano che la loro iniziativa si pone in continuità con l’idea, radicata nel pensiero filosofico e sociologico occidentale, secondo cui, da sempre, l’umanità ambisce a ridurre gli sforzi e le fatiche e, dunque, a lavorare meno.
 
In questa prospettiva, dunque, i proponenti rileggono le vicende che, dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta del Novecento, hanno progressivamente permesso la riduzione dell’orario di lavoro, fino all’ultima riduzione che, alle soglie degli anni Settanta, ha fissato la settimana lavorativa in quaranta ore. Per i proponenti, però, dalla metà degli anni Settanta in poi e in Italia più che in altri Paesi, si è assistito simultaneamente ad una riduzione dei salari e all’allungamento degli orari di lavoro, che, accompagnato dai più recenti aumenti dell’età pensionabile, ha comportato una considerevole crescita delle ore lavorate per persona nel corso della vita.
 
In questo contesto, i proponenti considerano, anche in virtù dello sviluppo tecnologico, possibile una riduzione dell’orario di lavoro, che, per gli stessi deputati, avrebbe come principale conseguenza quella della redistribuzione del lavoro: secondo le stime presentate nella relazione, infatti, una riduzione dell’orario di lavoro dei lavoratori occupati da 40 ore medie settimanali a 36 porterebbe all’ingresso nel mercato del lavoro di circa 3 milioni di disoccupati (pari circa alla metà dei disoccupati complessivi in Italia). Non solo, la riduzione dei tempi di lavoro dei lavoratori assunti con orario pieno potrebbe essere compensata dall’aumento delle ore lavorate dall’ampia platea di lavoratori impiegati con un contratto di lavoro a tempo parziale, che, spesso, vorrebbero lavorare di più: in Italia, infatti, si stima che il fenomeno del part-time involontario coinvolge circa il 60% del totale dei lavoratori a tempo parziale. A ciò si aggiunga che la riduzione dell’orario di lavoro potrebbe favorire un riequilibrio di genere, con una maggiore assunzione di responsabilità lavorative da parte delle donne, maggiormente impiegate con contratti di lavoro a tempo parziale, e, di converso, un maggiore impegno nelle responsabilità familiari da parte degli uomini.
 
Accanto agli effetti sull’occupazione, anche la produttività sarebbe, secondo i proponenti, impattata positivamente. La riduzione del tempo di lavoro, infatti, causerebbe un incremento della qualità e, quindi, della produttività del lavoro, a cui si accompagnerebbe anche un miglioramento del benessere dei lavoratori e la diminuzione dello stress lavoro-correlato, che, secondo l’Agenzia europea per la sicurezza, è causa di circa il 60% delle giornate lavorative perse per malattia. A beneficiare particolarmente della riduzione dell’orario di lavoro, però, sarebbero i lavoratori, che potrebbero godere di maggiore tempo libero per la propria vita privata e per lo sviluppo della propria individualità. Da questa circostanza, per i proponenti, deriverebbe, sulla base di evidenze empiriche, l’aumento dei consumi nei settori legati alla cultura e all’intrattenimento, che creerebbe ulteriore crescita e lavoro, con conseguente miglioramento della tenuta dell’economia e delle performance occupazionali.
 
 
Proposta n. 1000 presentata il 15/03/2023 dai deputati Conte, Carotenuto e altri

 
La seconda proposta di legge, presentata dai deputati Conte, Carotenuto e altri, mira ad incentivare modelli flessibili di organizzazione del lavoro, volti a consentire la riduzione dell’orario di lavoro giornaliero o settimanale a parità di retribuzione. La proposta muove dal rilievo per cui, secondo gli ultimi dati elaborati dall’OCSE, l’Italia, subito dopo la Grecia e l’Estonia, è il Paese dell’area euro dove si lavora per il più elevato numero di ore settimanali, ossia 33, a fronte di una media europea di 30 ore.
 
L’obiettivo dei proponenti è dunque quello di assecondare la tendenza già in atto nella contrattazione decentrata italiana verso la riduzione dell’orario di lavoro al fine di permettere ai lavoratori di conciliare al meglio i tempi di vita e di lavoro. A ben vedere, per i deputati proponenti, quella in esame è una tendenza che si è andata affermando in molti Paesi nel panorama globale, dove si registrano numerose sperimentazioni, come quelle condotte in Spagna, Gran Bretagna, Belgio (su cui si veda F. Alifano, Settimana lavorativa di quattro giorni: al via la sperimentazione in Belgio, in Bollettino ADAPT del 22 gennaio 2024, n. 3), Giappone, Francia, Germania (su cui si vedano D. Porcheddu, Si può lavorare meno a parità di salario? Alcuni aggiornamenti dalla Germania, in Bollettino ADAPT del 2 ottobre 2023, n. 33, e Id., La riduzione oraria nel settore creditizio tedesco: l’accordo Sparda-Bank Berlin, in Bollettino ADAPT del 26 febbraio 2024, n. 8), Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svizzera. Tutte queste diverse esperienze, per i proponenti, confermano i rilievi dell’OCSE, secondo cui lavorare oltre un certo limite di ore comporta una drastica riduzione della produttività, mentre i Paesi con la più alta produttività del lavoro sono quelli in cui gli orari di lavoro sono più brevi ed in cui ci sono maggiori investimenti in innovazione. Proprio questo è il nodo principale della proposta Conte, Carotenuto e altri: l’adozione di una settimana lavorativa corta porterebbe, nella ricostruzione dei deputati, necessariamente all’elaborazione di formule innovative di organizzazione oraria del lavoro su misura, in grado di tener conto dei picchi di produzione, degli investimenti in attività di formazione e sviluppo, della tecnologia utilizzata e di ogni altra variabile suscettibile di incidere sulla qualità e sulla produttività del lavoro.
 
Accanto a questi aspetti i proponenti considerano i profili legati alla salute mentale e fisica dei lavoratori, su cui la riduzione dell’orario avrebbe un impatto certamente positivo. La proposta approfondisce la riduzione oraria di lavoro a parità di retribuzione anche in prospettiva di genere: per incentivare la presenza femminile nel mercato del lavoro, per i proponenti, è necessario intervenire sull’orario di lavoro, giacché un mero intervento sulla distribuzione dei carichi familiari apparirebbe come una soluzione parziale.
 
 
Proposta n. 1505, presentata il 20/10/2023 dai deputati Scotto, Schlein e altri
 
L’ultima proposta, in ordine cronologico, è quella presentata dai deputati Scotto, Schlein e altri. In questo caso i proponenti sottolineano l’importanza dei cambiamenti sociali e tecnologici in atto nel corso del primo quarto del nuovo secolo. Come nel caso della proposta Conte, Carotenuto e altri, i deputati osservano come dal progresso tecnologico siano derivate numerose sperimentazioni volte a ridurre l’orario di lavoro, richiamando in particolare i casi del Regno Unito e del Portogallo, dove le riduzioni dell’orario hanno ridotto lo stress dei lavoratori, con conseguenti miglioramenti del benessere e della produttività del lavoro. I proponenti richiamano anche una survey condotta in Italia da AIDP, secondo la quale il 53% dei direttori del personale (a loro associati) si è detto favorevole all’introduzione della settimana corta, il 40% parzialmente d’accordo e solo il 6% non favorevole.
 
Per i proponenti è necessario che l’innovazione tecnica e tecnologica e l’organizzazione del lavoro vadano di pari passo, in modo che l’organizzazione del lavoro possa beneficiare degli avanzamenti tecnici per ripensarsi in funzione di una riduzione dell’orario di lavoro, da cui deriverebbe una maggiore produttività e migliori condizioni di lavoro. A questo fine, dunque, propongono di favorire, mediante incentivi, la conclusione di contratti collettivi volti a ridurre l’orario di lavoro a parità di salario.
 
 
Un primo bilancio
 
Come emerge da questi brevi cenni introduttivi, le proposte di legge attualmente in discussione presentano soluzioni eterogenee. Già da ora è però possibile rilevare un profilo di particolare distonia tra le tre proposte: mentre quella prospettata dalla proposta di legge n. 142 si connota per essere una riduzione dell’orario generalizzata e derivante dalla legge – che lascerebbe un minore spazio di intervento alla contrattazione collettiva e delineerebbe ex lege un nuovo modello complessivo di organizzazione del lavoro – le proposte nn. 1000 e 1505 tentano di favorire riduzioni dell’orario di lavoro realizzate dalla contrattazione nazionale o su base aziendale, assegnando alle parti sociali il ruolo di delineare i nuovi modelli di orario di lavoro. In comune, poi, tutte le proposte hanno la previsione di un articolato sistema di incentivi. Su questi aspetti, che sono stati al centro delle audizioni svolte presso la Commissione lavoro della Camera dei Deputati, si concentrano dunque i successivi contributi del presente numero.
 
Francesco Alifano

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@FrancescoAlifan
 
Giorgia Martini

PhD Candidate ADAPT – Università di Siena

@martinigiorgia8
 
Jacopo Sala
Apprendista di ricerca ADAPT

@_jacoposala

Valeria Virgili
Apprendista di ricerca ADAPT

@Virgil11Valeria

La riduzione dell’orario di lavoro: le proposte di legge